The Son – Il figlio – Stagione 2: recensione della serie TV
Una serie che ripercorre ancora una volta i grandi dilemmi della storia umana, con un Pierce Brosnan colossale.
Dal 10 maggio 2022 torna su Sky Atlantic e in streaming su NOW la seconda stagione di The Son – Il figlio con altri dieci episodi per narrare ancora una storia piena di imbrogli, tradimenti e segreti, tra passato e presente e futuro. La serie western ricomincia a tessere le fila della storia più o meno da dove si era conclusa la prima stagione: Pete McCullough (Henry Garrett) si trova in catene, in una prigione del Messico, dove è stato arrestato mentre cercava di aiutare Maria Garcia (Paola Nuñez). L’uomo era fuggito con Maria, unica superstite del ricco clan Garcia, oltre confine per salvarle la vita e per iniziare probabilmente una vita con lei. Ad aiutare Pete è proprio suo padre Eli (Pierce Brosnan), pater familias dei McCullough, ma chiede a lui in cambio di tornare a casa e di non abbandonare mai più moglie e figli; insomma la famiglia prima di tutto.
The Son – Il figlio 2: Eli è il dio pagano di un mondo tra passato e presente
Al centro della serie c’è sempre Eli che ha il potere necessario per decidere chi, come, cosa e perché, non solo in rapporto alla famiglia ma anche rispetto agli affari; le sue decisioni e le sue mani si stringono intorno a chiunque: Eli è un dio pagano spietato e crudele che ha un’idea e fa di tutto per realizzarla. Rende infelice praticamente ogni elemento della sua famiglia: Pete che sognava una vita con Maria, invece è di nuovo lì, con una moglie che non ama e con i figli che invece adora più della sua stessa vita, è costretto a occuparsi dell’estrazione del petrolio, mentre tutto ciò che vorrebbe è gestire il ranch, Phineas (David Wilson Barnes) mal sopporta le decisioni del padre, l’abile diplomatico e faccendiere pensava di meritarsi il ruolo di successore di Eli nell’azienda di famiglia, ma è stato ingiustamente confinato a Austen perché il padre lo immagina un ottimo politico.
La fuga di Pete inevitabilmente ha lasciato molti strascichi, Sally (Jess Weixler), sua moglie, non perdona al marito la relazione extraconiugale, fredda e rigida cerca di andare avanti cercando di leccare una ferita ancora purulenta, Jeannie (Sydney Lucas), la figlia, intuisce perfettamente che tra i genitori le cose non vanno bene e parla con il padre senza fargli nessuno sconto, anzi. Jeannie difende però la sua famiglia di fronte agli altri, difende suo padre che li ha “traditi” di fronte a tutti.
The Son – Il figlio 2: tre piani per costruire l’epica della frontiera
La seconda stagione continua a fare il lavoro che aveva già iniziato nella prima, narrare la storia (trae ispirazione dall’omonimo romanzo del premio Pulitzer Philipp Meyer) del Texas che si trasforma fino a diventare ricco centro industriale dopo la scoperta del petrolio. In questi dieci episodi per dare ampio respiro alla serie si aggiunge un terzo piano, quello di cui è protagonista l’ottantacinquenne Jeannie, ormai unica erede dei McCullough impegnata a mandare avanti le attività imprenditoriali. Quindi oltre alla linea temporale centrale, il 1915, anno in cui l’anziano Eli continua a curare i propri affari con metodi al di fuori della legge preparando il terreno al suo successore, e a quella del passato in cui il giovane Eli (Jacob Lofland) vive in tutto e per tutto come un indiano, un Comanche, legato da una relazione con una giovane nativa, c’è infine quella del “futuro”, lo spettatore si trova nel 1988 e assiste al “matriarcato” di Jeannie, quella dal carattere più adatto al comandare e a occuparsi delle attività di famiglia. Nei primi episodi i piani ad avere maggior importanza sono quelli del passato e del presente, ancora il centro è Eli con i suoi comportamenti, il suo carattere forgiato dai Comanche, le sue ferite causate dagli indiani e lenite dagli indiani stessi. C’è ancora poco spazio per il racconto dell’anziana Jeannie; interessanti sono i dialoghi con il dipendente Ulysses, immigrato illegalmente ma con grandi capacità e una grande esperienza nel rodeo. La figura di Ulysses, lavorante nel ranch dei McCullough dotato di cultura e coscienza di classe, mostra la problematica riguardante la rappresentazione delle minoranze.
Temi importanti mettono in scena le ambiguità e le ombre dell’essere umano e della storia
The Son continua a portare al centro della narrazione varie tematiche: il razzismo, la migrazione caratteristica che riguarda le terre di confine, la scalata sociale; Eli, nonostante, o forse proprio per, il suo essere senza scrupoli, si è fatto da solo, ha compiuto un passo alla volta e mattoncino dopo mattoncino ha costruito il suo “impero” ma lui stesso è sopravvissuto e ha sperimentato violenza e discriminazione. La violenza è un elemento fondamentale della serie, il sangue scorre e le mani umane spietate si accaniscono sul nemico; regole e leggi assurde formano idee e ideologie errate che dividono, in maniera manichea, tra giusti e sbagliati, vittime e carnefici, buoni e cattivi. Il passato non è una terra straniera, è una terra che vive e pulsa ancora e ancora sotto la pelle di chi vive nel presente. Il male subito è come una spada di Damocle, il dolore si insinua nelle vene e causa atteggiamenti e azioni: Eli, ma anche i suoi figli, si comportano anche in funzione di ciò che hanno patito, dell’educazione rigida con cui sono stati cresciuti. Nessuno può fare/dire/vivere come vorrebbe perché c’è qualcosa di più alto e di più importante: la famiglia.
The Son è una storia corale e questo impedisce di approfondire spesso i personaggi e creare empatia tra lo spettatore e loro, si sta sempre un passo indietro come a sfogliare un libro di storia che non colpisce fino in fondo.
Brosnan porta su di sé il peso di una serie intera
The Son – Il figlio 2 riporta lo spettatore in Texas, nei primi quattro episodi getta le basi per poi poter procedere nel racconto. Fondamentale è l’interpretazione di Pierce Brosnan, patriarca cinico, spietato, crudele che lavora bene con i suoi colleghi, riuscendo a creare con essi un bell’amalgama.