The Head: recensione della serie tv con Alvaro Morte
Il thriller dell'estate, che coinvolge e conquista lo spettatore e dove, nonostante le tante morti, sembra non esserci nessun colpevole.
Un gruppo di uomini e donne in Antartide sono pronti ad effettuare una scoperta di capitale importanza per scongiurare il cambiamento climatico sotto la guida del famoso biologo Arthur Wilde (John Lynch). La squadra invernale della stazione continua con gli studi per i sei mesi più freddi, staccandosi dagli altri, in attesa di rincontrarsi in estate ma qualcosa scombina i piani: qualcuno di loro è un assassino e per qualche motivo uccide i colleghi. Questo è, in sintesi, il punto di partenza di The Head, la serie Amazon Prime, composta da 6 episodi, co-produzione The Mediapro Studio, Hulu Japan ed HBO Asia arrivando anche da noi, nel catalogo, il 5 agosto 2020. La serie vede tra gli interpreti lo spagnolo Alvaro Morte, conosciuto come il Professore de La casa di carta che qui interpreta Ramòn, uno dei personaggi misteriosi e ambivalenti di questa storia – tutti hanno delle maschere, si nascondono, mostrandosi in un modo di fronte agli altri tenendo “al sicuro” il proprio lato oscuro.
The Head: tante morti, nessun colpevole
The Head, diretta da Jorge Dorado e sceneggiata da Álex e David Pastor, è una serie ambiziosa che vuole raccontare una storia complessa, quella di un gruppo di studiosi che si trova in Antartide per arrivare ad un grande scoperta e che invece torna decimata da quella missione, e lo fa immergendo i suoi protagonisti in un’ambientazione glaciale, quasi claustrofobica che aiuta a creare la giusta “temperatura”. Ci si chiede dunque dalla prima morte: chi è il colpevole?
Lo spettatore viene portato a poco a poco dentro alla storia e il traghettatore di anime è Johan (Alexandre Willaume) che deve separarsi da Annika (Laura Bach), la sua compagna che rimane con la squadra invernale per la propria ricerca e ci si pone un secondo quesito: perché fino all’ultimo non vuole proseguire nel suo lavoro?. Il sole sorge e la squadra estiva torna nel campo base e si trova di fronte ad uno spettacolo terribile: la stazione sembra abbandonata, ci sono sette i morti, due i dispersi – tra i quali Annika – e un solo sopravvissuto Maggie, (Katherine O’Donnely) un personaggio misterioso che si mostra in stato confusionale ma che poi diventa fondamentale per il prosieguo della narrazione. Maggie è colei che può ricordare ciò che è avvenuto, chi è il colpevole, dove si trovano gli altri eventuali sopravvissuti. Johan è sconvolto e vuole a tutti i costi scoprire che fine abbia fatto Annika e così inizia un’indagine preliminare per scoprire cosa sia accaduto alla Polaris VI (questo è il nome della missione che fa eco alla precedente la Polaris V da cui tutto sembra dipendere) in attesa che arrivino i soccorsi. I due, Maggie e Johan, sono i due poli di questa narrazione, da una parte lei che riporta alla memoria – attraverso lei lo spettatore scopre -, dall’altra lui che investiga, scova e indaga.
Sembra quasi una serie horror – basti pensare che la squadra prima di partire guarda La Cosa di John Carpenter – ma in realtà si avvicina di più ad una moderna rivisitazione di Dieci piccoli indiani che vede sparire, uno ad uno, tutti i componenti della squadra, nei modi più cruenti possibili. La sensazione è quella di trovarsi dentro un castello dei destini incrociati in cui ogni cosa è legata all’altra ma lo spettatore si trova all’interno dell’edificio e tutto gli apparirà chiaro solo alla fine dell’ultima puntata.
Nessuno è salvo, nessuno è innocente. Emerge di episodio in episodio che ogni personaggio ha la sua colpa, che tutti potrebbero essere colpevoli ma in parte anche innocenti. Ognuno può c’entrare con le varie morti che si susseguono e questo anche per la struttura dello show che gioca tra passato e presente anche grazie ai tanti flashback. Tutto questo, le morti, il sangue, la violenza, avviene nel presente proprio perché qualcosa è accaduto anni prima.
The Head: una serie angosciante
The Head è una serie angosciante, che non lascia in pace gli spettatori perché fin dall’ambientazione si ha il senso dell’isolamento freddo, violento, brutale – si continua a dire infatti che bisogna essere coraggiosi per vivere nel ghiaccio -: la squadra non può comunicare e l’altra attende i soccorsi e dunque ha le mani legate. I personaggi si sentono in trappola e così anche noi, un po’ vittime di un gioco molto più grande e un po’ alla stregua di Johan che guarda dal di fuori gli indizi che Maggie gli dà. Ci si può fidare? Forse sì, forse no, difficile dare una risposta. La storia riesce a fargli avere dei dubbi addirittura sulla propria compagna che potrebbe avere un importante ruolo in una brutta vicenda del passato.
The Head punta tutto sul celare fino a quando sarà il momento giusto per scoprire le carte, sorprendendo così lo spettatore; lungo i sei episodi la serie si muove con un buon ritmo lavorando a tratti con lentezza, a tratti con rapidità seminando qualche twist narrativo con una tensione palpabile.
The Head: un thriller teso che sconvolge e conquista
La serie ha vari gradi di lettura e di significato – l’isolamento diventa metafora del momento che il mondo ha vissuto, quando si è in pericolo, in difficoltà, l’altro dovrebbe diventare la propria famiglia, invece in The Head, a poco a poco, l’altro acquista una luce sinistra -, uno dei più interessanti e forse poco analizzato è quello legato alla disparità tra sessi che Annika e tutte le altre donne della squadra vivono all’interno della stazione: Annika non vorrebbe partecipe a questa missione ma deve rimanere anche per l’inverno in modo da tenere sotto controllo Arthur e salvaguardare i risultati dell’importante ricerca della quale è la principale fautrice.
The Head, un classico thriller dalle venature horror, prende e stupisce sotto tutti i punti di vista – la scrittura, la regia e le interpretazioni dei personaggio -; è pensata per essere autoconclusiva e questo dà un valore aggiunto alla serie stessa che non perde di forza lungo i sei episodi bensì acquista sempre più coerenza e “vigore”.