The Walking Dead – stagione 9: recensione del primo episodio
Ricomincia The Walking Dead, sperando che finisca il prima possibile. Ecco la nostra recensione della stagione 9 dello show apocalittico
È un nuovo inizio quello che ci racconta la nona stagione di The Walking Dead. Un nuovo mondo, con delle nuove regole, delle nuove realtà, dei nuovi problemi. Tutto quello che aveva costruito l’uomo – mulini a vento, ponti, musei, ma anche civiltà, democrazia e sistema sociale – sta morendo e si sgretola davanti ai nostri occhi e a quelli dei sopravvissuti che ora più che mai sembrano dover fare i conti con le conseguenze a lungo termine dell’apocalisse zombie. Il pericolo non è più prettamente immediato (sebbene emergano senza sosta camminatori affamati ad ogni angolo) e il primo episodio della nuova stagione si è assicurato di farcelo capire benissimo.
Questa recensione sulla stagione 9 di The Walking Dead non contiene spoiler, per la maggior parte. Vi avvertiremo quando inizieremo a rivelare dettagli importanti!
Sono pochi quelli che continuano ad apprezzare il proseguimento della serie ispirata ai fumetti di Robert Kirkman. Davvero pochi. Gli ascolti calano in maniera quasi esponenziale (sebbene The Walking Dead avesse talmente tanto pubblico da essere ancora adesso la serie più seguita dalla televisione americana) e anche gli addetti ai lavori non perdono occasione di rimarcare quanto lo show si stia ormai trascinando sfruttando l’apprezzamento e la buona qualità delle sue prime stagioni.
Questa nona stagione, però, è stata annunciata da subito come una grande novità, spesso come un ritorno alle origini con un’atmosfera di innovazione. Il grande cambiamento è dovuto soprattutto all’arrivo di una nuova showrunner – Angela Kang – che si è da subito prefissata di rifrescare la serie con contenuti e modalità inediti. E la novità è ben visibile. La lente con la quale osserviamo le vicende dei sopravvissuti è diversa e persino la sigla iniziale è cambiata: pur mantenendo – ovviamente – l’iconica musica che ormai conosciamo, The Walking Dead 9 introduce se stesso con un visual più fumettistico, quasi in stop-motion.
La nuova sigla in circa 40 secondi ci spiega in maniera sorprendentemente efficace quello che ci aspetta: la natura che prende il sopravvento sulla civiltà, la ricostruzione, i metodi punitivi del nuovo mondo. Tutto questo diventa chiarissimo se la sigla la guardate dopo aver visto la prima puntata e vi ritroverete ad apprezzare tantissimo lo sforzo della produzione:
The Walking Dead 9: tra novità e ricostruzione – Recensione del primo episodio
Ma la sigla non è l’unica novità dal punto di vista visuale. Gli zombie sono diversi (quasi più raccapriccianti, se possibile) e la scrittura dei personaggi si è modificata per adattarsi al consistente salto temporale che viviamo con la stagione 9. The Walking Dead ricomincia a raccontare circa un anno e mezzo dopo gli eventi della Guerra totale con Negan.
Le comunità stanno cercando di ricominciare, di riprendere le loro vite. Tutti vogliono in qualche modo dimenticare ciò che è stato, guardando avanti, ricostruendo. La fatica, però, non è solo fisica. Il futuro richiede sacrifici, compromessi e scontri. Il futuro non è una garanzia, ma qualcosa per il quale bisogna lottare, consapevoli che ne valga davvero la pena.
Una cosa, però, è davvero chiara: per costruire il futuro, il passato è fondamentale. Ecco perché riscoprire come gli antenati erano stati in grado di costruire infrastrutture, di arare la terra e di mettere insieme società funzionanti, diventa una missione per la quale è necessario mettere la propria vita in pericolo. Simbolo di questo continuo ritorno è il figlio di Maggie e Glenn, che la donna ha deciso di chiamare Hershel, come suo padre, un uomo che molti fan della serie ricordano per l’enorme contributo che diede nell’esistenza dei sopravvissuti. Parallelamente, nella realtà, il primo episodio è proprio dedicato all’attore che gli diede vita, Scott Wilson, scomparso sabato 6 ottobre. Un addio amarissimo quello a Wilson che – secondo alcune fonti – avrebbe girato delle scene di flashback proprio per questa nona stagione.
Attenzione: da questo momento potrebbero seguire spoiler del primo episodio di The Walking Dead 9
La grande protagonista della nona stagione è la Maggie di Lauren Cohan. Maggie la sanguinaria. Maggie la terribile. È lei la leader più concreta che il mondo di The Walking Dead vuole presentarci. Ufficializza la sua posizione con un’elezione democratica (non è una regina come Ezekiel e non è salita al potere con un colpo di stato come Rick), si guadagna la fiducia della comunità di Hilltop, ma paga gli errori commessi in precedenza, tutti accumunati dalla fiducia che poneva in Rick. Sì, il personaggio di Andrew Lincoln è l’eroe, lo è sempre stato, ma se guardiamo alla serie con occhi (per quanto possibile) realistici, non possiamo che parteggiare per la grande svolta egoistica di Maggie. La sua Hilltop si merita di ricevere qualcosa in cambio dal Santuario che, fino a poco tempo prima, tendeva la mano per reclamare provviste con violenza e costrizione (la mano che tendeva era solo una, perché l’altra era impegnata a stringere Lucille, pronta a fracassare la testa di coloro che non erano d’accordo).
I tempi sono cambiati. Hilltop è la comunità più prosperosa, meglio organizzata. Il granaio del nuovo mondo zombieficato. Alexandria è il polo burocratico, dove Rick prende decisioni che poi sottoporrà agli altri leader. Il Santuario è una fabbrica, un unico ingranaggio sterile e che, per sopravvivere, ha bisogno del sostegno degli altri. E il Regno? Il Regno è in ginocchio, impegnato a rialzarsi (anche se la cosa fondamentale è la storia d’amore tra Carol e Ezekiel, tanto adorabile quanto improbabile).
The Walking Dead 9 e il finale mancato – recensione del primo episodio
Ma tutti questi cambiamenti, queste rivoluzioni narrative, visive e produttive, servono a qualcosa dentro e fuori dalla serie? La risposta è un fragoroso: nì. Da un lato era inevitabile che servisse una scossa da tutti i punti di vista per movimentare le cose, quindi non possiamo che essere soddisfatti di una mutazione che, in fin dei conti, non è per niente negativa, anzi. Per quello che abbiamo potuto vedere in questa prima puntata, le cose potrebbero essere di nuovo interessanti (almeno per un po’).
D’altro canto, però, The Walking Dead è stanco. Gli spettatori si sono ammosciati da tempo (almeno, quelli che nel frattempo si sono evoluti verso una televisione più qualitativa, che quantitativa) e persino gli attori sembrano parecchio svogliati. Lo diciamo ogni volta e lo ripetiamo: qualcuno dovrebbe mettere la parola fine a quella che, ormai, sembra una grande sofferenza per tutte le parti coinvolte. E l’occasione c’era stata con l’ottava stagione: la morte di Carl, la risoluzione del conflitto e l’incertezza del futuro sarebbero stati la conclusione perfetta del viaggio, ma ci pare abbastanza ovvio che – ancora una volta – il buon senso abbia lasciato spazio a qualcos’altro di non ben definito, ma molto, molto simile a uno stormo di avvoltoi che vola in circolo su una carcassa. E non è uno zombie, questo è morto per davvero.