The Good Mothers: recensione finale della serie Disney+
La recensione complessiva sul finale di The Good Mothers, serie Disney+ di Elisa Amoruso, Julian Jarrold e Stephen Butchard.
Raggiunta ormai la pubblicazione complessiva su Disney+ della serie The Good Mothers, diretta da Elisa Amoruso e Julian Jarrold e scritta da Stephen Butchard su adattamento dell’omonimo romanzo d’inchiesta di Alex Perry, risulta più che doveroso compiere alcune riflessioni sul carattere fortemente cupo, adulto, maturo e sorprendente di un prodotto seriale che meglio e prima di qualsiasi altro ha saputo raccontare effetti e conseguenze della criminalità mafiosa rispetto alla quotidianità di singoli individui e collettività, pur non mettendo mai in luce il fascino proibito e maledetto tanto della violenza, quanto del potere.
Uomini che odiano le donne, donne che odiano le donne – La violenza è un cerchio, The Good Mothers e il racconto di mafia
Se nel corso della prima parte di The Good Mothers, Amoruso e Jarrold si concentrano sul male che gli uomini fanno, perpetrando incessantemente qualsiasi genere di violenza, abuso e sopruso ai danni delle donne di famiglia inevitabilmente passive e vittime silenziose, è soltanto nel corso della seconda parte e degli episodi conclusivi che la riflessione sul male sembra aggiungere quella che poi è la chiave d’interpretazione dell’intera serie, ossia che il male è un cerchio, e come tale non ha mai fine, coinvolgendo uomini e donne senza distinzione alcuna.
Laddove ad inizio stagione, Lea Garofalo torna a Milano insieme alla figlia Denise, sperando ingenuamente nel perdono di Carlo Cosco, finendo poi per cadere in una trappola dagli esiti tragici, organizzata da un uomo dunque ai danni di una donna, nella seconda parte entra in scena Maria Concetta Cacciola (interpretata efficacemente da Simona Distefano) che alla stregua di Lea e Denise vive in condizioni di prigionia poiché figlia di un boss mafioso, costretta dunque a subire una privazione della libertà totale e asfissiante, finendo per accettare angherie, costrizioni e violenze portate avanti questa volta non tanto dalle figure maschili della famiglia, quanto dalla principale figura femminile, ossia l’anziana madre.
Ecco dove The Good Mothers si smarca una volta per tutte dalla logica generalista della stragrande maggioranza delle produzioni cinematografico-televisive sul racconto di mafia, ovvero sul male che non soltanto appartiene alle figure maschili, ma anche e soprattutto a quelle femminili, che ormai parte di un sistema sadico, corrotto, disturbato e disperato non possono far altro che portare avanti comportamenti, regole e abitudini incuranti del fatto che non soltanto faranno del male a loro stesse, ma anche a moltissime altre donne.
Maria Concetta Cacciola, così come Giuseppina Pesce (interpretata da una straordinaria Valentina Bellè) è una donna di famiglia che ama i suoi figli, pur odiando la sua famiglia, ecco perché la ricerca di libertà, ecco perché la ricerca di una vita e di un nuovo amore che nelle condizioni di prigionia imposte dalla famiglia non può far altro che trovare spazio nel virtuale e in quell’unica sfera che Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce credono – seppur ingenuamente – essere protetta, nascosta e privata, nonostante i controlli e le continue invasioni di privacy degli altri membri della famiglia.
Il male, di generazione in generazione – La speranza non c’è più, soltanto il buio
È interessante dunque osservare come Stephen Butchard, Elisa Amoruso e Julian Jarrold operino una riflessione duratura e graduale sul male come elemento e traccia biologica, capace dunque di sopravvivere al tempo venendo tramandato e passato di corpo in corpo, così come di generazione in generazione, tanto rispetto agli individui maschili, quanto quelli femminili.
Non c’è perciò speranza nella realtà assolutamente realista e quotidiana che The Good Mothers racconta e mostra. Non c’è speranza perché se la violenza non ha mai fine, o meglio, se la violenza non si arresta nemmeno di fronte ad un rapporto esclusivissimo e di protezione quale dovrebbe essere quello tra una madre e una figlia, allora come può esserci salvezza?
Questa la domanda che The Good Mothers pone ai suoi spettatori, immergendoli in una spirale cupissima, per certi versi orrorifica e inevitabilmente drammatica di destini dagli esiti annunciatissimi, privati di qualsiasi possibile e lontanissima via di scampo e soggetti a logiche proibitive che tutto cancellano e nulla lasciano al caso, poiché il perdono non esiste e l’unica legge fondamentale, è quella della morte.
The Good Mothers – Conclusione e Valutazioni
Un prodotto seriale necessario e importante che forte di un cast stellare capitanato da Micaela Ramazzotti, Barbara Chichiarelli e Francesco Colella riesce nell’impresa insperata e molto spesso nemmeno indagata di analizzare la violenza e il male che la mafia rappresenta come piaga inarrestabile e spaventosamente immortale e sotterranea, privandola di qualsiasi possibile forza attrattiva e seducente – così come spettacolare e gratuitamente feroce ed estrema – vestendola piuttosto di una tale oscurità drammatica e spietata da lasciar interdetto, rattristato e incupito perfino lo spettatore più preparato, che si ritrova qui dinanzi ad un prodotto maturo, realistico e davvero sorprendente.
The Good Mothers è disponibile sul catalogo Disney+ a partire da giovedì 6 aprile 2023.