The Walking Dead – stagione 11: recensione del mid-season finale

Su Disney+ il sedicesimo episodio di The Walking Dead intitolato Atti divini dà forma a tutti i dubbi inziali sulla stagione.

The Walking dead è giunto al suo ultimo mid-season finale, quello che condurrà la serie alla sua inevitabile conclusione. Le pedine sono ora pronte sulla scacchiera, e il palco della battaglia per la sopravvivenza è già un bagno di sangue. Gli zombie, i camminatori non morti, prima vera minaccia dei protagonisti si sono trasformati nel tempo in meri grugniti di sottofondo, membra in decomposizione nell’ombra. L’essere umano, alla fine, è sempre stato la vera minaccia. L’indole omicida, la sete di potere, la devianza dell’animo corrotto dalla fame e dalla disperazione. Sono questi i tempi in campo in The Walking dead, o almeno lo erano inizialmente. Perché l’undicesima stagione, dopo anni di alti e bassi, si è dimostrata frettolosa e poco accorta nella costruzione dei propri personaggi.

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I dialoghi, in primis, si sono fermati ad una semplicità bidimensionale da far rizzare i peli delle braccia. Dinamiche portate avanti di stagione in stagione risolte in scene senza pathos e profondità emotiva. Nella fretta di chiudere il cerchio, molte sono le cose che ci si è dimenticati alle spalle. La vastità corale di The Walking dead ha gravato non poco sulla narrazione, frammentandola in piccoli pezzi che insieme non mostrano più l’immagine iniziale, o comunque quella che doveva essere. Lo dimostra il sedicesimo episodio intitolato Atti divini, un mid-season finale senza mordente e sconclusionato; l’apice di una barca che fa acqua da tutte le parti. Ma andiamo con ordine.

The Walking Dead e la strada fino ad Atti Divini

Negli episodi precedenti di The Walking Dead abbiamo assistito all’emigrazione temporaneo dei cittadini di Alexandria e Hilltop verso le mura “sicure e confortevli” del Commonwealth. Qui i protagonisti hanno scoperto una società che rispecchia in qualche modo il vecchio mondo, quello prima della pandemia zombie. Ma non è tutto oro ciò che luccica, e il Commonwealth comandato da Pamela Milton e dal suo secondo, Lance Hornsby, inizia a mostrare le sue zone d’ombra. Lo stesso braccio destro della giustizia, Mercer, sembra mostrare seri dubbi sull’integrità della società. Tuttavia, coloro che indagheranno a fondo sul marciume della comunità saranno Eugene, Max, Magna, Connie e sua sorella Kelly; infine si aggiungerà anche Ezekiel, ripresosi dall’intervento.
Fuori dalle mura, Maggia “la vedova” prosegue la sua linea di apposizione al Commonwealth, di cui ha fiutato il tanfo autoritario. La comune di Hilltop si deve però scontrare con le mire espansionistiche di Hornsby che farà di tutto pur di ottenere ciò che desidera, anche allearsi con Leah. Daryl, Aaron e Gabriel si uniranno allo scontro, aiutando Maggie e il neo gruppo comandato da Negan e consorte. Insomma, la carne sul fuoco è molto, tuttavia la scrittura di The Walking Dead non riesce a dare il giusto peso ad ogni singolo storyline; come dicevamo la diversificazione ha le sue problematiche. Atti divini conferma i dubbi iniziali e ne getta di nuovi sulla terza parte in uscita questo autunno. La serie tratta da fumetti di Robert Kirkman è veramente arrivata alla frutta? Non del tutto, ma quasi. Quanto segue conterrà spoiler sulla trama dell’episodio, ma se siete arrivati fin qui è sicuro che abbiate visto il mid-season finale e quindi potete proseguire.

Lo scontro tra Maggie e Leah, tra stereotipi e facili risoluzioni

The Walking Dead 11 - Cinematographe.it

Nel quindicesimo episodio, intitolato Fiducia, faceva ritorno Leah, lasciata fuggire da Daryl alla fine della prima parte. È a lei e a Maggie che la sceneggiatura riserva il momento peggiore, in uno scontro atteso e realizzato in modo posticcio. Maggie, in fuga dalle truppe di Hornsby viene catturata dall’ex fiamma del centauro e portata in un capanno isolato. Qui assistiamo ad un dialogo così stereotipato da chiederci se dietro a tutto ciò non ci siano gli sceneggiatori di Boris. Non solo, Leah (una donna che ha vissuto per anni da sola in mezzo al bosco e in seguito è diventata comandante di una sua comunità) si dimostra una schiappa nel fare i nodi e discretamente miope nel accorgersi che Maggie si sta slegando delle funi con la facilità di Houdini. Inizia così lo scontro tra le due, in cui Leah sembra avere la meglio sulla “vedova” finché all’ultimo non arriva Daryl che le pianta un proiettile in testa; non sia mai che i protagonisti non vengano salvati nel secondo stesso in cui stanno per morire.

A sua volta in nostro caro Norman Reedus è inseguito da un inferocito Hornsby che non riesce neanche stavolta ad acciuffare il proprio nemico. Questa la scena madre di uno sfacelo, di cui possiamo notare anche una scarsa attenzione alle scene action sotto la regia di Catriona McKenzie. La sparatoria tra Daryl, Aaron e Gabriel e l’esercito del Commonwealth rientra in una delle peggiori di The Walking Dead, con tanto di rallenty ed esplosioni di proiettili che ci ricordano il Capodanno. Anche la parte “investigativa” con Eugene a capo mostra le sue lacune, essendo una storyline priva di qualsiasi impatto emotivo. È proprio quest’ultimo la componente che manca in quest’ultima stagione, e che in generale manca da anni; il coinvolgimento è ai minimi storici. La mancanza di un protagonista centrale e in questo caso del Rick Grimes di Andrew Lincoln ha pesato moltissimo sulla serie. Lo dimostrano serie televisive come Vikings e il post Ragnar o The Office dopo l’uscita di Steve Carrell.

The Walking dead e un mid-season finale senza mordente

The Walking Dead 11 - Cinematographe.it

Ben diversa è la strada intrapresa dalla controparte cartacea, quella storia stupenda che è il The Walking Dead di Robert Kirkman. La conclusione del fumetto aveva tutto un altro impatto, in cui Rick e il figlio Carl (ancora vivo) giocavano un ruolo fondamentale. È un finale dolceamaro, commovente e degno di nota, ben lontano dall’indirizzo intrapreso dalla serie, frammentata in troppi volti, tutti protagonisti di un quadro ormai logorato dal tempo. Tuttavia, manca ancora un ciclo di episodi per dare un parare definitivo. La terza parte ci dirà se la serie porterà ad una degna conclusione la storia dei protagonisti o se sarà come Game of Thrones; speriamo ovviamente di no. Inoltre, lo sciame di cavallette alla Il principe d’egitto poco apporta alla storia, per non parlare di una certa sottotrama dal carattere divino; sinceramente non ne abbiamo capito l’utilizzo.

Oltre Maggie, un altro personaggio relegato a semplice macchietta è il Negan interpretato da Jeffrey Dean Morgan. Quest’ultimo, dopo il confronto con il piccolo Hershel (doppiaggio in italiano discutibile), si dimostra fin troppo remissivo. Il percorso richiedeva un nuovo aspetto del personaggio, ma quello visto negli ultimi episodi è ben lontano da ciò che ci aspettavamo. Ciliegina sulla torta una moglie comparsa dal nulla, per giunta incinta. The Walking Dead spinge l’acceleratore e accende anche il Nos come Fast & Furious, dimenticandosi di approfondire alcuni aspetti dei personaggi, Negan compreso. Lo spin-off di prossima uscita incentrato su di lui e Maggie, magari, approfondirà tale aspetto. Nel frattempo non possiamo fare altro che far passare l’estate e attendere la terza parte e magari gli annunciati film su Rick Grimes che sappiamo essere vivo da qualche parte.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.6