The L Word: Generation Q – Stagione 2, la recensione della serie di Sky Atlantic
La recensione della seconda stagione di The L Word: Generation Q, la serie in onda su Sky Atlantic che intrattiene e fa emozionare.
A distanza di un anno dall’uscita della prima stagione, The L Word: Generation Q torna con nuovi episodi che permettono al pubblico di scoprire in che modo evolvono i rapporti all’interno della cerchia di protagoniste composta da Bette, Alice, Shane e compagnia bella. Sebbene The L Word: Generation Q sia più sobrio rispetto alla serie originale degli anni Duemila, tutto continua a girare intorno ai cosiddetti “lesbodrammi”: la serie è ancora essenzialmente una soap di alta produzione, che gira soprattutto intorno ad un un triangolo amoroso palese (quello tra Dani, Sophie e Finley) ed uno più nascosto (quello tra Bette, Tina e Carrie), nonché a costanti tira e molla tra le altre protagoniste.
La serie creata da Marja-Lewis Ryan punta anche a qualcosa di più alto, dal punto di vista tecnico, alternando frequentemente l’energia disordinata dello spettacolo con angoli di ripresa artistici e sound design sperimentale. Gli spettatori, però, probabilmente non sono così interessati a queste acrobazie tecniche come lo sono dei drammi dello show. Sophie (Rosanny Zayas) sposerà la sua fidanzata, Dani (Arienne Mandi), o scapperà con la sua migliore amica, Finley (Jacqueline Toboni)? Alice (Leisha Hailey) e la sua ragazza (Stephanie Allynne) riusciranno mai a gestire il poliamore? Shane (Kate Moennig) smetterà mai di essere Shane? La seconda stagione affronta tutto questo e molto, molto di più, sin da subito.
The L Word: Generation Q, anche nella stagione 2 a dominare la scena sono i “lesbodrammi” ed il sesso
Nella vera tradizione di “L Word“, il melodramma viene gestito in modo irregolare, mentre il cast deve affrontare una serie di situazioni drammatiche. Questo ensemble è per lo più adorabile ma la loro ingenuità emotiva può risultare estenuante a tratti. Le veterane della serie, Bette, Shane e Alice, risultano insoddisfatte tanto quanto le loro controparti più giovani, portando il pubblico a chiedersi come queste donne, che fluttuano da partite di poker ad alto rischio a cene elaborate, non possano permettersi un sano percorso di terapia. Come già avvenuto nel corso della prima stagione, le tre veterane interpretate da Jennifer Beals, Leisha Hailey e Katherine Moennig spiccano su tutte le altre: i loro rispettivi personaggi godono di un altro spessore, muovono i fili dell’intera giostra ed hanno a che fare con dinamiche meno superficiali e con le quali il pubblico, soprattutto più adulto, riesce più facilmente ad immedesimarsi. Ex mogli, figli, famiglie allargate: chi ha seguito e amato Bette, Alice e Shane nella serie originale degli anni Duemila le ritrova cresciute ma in fondo ancora identiche a quindici anni fa. Indipendenti, professionalmente parlando, ma emotivamente sempre alla ricerca di qualcuno in grado di appagare pienamente il loro desiderio di amore.
Conoscere il background di queste tre donne è essenziale per comprenderne gli atteggiamenti e le reazioni attuali. Bette, donna in carriera e madre, desiderata e ammirata da tutti, ma da sempre costretta a fare i conti con il senso di colpa per le scelte sbagliate fatte in passato, su tutte l’aver tradito Tina, l’unica donna veramente in grado di gestire anche i suoi lati più oscuri, che non sono pochi. Alice, da sempre convinta di poter tenere tutto sotto controllo, anche se la vita continua a dimostrarle, sin dalla morte di Dana, unico grande amore della sua vita, che non è così. Shane, probabilmente il personaggio la cui metamorfosi risulta più evidente. È sempre stata in grado di analizzare le situazioni altrui, dando ottimi consigli e dimostrandosi un’ottima amica. Adesso, però, inizia finalmente ad analizzare con saggezza anche se stessa, capendo di cosa realmente ha bisogno in questo momento della sua vita.
Una serie di cui si continua ad aver bisogno ma che può e deve migliorare
Le altre protagoniste rappresentano un po’ ciò che era The L Word tre lustri fa e che forse risulta fin troppo stucchevole col passare degli episodi: un enorme grafico dove tutte sono collegate con tutte. Non esistono limiti, freni e razionalità. Basta incrociare lo sguardo di un’altra persona per più di due secondi che scatta il bacio. Dopodiché arriva il pentimento o la scoperta improvvisa di essere sempre state innamorate l’una dell’altra. Da questo punto di vista, alcune parti della sceneggiatura risultano quasi forzate e portano gli spettatori a non capire fino in fondo ciò che passa per la testa dei personaggi coinvolti. Diverse sono le dinamiche interessanti che poi vengono lasciate in sospeso, messe da parte o del tutto cancellate. Un peccato, poiché se è vero che rispetto a quindici anni fa le serie TV queer sono ormai all’ordine del giorno, è pur vero che uno show del genere, incentrato quasi unicamente sul mondo omosessuale femminile, senza che ci sia un carcere o un suicidio di mezzo, non può che essere utile ed interessante da guardare.
Una serie TV che racconta la “generazione Q” trovando la propria forza nelle generazioni passate, che guidano le “nuove lesbiche” ma continuano a loro volta a cercare la propria strada, così come avviene nella realtà, in cui non si smette mai di rincorrere la tanto agognata felicità. Nel complesso, la seconda stagione di The L Word: Generation Q si attiene alla sua solita formula. Non è una cosa terribile: il significato culturale di questo spettacolo non può essere sottovalutato e offre materiale di conforto ad un’intera comunità sottorappresentata, trovando i propri punti di forza nella leggerezza ma anche nell’inclusività. Ma non è nemmeno un aspetto nettamente positivo, poiché questi personaggi continuano ad offrire molto in termini di istrionismo con uno sviluppo costantemente scarso.
Ricordiamo che in Italia, la seconda stagione di The L Word: Generation Q va in onda in prima visione assoluta sul canale satellitare Sky Atlantic dal 14 agosto 2021. Gli episodi vengono rilasciati a cadenza settimanale.