The Story of God con Morgan Freeman – Stagione 3: recensione della docu-serie Netflix
Su Netflix arriva la terza stagione di The Story of God, uno straordinario viaggio intorno al mondo alla ricerca del divino
Dopo il felice esordio nel 2016 e la seconda fortunata stagione del 2017, The Story of God con Morgan Freeman torna in una terza parte con nuove domande sul significato del divino nelle vite degli esseri umani. Nata da un’idea originale dello stesso Morgan Freeman, che si presta come presentatore e narratore d’eccellenza di un viaggio straordinario intorno al mondo, The Story of God ancora una volta si rivela essere una missione interminabile, priva di risoluzione e di risposte, proprio perché i misteri che hanno dato origine ai diversi culti religiosi dell’umanità non possono essere spiegati.
Ad affascinare è soprattutto la sua valenza culturale e umana di questa preziosa ricerca interiore, capace di accomunare esperienze apparentemente opposte, ma in realtà molto simili tra loro.
The Story of God – Stagione 3: un viaggio interminabile, alla ricerca di ciò che l’uomo definisce “Dio”
Porsi delle domande è nella natura dell’essere umano e anche l’individuo più razionale si è trovato almeno una volta alle prese con interrogativi delicati: chi siamo? Cosa ci facciamo nel mondo? C’è qualcosa di divino alla base della nascita della vita?
Che l’approccio sia scientifico o teologico, il risultato non cambia perché è proprio il quesito, come forma di analisi esistenziale, a caratterizzare la sete di conoscenza dell’essere umano. Lo stesso Morgan Freeman ha sfruttato la propria curiosità esistenziale per dare vita a un interessante progetto, sbarcato il 22 aprile su Netflix con la sua terza stagione.
Durante la visita al museo di Santa Sofia a Instambul il noto attore (particolarmente apprezzato proprio per aver interpretato Dio nella commedia Una settimana da Dio), ha notato delle somiglianze tra la storia biblica cristiana e la fede musulmana. Le attinenze lo hanno portato a chiedersi perché due culti tanto diversi mostrassero delle affinità e hanno permesso la nascita di The Story of God, una docu-serie che mira a indagare il rapporto tra l’uomo e la religione nei secoli, tra differenze, somiglianze, rituali e consuetudini.
Come nelle prime due stagioni, Morgan Freeman si impegna in un ambizioso viaggio intorno al mondo alla ricerca di risposte ai più grandi interrogativi dell’uomo, scoprendo di volta in volta elementi in comune tra diversi culti religiosi, nonché curiosità sulle tradizioni dei diversi Paesi. Quello dell’attore non può che essere un viaggio senza una vera e propria conclusione: le risposte sono infatti arbitrarie, strettamente legate al sentire personale di ognuno di noi, ma a rendere affascinante questa straordinaria missione non è lo scopo finale, ma il percorso svolto.
Con una narrazione accattivante Freeman mette alla portata di tutti questioni etiche, filosofiche e teologiche di un certo peso, conquistando lo spettatore con uno storytelling profondo ed emozionale. L’approccio è interessante proprio perché ricco di sfumature, le stesse che caratterizzano il significato stesso di fede.
The Story of God – Stagione 3: Un’esperienza umana, da affrontare con mente aperta
Non è facile avvicinarsi a questioni teologiche senza imbattersi in contraddizioni o conflitti tra culture diverse, ma in questa docu-serie Morgan Freeman sceglie l’approccio più adatto. Rispecchiando e rispettando le infinite sfumature della fede, l’attore non si limita a un’unica chiave di lettura.
I movimenti religiosi sono stati in grado, nel corso dei secoli, di unire le persone in un sentire comune, ma anche di farle entrare in contrasto nel tentativo di difendere i dogmi dei propri culti.
The Story of God mira ad abbattere queste differenze, cercando piuttosto i punti comuni, capaci di svelare il fatto che la fede è una questione più umana che soprannaturale, oltre che strettamente personale.
La regia, il montaggio e la colonna sonora hanno lo scopo di sottolineare in molti casi la straordinarietà di alcune esperienze analizzate dal narratore – talvolta con uno stile esagerato ed effetti speciali forzati – ma ogni esperienza vissuta in relazione alla fede ha in primo luogo una matrice umana importante, la necessità di sentirsi parte di qualcosa di più grande.
Privo di pregiudizi e di opinioni, Morgan Freeman affronta ogni questione con mentalità aperta, come una tela bianca pronta per essere coperta di mille colori. Non è importante credere o meno ai racconti fatti dagli individui presi in esame, né andare alla ricerca della verità, quanto piuttosto comprendere le motivazioni che spingono l’essere umano ad accogliere il divino nella propria esistenza, secondo forme che possono risultare anche molto diverse tra loro, tutte legittime e affascinanti dal punto di vista culturale.
Per quanto l’approccio razionale sia in apparenza controproducente quando si tratta di fede, The Story of God non rifiuta nemmeno l’analisi scientifica dei fenomeni, mostrando ancora una volta l’importanza di non scindere troppo gli aspetti mistici da quelli scientifici.
The Story of God con Morgan Freeman è una docu-serie piacevole, capace di affrontare tematiche di un certo spessore con un tono accattivante. Il prodotto non è del tutto privo di qualche ingenuità tecnica, come un utilizzo troppo enfatico di effetti speciali a sottolineare la straordinarietà di alcune esperienze mistiche vissute dagli intervistati, ma la varietà di approcci con cui il documentario viene affrontato può avvicinare lo spettatore agli argomenti teologici trattati – come la figura del diavolo, il concetto di peccato, le visioni mistiche e molto altro – in modo sfumato, permettendogli di valutar ciò che vede con animo esistenzialista o con la curiosità di uno scienziato pronto a sondare l’inspiegabile.