The Imperfects: recensione della serie sci-fi horror su Netflix
The Imperfects è la nuova serie Netflix che mescola horror, fantasy e teen drama: una serie dalla confezione molto accattivante che però coinvolge lo spettatore a metà. Incuriosisce ma non avvince.
C’era da aspettarselo che The Imperfects, la serie disponibile su Netflix dal 5 settembre 2022, avrebbe prima o poi iniziato ad attirare l’attenzione, avendo in sé tutti gli ingredienti per conquistare più fasce di pubblico: c’è la dimensione teen, un po’ di horror, uno misurato splatter e ci sono dei supereroi che non vogliono fare i supereroi. Un tema, quest’ultimo, che poteva essere il vero focus della serie creata da Dennis Heaton e Shelley Eriksen e che nonostante le buone premesse di partenza e un prodotto dall’appeal tecnico notevole e accattivante, non riesce a lasciare molto più allo spettatore che una storia curiosa e interessante, ma senza emozionare ed avvincere a sé.
The Imperfects è disponibile su Netflix ed è composta da dieci episodi dalla durata media di 45 minuti circa, prodotta da Nomadic Pictures.
The Imperfects: la trama della serie Netflix
Juan Ruiz (Iñaki Godoy) che disegna fumetti, Abbi Singh (Rhianna Jagpal) che sogna di diventare una scienziata e Tilda Webber (Morgan Taylor Campbell), cantante punk di discreta fama, prendono da diverso tempo delle pillole per tenere a bada gli effetti collaterali dei loro geni, seguendo la cura del programma benessere che il Dottor Alex Sarkov (Rhys Nicholson) ha realizzato per loro. Quando però le pillole iniziano a finire e non c’è modo più di riceverle, i tre ragazzi si incontrano e scoprono di essere parte di una terapia sperimentale che mira al miglioramento della specie umana.
Di miglioramenti però i tre ragazzi ne vedono davvero pochi, anzi. Ciascuno di loro a causa degli ingovernabili effetti che genera in loro la mancanza di pillole, non riescono a vivere più la loro vita. Juan rischia di perdere la sua ragazza e di diventare il terrore del suo quartiere, trasformandosi quando meno se lo aspetta in un chupacabra, Abbi è una succube che attrae a sé chiunque si avvicini a lei a causa di una forte componente di ferormoni che la rendono particolarmente attraente. Tilda invece è soprannominata banshee girl perché oltre ad aver sviluppato un super udito, con la sua voce può anche uccidere. Super poteri che ingarbugliano le loro vite e che con l’aiuto della Dottoressa Sydney Burke (Italia Ricci) vogliono curare e debellare, ma per farlo devono mettersi sulle tracce di Sarkov, misteriosamente sparito.
The Imperfects: una serie che non riesce a trasformare i suoi potenziali in super poteri
Se i protagonisti di The Imperfects in alcuni momenti appaiono persino schiacciati dai loro super poteri non richiesti e si sforzano poi di dominarli per sfruttarli a loro favore nel viaggio a caccia del Dottor Sarkov, non si può dire che la sceneggiatura complessiva della serie si sia sforzata di fare lo stesso. Se è pur vero che l’incipit della trama non sia originalissimo – difficile non pensare a The Misfits – è anche vero che il dramma di chi i super poteri se li ritrova per caso e per sbaglio in un mondo che comunemente vede nel supereroe la natura più bella e affascinante al mondo, è un’inversione di marcia e di sentire comune molto interessante che potrebbe essere approfondita e raccontata attraverso diverse variazioni su tema.
Il problema di The Imperfects quindi non è tanto nel concept ma quanto nel suo sviluppo: si avverte infatti che nella scrittura c’è tanta voglia di raccontare e stupire, ed esteticamente parlando non si può dire che la serie non ci riesca con la sua commistione di generi. Horror, fantasy, a tratti splatter, un’oscillazione rassicurante tra teen drama e comedy e abbastanza fantascienza, nel corso dei primi tre episodi sembrano promettere tanto, peccato però che già dal quinto episodio appare chiaro che chi troppo vuole nulla stringe. Il risultato quindi è che la sceneggiatura si sofferma rapidamente e superficialmente su alcuni focus che avrebbero meritato un maggior approfondimento, come le personalità di Sarkov e Burke che vengono semplicemente abbozzate e comicizzate e allo spettatore in diversi punti della serie non vengono offerti l’input e il tempo di entrare davvero in connessione con il loro vissuto, la loro contrapposizione, le loro scelte e il loro legame.
La parte più riuscita di The Imperfects, oltre ad un comparto tecnico credibile e accurato dall’ambientazione alla scenografia passando per la scelta delle musiche, è il rapporto che si instaura tra i tre protagonisti, la cui personalità e psicologia è approfondita abbastanza da permettere ad un spettatore di entrare in empatia con i loro drammi e problematiche.
Il risultato finale però è quello di un prodotto ricco di potenziale, imperfetto, che osa troppo tecnicamente e poco narrativamente: nel complesso infatti si ha la sensazione che allo spettatore sfugga sempre qualcosa e che la parabola finale della serie lasci emotivamente davvero poco.