The Full Monty – La serie: recensione
La sceneggiatura scricchiola, ma The Full Monty - La serie non è un fallimento.
Vi ricordate la banda di squattrinati organizzati del film The Full Monty del 1997? Gli stessi protagonisti dello spogliarello più originale e premiato della storia del cinema (Miglior film ai BAFTA del ’98), sono ritornati per essere i protagonisti di una serie tv prodotta da Hulu e in streaming dal 5 luglio su Disney+. The Full Monty – La serie riporta gli spettatori nella cittadina di Sheffield, in Gran Bretagna, ben 25 anni dopo il rivoluzionario streaptease che graffiò e spettinò il pubblico. Lo show è stato scritto da Simon Beaufoy, lo stesso sceneggiatore del film originale, e prodotta ancora da Uberto Pasolini (Still Life, Nowhere special).
The Full Monty – La serie: gli stessi personaggi del film 25 anni dopo
Sono passati ben 7 primi ministri e 8 politiche di sussidi al Nord dopo l’uscita del film e le cose in Gran Bretagna, come nel resto del mondo poi, non sembrano andare benissimo. Gaz (Robert Carlyle) è ancora disoccupato e vive alla giornata, escogitando i più originali modi per sbarcare il lunario. Dave (Mark Addy) il posto fisso l’ha ottenuto come collaboratore scolastico nell’istituto dove sua moglie Jean è il preside, ma se ha trovato la busta paga a scadenza fissa dall’altro lato sembra aver perso completamente alcuna ambizioni a causa di un tragico evento.
Cavallo (Paul Barber) è ormai anziano, con diversi acciacchi e stenta ad arrivare a fine mese perché gli hanno tolto il sussidio statale, anche se per orgoglio non lo dice ai suoi amici. Lomper (Steve Huison) gestisce una caffetteria insieme a suo marito, il “Big Baps” – che in slang significa “grandi tette” – nome che ai ragazzi di oggi sembra proprio non piacere perché sessista. Nathan (Wim Snape) il figlio di Gaz, è cresciuto, ora fa il poliziotto e deve mantenere un equilibrio tra la sua professione e le illegalità perpretate da suo padre e della sua sorellastra Des. Gerald (Tom Wilkinson) è anche lui anziano e stanzia ogni giorno al locale di Lomper per lamentarsi sulle cose che non vanno nel paese.
Sono lontani i tempi dello spogliarello eppure niente è cambiato nel mondo, forse è solo peggiorato
Il tempo è passato e i membri del gruppo sono ormai di un’altra generazione, proprio non riescono a comprendere le storture della modernità (divertente il momento in cui Cavallo si fa spiegare cos’è il Mee too). Sono lontanti i tempi frivoli – se così si può dire – dello spogliarello organizzato per tirare su i soldi per sopravvivere, talmente lontani che di quel momento non si parli più. C’è un momento in The Full Monty – La serie, anche molto esilarante, in cui si accenna a quella esibizione, ma l’unico motivo di replica è rappresentato da una minaccia di vita o di morte. Non è quindi il revival il vero motore della serie, ma il fatto che i personaggi siano – tristemente – ancora molto attuali. A spiccare su tutti c’è sempre Gaz: senza fissa dimora, sentimentale, sempre contro il sistema, oratore capace di evitare suicidi e di sventare una rapina. Lui resta il personaggio più forte degli squattrinati organizzati, un personaggio interessante su cui si sarebbe potuto costruire uno spin off.
In The Full Monty – La serie ci sono anche nuovi personaggi allo sbaraglio, i più interessanti della serie
Destiny (Talitha Wing) è la seconda figlia di Gaz, spesso marina la scuola per commettere piccole illegalità, ma non si può biasimare il suo comportamento visto che a casa ha una situazione precaria: i soldi a casa non bastano, la mamma si è innamorato di un poco di buono che si è trasferito da loro e lei deve badare alle sue piccole sorelle gemelle. Per fortuna l’insegnante di musica si accorge del suo talento canoro e nonostante i fondi per le lezioni di musica siano stati tagliati, decide di aiutarla. Darren è un’altra new entry e a lui è affidato il capitolo sentimentale. Uomo ligio alle regole, con un lavoro stabile ma antipatico (comunicare sfratti e quando le pratiche assicurative non vengono accettate anche quando non è giusto). I soldi e la stabilità però non fanno per forza la felicità. La sua routine senza sgarri viene movimentata da una vicina, un’ex terrorista curda che abita nel suo quartiere che Darren deciderà di ospitare in casa dopo che la donna viene sfrattata solo perché straniera. Tutto è un po’ smielato e scontato, eppure quella compostezza inglese con cui viene raccontata la vicenda e la dolce interpretazione di Miles Jupp rendono il capitolo piacevole.
Un calderone di temi sociali per raccontare la vita degli squattrinati organizzati negli anni 2020
Precariato lavorativo e disoccupazione, bullismo e razzismo, disabilità fisica e mentale, tagli di bilancio all’istruzione e mancanza del lato umano all’interno delle scuole. l film del 1997 già rappresentava uno scenario socioeconomico poco roseo, ma quello del 2023 è ancor peggio, il messaggio è chiaro. The Full Monty – La serie, in questo che è a tutti gli effetti un sequel, conserva infatti l’animo da denuncia sociale amalgamato a quello del dramedy. Adattarsi al formato seriale con una vastità di tematiche e personalità non è facile, e la sceneggiatura ne risente. Nonostante la superficialità con cui vengono messi in scena temi complicati, che ovviamente non trovano il giusto spazio in uno scenario dove viene dato maggiore risalto ai rapporti tra i personaggi, il risultato finale è piacevole e offre spunti di riflessione.
The Full Monty – La serie: valutazione e conclusione
C’è qualche problema di sceneggiatura, nelle prime battute lo show fa fatica a decollare a causa uno sbilanciamento tra la prima parte, dove ogni puntata è dedicata ad un personaggio e ad una problematica, e quella successiva dove si accelera per portare a termine la storyline globale, sacrificata in precedenza. Inoltre alcuni personaggi hanno meno spazio o addirittura vengono dimenticati lungo il percorso: è il caso dei personaggi di Guy e di Yvonne, di cui perdiamo le tracce. The Full Monty – La serie non raggiunge i fasti del film originale, ma questi personaggi hanno smalto e ancora da raccontare, soprattutto si fanno carico di raccontare molti dei problemi che tante persone affrontano in questa contemporaneità. L’autenticità dei protagonisti è da premiare perché, in fondo, a fine visione non si resta completamente delusi, anzi si versa anche qualche timida lacrimuccia.