The Old Man: recensione della serie TV con Jeff Bridges
Jeff Bridges, John Lithgow, Alia Shawkat e Amy Brenneman sono i protagonisti di The Old Man, serie Tv thriller/spionaggio con risvolti esistenziali. Dal 28 settembre 2022 in esclusiva su Disney+.
Arriva in Italia mentre in America si pensa già a una seconda stagione. Si chiama The Old Man, è una serie Tv in sette episodi in esclusiva su Disney+ a partire dal 28 settembre 2022. Spionaggio/thriller dal cuore esistenziale malandato, il buon ritmo e la fisicità delle sequenze action sono pensate per un corpo (e un’anagrafe) non proprio in armonia con le mode e le tendenze del genere. Jeff Bridges è il protagonista della serie e non è certo un ragazzino, almeno esteriormente, ma questo al pubblico non interessa perché ha carisma e un modo tutto suo, ingombrante ma senza tracce di arroganza, di occupare la scena. Non è da solo ovviamente.
The Old Man è l’adattamento seriale dell’omonimo romanzo dello scrittore americano Thomas Perry. Creata da Jonathan E. Steinberg e Robert Levine, nel cast oltre al già citato Bridges ci sono John Lithgow, Alia Shawkat e Amy Brenneman. La serie rimbalza continuamente tra passato e presente e cerca di mediare tra la definizione delle psicologie e il grande quadro politico. In realtà sono i sentimenti, più che le manovre della storia, a guidarla verso la sua conclusione. Questa recensione copre solo i primi quattro episodi, ma sono sufficienti per farsi un’idea del quadro d’insieme.
The Old Man: il passato ritorna a bussare alla porta di Dan Chase
Dan Chase (Jeff Bridges) vive nascosto da tutto e da tutti e con buone ragioni. Non gli è rimasto accanto nessuno, a parte i suoi due cani che si chiamano Dave e Carol e sono stati addestrati per capire quando è il momento di essere adorabili e quando invece no. La moglie di Dan, Hiam Abbass, è morta da tempo per un brutto male (lui crede di esserne affetto ugualmente) ed è presente solo nei suoi incubi, immaginerete, in modo niente affatto rassicurante. L’unico legame con il tempo presente è la voce al telefono della figlia; se ne sta nascosta anche lei, protetta dall’anonimato dell’America sconfinata, perché è meglio così. Inevitabile che, un giorno, il passato torni a bussare alla porta di Dan Chase.
Dan è stato un agente della CIA. Ha smesso alla fine degli anni ’80, dopo una storia complicata in Afghanistan. Forse è proprio per questo, forse no, che qualcuno comincia a interessarsi di nuovo a lui e alla sua storia. Dan non ha tempo e voglia di stare a capire le ragioni di questo rinnovato interesse nei suoi confronti, la sua preoccupazione è scappare dove nessuno possa ritrovarlo e giocare d’anticipo. Lungo il suo cammino incrocerà il passo con Zoe (Amy Brenneman), una donna normale con problemi e necessità normali. Forse può essergli d’aiuto, forse no. È tutto molto complicato.
Dan è “perseguitato” più o meno amichevolmente da Harold Harper (John Lithgow). Vicedirettore della sezione controspionaggio dell’FBI, conosce il protagonista da decenni ed è a capo della task force che lo tallona. Lavora a stretto contatto con Angela Adams (Alia Shawkat), giovane promessa del settore che con il capo condivide un atteggiamento ambivalente nei confronti del fuggitivo. Lo insegue ma non può fare a meno di solidarizzare con lui. Non si è mai troppo sicuri di cosa sia la verità. Dan è inseguito dai fantasmi del suo passato. The Old Man alterna senza soluzione di continuità passato e presente, l’Afghanistan di ieri e l’America di oggi, per raccontare dell’interiorità tormentata e delle scelte che fanno la vita di un uomo. E di come queste scelte vengano rielaborate, adattate, modellate e trasformate nella versione ufficiale della storia. Una versione sempre molto ambigua, basta scavare un po’ per rendersene conto.
Una serie di spionaggio che scava nell’intimità dei suoi personaggi
Quello che funziona, in The Old Man, è un’atmosfera di malinconica rassegnazione contraddetta da esplosioni di energia, fredda competenza e violenza pura. C’è tristezza nell’equazione perché si parla del tempo che passa e che non si può riacciuffare, del senso e dell’eredità delle scelte che ci portiamo dietro e non possiamo eludere, quando è il momento di tracciare bilanci. Dan Chase ne ha compiute a bizzeffe, di scelte controverse, lì dove il confine tra il personale e politico è sempre molto sfuggente. La serie indugia sulla mostruosa complessità dell’esistenza non limitandosi a raccontarci quanto siano complicate le cose, ma complicandole a sua volta.
Anche se la trama spionistica vera e propria, almeno i suoi antefatti, per quel che concerne i primi quattro episodi non sembra mantenere del tutto le promesse, è Bill Heck a interpretare il giovane Chase che allaccia rapporti in terra afghana con Pej Vhadat e la moglie e consigliera Leem Lubany, l’analisi intima dei protagonisti è approfondita e soddisfacente. Merito di un imponente Jeff Bridges, che mette la sua fisicità affaticata ma mai doma (i suoi problemi di salute cominciano più o meno in sincrono con la serie) al servizio di un personaggio di cui si sceglie di esplorare contemporaneamente intimità ed esteriorità. Merito della recitazione emotiva mai sopra le righe di John Lithgow, della fiera dignità di Alia Shawkat e dello stupore fragile ma pieno di risorse di Amy Brenneman, la donna della strada coinvolta in qualcosa più grande di lei.
Guarderemmo Jeff Bridges fare qualunque cosa. Dan Chase è un nome al riparo del quale si nascondono tante storie e tanti uomini. Cerca una concialiazione nell’unico modo possibile in casi del genere: confuso e pieno di contraddizioni, ma reale. Questo è un tema importante di The Old Man. Che è una buona serie, buona davvero, infatti arriverà presto una seconda parte. Ma grande ancora no, perché manca qualcosa al thriller politico puro, vedremo se in futuro ci sarà la possibilità di lavorare su questo aspetto. The Old Man ha un ritmo contemplativo che non è norma per storie costruite su questi terreni ed è un bene; sa quando è il momento di smettere di meditare e cominciare a darsi da fare con l’azione. Così come cerca di mantenersi in equilibrio costante tra passato e presente. Una struttura oliata, neanche troppo originale, ma tanto basta a lasciar correre il talento carismatico del suo protagonista.