The Forest of Love – Deep Cut: recensione della miniserie TV Netflix

A Tokyo si incrociano le storie di un losco dongiovanni, di un gruppo di giovani filmmaker e di due ragazze segnate da un terribile trauma. Una terrificante storia vera intrisa di sangue, perversioni e violenza.

Per il suo primo originale Netflix, il regista nipponico di culto Sono Sion (amato e conteso dai festival di mezzo mondo, meno conosciuto al grande pubblico) si appiglia ad un evento realmente accaduto: la storia del serial killer Futoshi Matsunaga, che truffò e torturò diverse vittime tra il 1996 e il 1998, venendo poi condannato a morte tramite impiccagione (esecuzione non ancora avvenuta). Un torbido caso che scandalizzò un’intera nazione, al punto che i media giapponesi si rifiutarono di riportare nei dettagli i crimini e le atrocità da lui commesse.
Sono affronta la questione a modo suo, con la solita schizofrenia compositiva e la solita debordante passione. Al punto che il progetto, nato come film unico della durata di due ore e 30 (su Netflix da ottobre 2019), ha preso poi la forma della miniserie, comprensiva di scene tagliate e approfondimenti di vario genere. Il deep cut di quasi 5 ore – suddivise in 7 episodi – è come dice il nome stesso un taglio ancora più profondo e sanguinoso, grondante ossessione, paranoia e orrore, in una spirale destinata a far discutere e a lasciare profondamente colpiti.

The Forest of Love – Deep Cut: i ricordi sono le cicatrici della nostra vita

The Forest of Love - Deep Cut - Cinematographe.itPer chi conosce il modus operandi di Sono Sion, nulla di nuovo. Anzi, The Forest of Love sembra quasi un compendio ragionato di tutte le caratteristiche che attraversano il suo cinema. Un biglietto da visita, verrebbe da dire, in cui l’autore ha per la prima volta l’occasione di misurarsi con una platea ampia e di farsi conoscere e farsi amare (o detestare). Oscillando fra il 1985 e il 1995 si racconta da un lato di un gruppo di giovani ragazzi intenzionati a girare un grandioso film da presentare ad un importante concorso e dall’altro di una classe femminile costretta a sospendere le prove teatrali del loro Romeo e Giulietta a causa di una immane tragedia che segnerà per sempre le loro esistenze.

In tutto questo arriva a gamba tesa il vero deus ex machina della vicenda, nonché filo rosso che unirà le diverse trame: Joe Murata, artista della truffa, rubacuori e malfattore, personaggio dalle loschissime intenzioni che fa cadere ai suoi piedi ad una ad una le ragazze della scuola e che al contempo convince la giovane troupe cinematografica a filmare la sua stessa esistenza, in una versione romanzata e sconclusionata. Il love del titolo – amore è un termine ricorrente nella filmografia di Sono, dall’esordio Love Songs a Love Exposure, forse la sua pellicola di maggior successo – è un intrico di sensazioni, fraintendimenti, distorsioni. È una foresta fisica e metaforica, qui potentemente intrecciata con l’idea di ricordo e memoria.

The Forest of Love – Deep Cut: l’anarchia del potere

The Forest of Love - Deep Cut - Cinematographe.itIn quanto riassunto e riduzione di stili e contenuti maturati e sviluppati in oltre 30 anni, The Forest of Love – in entrambe le sue versioni – è destinato a disorientare col passare dei minuti e degli episodi. C’è la tecnica, fatta di dissolvenze e montaggi serrati, piani sequenza e zoom; e c’è il contenuto, che mescola e affastella decine di generi rendendo appieno l’idea di anarchia e psicosi che pervade lo schermo. Paura, gioia, rabbia e felicità vengono veicolate dal teen movie, che sfuma nel dramma psicologico con venature musicali e nel thriller orrorifico per approdare infine al gore e al torture porn. C’è, più di ogni altra cosa, l’impossibilità di dare coordinate univoche ad un lavoro post-moderno privo di paletti formali.

Ed è proprio su questo punto che si potrebbero avanzare delle critiche al risultato finale, perché l’accumulo di sollecitazioni – per quanto affascinante e fuori dagli schemi – non permette mai alla storia di esplodere e avere un’evoluzione. In The Forest of Love si muore in modo freddo e impassibile (nonostante il campionario di smembramenti e abusi), i personaggi servono ma possono essere sacrificati da un momento all’altro, la qualità indiscutibile dell’insieme si scontra con una narrazione sì ad orologeria ma poco incisiva soprattutto nelle sue battute finali. In quanto remix di una carriera, tuttavia, The Forest funziona egregiamente, provocando e disturbando grazie al talento di un autore unico nel panorama contemporaneo.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.5

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