The Society: recensione della serie tv Netflix
Un teen drama da vedere e dal quale lasciarsi guardare.
All’interno della strategia di Netflix, stanno acquisendo importanza sempre maggiore i prodotti che hanno negli adolescenti il proprio target primario. Successi come Tredici, On My Block, Sex Education e Le terrificanti avventure di Sabrina, nonché prodotti seriali meno apprezzati dal pubblico come Everything Sucks! e The Order, fanno parte di un preciso progetto editoriale, volto a conquistare e fidelizzare il pubblico più giovane. In un simile contesto, è naturale e quasi inevitabile che il colosso dello streaming abbia preso la decisione di arricchire il proprio catalogo con un teen drama che ha come esplicita fonte di ispirazione quella che è una delle più illuminanti opere incentrate sugli adolescenti mai scritte, Il signore delle mosche di William Golding. Da questo desiderio nasce The Society, nuova serie in 10 episodi disponibile da qualche giorno su Netflix.
Un cast di giovani attori emergenti, fra cui spiccano Kathryn Newton (vista recentemente in Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Big Little Lies – Piccole grandi bugie e Ben is Back), Rachel Keller (Legion) e Olivia DeJonge (già protagonista di The Visit e del gioiellino Better Watch Out), si mette al servizio di un racconto dalla forte connotazione politica e sociale, su cui si innesta una trama mystery, sfruttata però a fasi alterne e in maniera non sempre efficace. Le menti del progetto sono invece Christopher Keyser, già alla guida di altri teen drama di successo come Cinque in famiglia e il relativo reboot, e il produttore esecutivo e regista Marc Webb, in cerca di un ritorno ai fasti di (500) giorni insieme (citato esplicitamente in The Society) dopo i deludenti The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro.
The Society: il nuovo teen drama Netflix ispirato a Il signore delle mosche
Ci troviamo nel New England contemporaneo, dove, a seguito di una serie di misteriosi avvenimenti, un gruppo di adolescenti benestanti rimane improvvisamente intrappolato in una fedele riproduzione della loro cittadina, dalla quale sono però completamente scomparsi gli adulti. Mentre i protagonisti cercano di comprendere l’accaduto, la situazione di isolamento forzato li costringe a organizzarsi, e a cercare un rudimentale ordine sociale. Inevitabilmente, nascono dissidi e fazioni, che alimentano tensioni interne e spalancano la porta alla violenza. Anche se il luogo in cui sono bloccati i protagonisti non è un’isola sperduta, ma una cittadina a essi familiare da cui appare impossibile fuggire, le influenze de Il signore delle mosche sono esplicite: l’estrazione borghese dei ragazzi, il tentativo di darsi regole e una struttura gerarchica e infine il male che prende inesorabilmente il sopravvento, come a sottolineare che la stessa natura umana conduce prima o poi alla prevaricazione e all’autodistruzione.
Nonostante i nobili intenti, The Society si muove a un livello più superficiale rispetto al capolavoro di William Golding. La serie risente della volontà di caratterizzare un vasto numero di personaggi, utilizzando dei cliché prettamente adolescenziali, che fanno perdere tridimensionalità al racconto. Il passaggio dei protagonisti da collegiali alle prese con sballo e slanci ormonali a giovani adulti costretti alla responsabilità e a una maturazione repentina è decisamente problematico, perché The Society rifiuta soluzioni narrative basate sui flashback, adottate per esempio da un altro discendente diretto de Il signore delle mosche come Lost, e dedica al passato dei ragazzi solo qualche rapido accenno, con il risultato di creare, almeno inizialmente, una barriera emotiva fra loro e lo spettatore.
The Society fotografa la realtà in cui viviamo
Più che comprendere il passato e il carattere dei protagonisti, li vediamo crescere davanti ai nostri occhi, come se la loro vita fosse cominciata con l’arrivo nella spettrale cittadina in cui sono rinchiusi. Ma anche se le fondamenta non sono delle più solide, e la ferocia e il sadismo che alimentavano Il signore delle mosche sono notevolmente attenuati, The Society ha più di un risvolto positivo. La tensione che si crea fra alcuni ragazzi, come l’instabile e inquietante Toby Wallace e la sua convivente Olivia DeJonge (legata a lui da una sorta di sindrome di Stoccolma) è sempre più palpabile, e conferisce al racconto un’atmosfera torbida e malsana. Non mancano inoltre profonde riflessioni politiche e sociali, che fotografano efficacemente alcuni risvolti della realtà in cui viviamo.
È tutt’altro che banale la rappresentazione del potere, incarnato da Kathryn Newton e Rachel Keller, e di come esso viene percepito sistema e nemico da combattere da parte di chi non ne fa parte, con la conseguenza di una svolta sempre più autoritaria dello stesso, anche quando detenuto da personalità che partono da posizioni democratiche e progressiste. The Society ha inoltre il pregio di andare a colpire due nervi scoperti della società americana, come il malcelato pregiudizio sessista nei confronti delle donne che occupano posti di comando o il problema della libera circolazione delle armi. La violenza che emerge da alcuni dialoghi di uomini incentrati sulle donne, come le catastrofiche conseguenze della concessione di pistole a persone tutt’altro che equilibrate, ci raccontano una società che ha ereditato gli stessi vizi degli adulti, alla perenne ricerca di un nemico su cui sfogare i propri fallimenti e le frustrazioni.
The Society acquisisce progressivamente forza e spessore
Nella progressione drammatica degli eventi, The Society acquisisce forza e spessore, portando ad alcune svolte particolarmente cruente, decisamente insolite per una produzione di questo tipo. Le riflessioni che ne seguono sono importanti in generale, in quanto legate alla deriva reazionaria che stiamo vivendo, ma lo sono ancora di più proprio perché rivolte a un pubblico di giovani o giovanissimi, che ha quindi l’occasione di riflettere sui problemi che ogni forma di governo comporta e sui rischi a essi connessi.
Dal punto di vista narrativo, per lunghi tratti The Society mette in secondo piano la componente più misteriosa del racconto, cioè la natura dell’esperienza subita dai protagonisti, salvo poi riallacciare bruscamente il filo del discorso con aperture fantascientifiche che ricordano, con le dovute proporzioni, quelle del già citato Lost. Se da un lato questa scelta risulta spiazzante, in quanto per troppo tempo i protagonisti sembrano più interessati ai loro contrasti che alla comprensione di ciò in cui sono stati coinvolti, dall’altro gli sceneggiatori riescono a creare con un opportuno ribaltamento di prospettiva terreno fertile per una più che probabile seconda stagione, che potrà avere ampi margini di manovra sia sul versante degli equilibri di potere instauratisi, sia per quanto riguarda i vari enigmi messi sul piatto.
Pur con uno sviluppo ondivago e con i problemi che abbiamo evidenziato, con The Society Netflix è riuscita nuovamente nell’impresa di creare un prodotto dotato di una propria anima e con uno specifico pubblico di riferimento, con diversi punti a proprio a favore. Una serie da vedere e dalla quale lasciarsi guardare, provando disagio e raccapriccio per gli atavici errori che siamo destinati a ripetere in ogni epoca e circostanza.