The girl from Plainville: recensione della serie con Elle Fanning
In arrivo su Starzplay dal 10 luglio 2022, The girl from Plainville promette di far parlare molto di sé: tratta da una storia vera, la serie in otto episodi racconta il misterioso percorso che ha portato Conrad a togliersi la vita, presumibilmente spinto dalla sua fidanzata Michelle. Se tra i due ragazzi si instaura fin dal principio un rapporto molto particolare, l’evoluzione della loro relazione a distanza diventa morbosa nei cinque anni che seguono (almeno dalla prospettiva di Michelle così come narrata dalla serie e dall’eponimo articolo apparso su Esquire) e basata soprattutto su sms ossessivi, i quali avrebbero lentamente e inesorabilmente spinto Conrad, affetto da problemi di instabilità mentale e depressione, a uccidersi inalando monossido di carbonio nel 2014. Uscita negli Stati Uniti su Hulu a fine marzo, in Italia arriva a metà luglio sulla piattaforma streaming Starzplay, con i suoi protagonisti tra cui Elle Fanning nei panni di Michelle Carter, la ragazza sospettata e poi condannata per involontaria istigazione al suicidio del fidanzato, Colton Ryan nelle vesti di Conrad “Coco” Roy, la vittima del crimine dai precedenti non sempre chiari, Chloë Sevigny a interpretare Lynn Roy, la madre del ragazzo con un ruolo fondamentale nella gestione delle indagini da parte della polizia.
The girl from Plainville: la serie con Elle Fanning tratta da una storia vera
The girl from Plainville si aggiunge al filone narrativo spesso percorso da parte delle piattaforme streaming negli ultimi anni dedicato a indagini da ristudiare. La prospettiva presentata da parte di regista e sceneggiatori (cosí come quella degli autori dell’articolo di Esquire”) è netta: l’ambiguità e la finzione perpetrata da parte della ragazza è talmente lampante che non lascia dubbi riguardo alla sua colpevolezza, almeno indirettamente. In questo caso, quindi, non si tratta della ricostruzione di un processo mal gestito o di una ingiusta condanna, quanto piuttosto dell’analisi del rapporto tra apparenza e realtà e di come gli sviluppi delle ricerche possano capovolgere più volte i dati presentati come certi ogni volta. Con un cast che obiettivamente non è sempre all’altezza dei personaggi portati sullo schermo (soprattutto Elle Fanning gioca con l’istrionismo del suo personaggio e si lascia prendere la mano risultando poco credibile), The girl from Plainville risulta comunque molto scorrevole nella sua fruizione e ben confezionata a livello estetico e immersivo. Gli otto episodi dalla durata di circa 45 minuti ciascuno portano avanti un discorso coerente e netto, senza digressioni artistiche inutili e senza aspirazioni introspettive che sarebbero probabilmente risultate fuori dalla sua portata. Nonostante il tema centrale piuttosto pesante e autoconclusivo, la serie riesce ad aprirsi verso lo spettatore fornendogli vari elementi di riflessione, tali da formarsi una propria opinione a prescindere da come siano andati i fatti nella realtà processuale.
La forza principale di The girl from Plainville risiede appunto proprio nel trattamento di una storia complessa e ben poco chiara con un approccio umano, privo di sensazionalismi e di richiami ai grandi drammi umani. Tutto rimane quasi sottotono, in una sorta di dignitoso contenimento delle emozioni che in questo caso giova alla narrazione e alla serie: ogni elemento resta funzionale al racconto complessivo e non si distrae dal suo compito di restituire al pubblico una storia molto particolare. Un altro dato encomiabile della serie è il trattamento della depressione, una condizione che viene ignorata o gestita in maniera retorica dai protagonisti, con il risultato che il problema non si risolve ma anzi porta a un tragico epilogo, a prescindere da chi sia il reale colpevole della situazione.