The Little Broomstick Rider: recensione della serie animata di Matteo Bernardini
Girata durante il primo lockdown, The Little Broomstick Rider è un piacevole gioco di contraddizioni.
Durante il primo lockdown (marzo-aprile 2020) ognuno ha cercato di affrontare a proprio modo le lunghe giornate di forzata clausura: c’è chi ha cucinato, chi ha dipinto, chi s’è dato al bricolage, chi ha sistemato il proprio giardino, chi ha cominciato a fare attività sportiva. Insomma, tutti noi abbiamo trovato tanti piccoli e grandi espedienti per sfuggire alla noia e mantenere un minimo di lucidità. Ecco, l’espediente di Matteo Bernardini, giovane regista italiano, è stato realizzare una serie televisiva animata, The Little Broomstick Rider, che sta raccogliendo plausi e premi in diversi festival internazionali. Per esempio, si è guadagnato il Premio del Pubblico allo Slamdance Film Festival 2021 e ha vinto lo Stareable Fest di New York (il più importante festival americano dedicato alle web series e alla tv indipendente). Inoltre, Bernardini è stato invitato a presentare nuovamente la propria serie alla prima edizione losangelina dello stesso Stareable Fest, in programma tra il 21 e il 23 aprile 2022.
Di che cosa parla The Little Broomstick Rider di Matteo Bernardini?
Prodotta, scritta, diretta e disegnata dallo stesso Bernardini e basata su un racconto di Ludwig Bechstein, in poco più di mezz’ora The Little Broomstick Rider inscena un processo per stregoneria contro un bambino di nove anni tenutosi nella Baviera del 1620. Chiaramente, Matteo Bernardini non ha potuto avvalersi, causa pandemia, di una troupe di disegnatori e di animatori. Pertanto ha disegnato in prima persona i vari personaggi su dei cartoncini, li ha posizionati davanti a un iPhone e li ha mossi come fossero marionette. Non solo: per ovviare all’impossibilità, sempre causa pandemia, di avere degli attori che doppiassero i personaggi, ha deciso di scrivere su delle simil-nuvolette da fumetto le linee di dialogo, muovendo anch’esse davanti al cellulare in corrispondenza del personaggio che di volta in volta pronunciava una determinata battuta.
La povertà di mezzi ha affinato l’ingegno di Bernardini
La domanda a questo punto viene abbastanza naturale: l’autoproduzione casalinga è tanto evidente? La risposta è no, perché The Little Broomstick Rider è tutto un gioco di piacevoli contraddizioni: racconta di un processo per stregoneria, ma diverte; è girato con una camera fissa, ma risulta straordinariamente dinamico. Insomma, ha tutti gli ingredienti per poter risultare soporifero, ma intrattiene e sorprende. Bernardini sfrutta al massimo gli strumenti che ha a disposizione, sopperendo alla povertà di mezzi e rivelandosi così un abile narratore in grado di esaltare appieno le potenzialità di ciò che ha attorno. Così facendo, l’aria casereccia della serie televisiva passa in secondo piano. Se ci è concesso un paragone calcistico come conclusione, potremmo dire che un allenatore davvero bravo è quello che sa vincere la Champions League anche con una squadra di secondo o di terzo piano: perché non conta il numero di campioni in squadra, ma il saper incastrare perfettamente le capacità – per quanto modeste esse siano – dei singoli. Forse Matteo Bernardini non ha ancora vinto la Champions League, ma è sicuramente sulla buona strada.