Them: recensione della serie horror targata Amazon Prime Video
L'orrore dell'America razzista di metà novecento arriva su Prime Video con Them, la serie horror di Little Marvin.
Trauma, terrore e sofferenza. Sono i tre assi su cui si muove Them, la nuova serie di Prime Video creata da Little Marvin. L’orrore dell’America di metà novecento (e non solo) arriva sui nostri schermi con forza disarmante. Siamo subito sprovvisti dei mezzi per riuscire ad attutire il colpo e, in un crescendo di tensione, saremo continuamente sopraffatti dalla storia e dai suoi personaggi. Them si basa sul fatto di non essere alla portata di tutti, l’angoscia che attanaglia i protagonisti è la stessa che grava sullo spettatore come un macigno. Il razzismo istituzionalizzato, come quello che più viscerale e selvaggio, prende vita in un racconto che arde di rabbia, dal primo all’ultimo episodio. L’orrore è qui mentale, un parassita che si annida nelle menti delle vittime come dei carnefici. Il sovrannaturale acquista forma e corpo verso la fine, in un nemico fisico da combattere. Ma se visto in un’ottica più profonda, è solamente l’incarnazione del disagio, del trauma e del terrore.
Them è una serie potente, ma pecca a più riprese nella sovrabbondanza di elementi. Momenti che non trovano risposta, né collocazione all’interno della totalità della storia; personaggi inseriti a forza, e poco coerenti con il prodotto. Tutto ciò fa abbassare l’asticella di una serie che, sprovvista di questi fronzoli e merletti, avrebbe acquistato maggior spessore. Le ampie digressioni rendono la narrazione pesante; in modo superfluo. Una regia attenta e interessante, come l’ottima recitazione dei protagonisti riescono ad ovviare questi errori, e a correggere il tiro di un ottimo prodotto. Them potrebbe essere accostato, in contrapposizione, ad Us di Jordan Peele, o al più recente Lovecraft Country. Molti sono gli elementi in comune, ma nella forma la serie se ne discosta, trovando così una sua ragion d’essere, un’emancipazione da chi l’ha preceduto. L’America razzista ha qui un nuovo volto, quello degli abitanti di Compton.
Them: le assi insanguinate su cui poggia il sogno americano
Them è ambientata negli anni ’50, nel decennio in cui ebbe luogo la Grande Migrazione. In massa la popolazione afroamericana abbandonava il sud del paese, fuggendo così dal razzismo più crudo e dilagante del Jim Crow Belt. La speranza di una vita migliore e, soprattutto, più dignitosa risiedevano nella West Coast e nelle grandi zone industriali. Protagonisti di questa storia sono gli Emory, il reduce di guerra e ingegnere Henry (Ashley Thomas), l’insegnante Livia (Deborah Ayorinde) e le loro due figlie: Ruby (Shahadi Wright Joseph) e Gracie Lee (Melodie Hurd).
La famiglia lascia la propria casa al sud, dopo un terribile trauma, per trasferirsi in California nel bianchissimo sobborgo di Compton. Ma qui non troveranno quella pace tanto agognata. Il vicinato si dimostrerà fin dà subito ostile alla loro presenza, come se solo il loro passaggio possa minare il loro stile di vita. Il candido sogno americano sporcato da coloro che hanno diviso il paese. Come sempre la macchia del peccato si trasforma in rabbia, in avversione verso coloro che hanno causato quel senso di colpa. Una rabbia ingiustificata muove le azioni di queste persone, un odio viscerale che ha radici profonde. In Them tutto ciò si incarna nelle Betty Wendel di Alison Pill, la non così perfetta casalinga che farà di tutto affinché i nuovi arrivati non rimangano a lungo nella sua strada. Un luogo idilliaco che si poggia sui grandi valori dei padri fondatori. L’ipocrisia egocentrica che pone l’uomo bianco civilizzato al di sopra di tutti e tutto.
L’alienazione distruttiva causata dalla lotta al nemico invisibile
Ashley Thomas e Deborah Ayorinde sono bravissimi nell’immortalare il profondo disagio dei loro personaggi. I loro volti racchiudono tutto, il loro corpo si muove contratto ed esasperato. I due ci afferrano per il colletto, ci strattonano e ci portano direttamente dentro lo schermo. Una volta dentro possiamo sentire il marciume, le assi insanguinate e le urla silenti di un mondo che ha ben poco di civilizzato. Le azioni degli abitanti di Compton sono una vera e propria tortura, di quelle che abbiamo imparato a conoscere e a disprezzare. Deprivazione del sonno, della dignità e di un nome. L’alienazione dei soggetti è sulla soglia di casa, nel vialetto e in quella cantina oscura. L’uomo bianco tinge di rosso la culla dello straniero, il mostro di cerone dalla forza animalesca; un fantoccio cucito con fili di retorica e stereotipi.
Them porta l’orrore dentro la mente, in corpi trasfigurati dal peso del loro passato. La tensione è un crescendo, un rullo di tamburi sempre più forte. L’esasperazione degli Emory ha radici profonde e il loro trauma è ancora fresco. Il flashback nella vecchia casa, con il piccolo Chester lanciato come un pallone dentro un sacco è davvero devastante. Le facce grottesche, deformate dall’obbiettivo gravano come un macigno. I jumpscares sono costruiti in modo ottimale, funzionali alla suspense degli episodi. I mostri risiedono dentro di noi, sono i fantasmi del passato che contaminano il presente con la loro voce. Ma la famiglia Emory non demorde, non molla, lotta con i propri demoni e con quelli esterni. È una guerra dentro e fuori dal corpo, a quel sopruso che si annidato come un parassita. Emblematica è la scena finale della stagione, con la famiglia in piedi e risoluta contro un quartiere, contro un mondo avverso. Lo stacco di montaggio non ci fa vedere cosa succederà, perché questa guerra non ha ancora una fine.
Them e quell’allontanamento dalla trama che mina il successo
La serie poggia su ottime basi, dalla regia alla scelta delle musiche, dalla recitazione alla fotografia. Ma Them fa un unico grande errore: perdersi in storyline che niente apportano alla trama. Caso emblematico è quello di Betty Wendel, che gli sceneggiatori portano su una strada fine a sé stessa, e che di certo non assolve la casalinga; vittima dei suoi stessi errori. E allora quel bunker acquista valenza nulla, così lontano dalle strade di Compton. Il personaggio interpretato da Ryan Kwanten poteva essere utilizzato in modo più funzionale, e invece va a perdersi in una piccola parentesi che, oltretutto, rende meno consistente la storia di Betty.
Questa scelta, come molte altre, appesantiscono la narrazione, fanno perdere il focus ad una serie quasi perfetta. Per fortuna, al netto dei suoi errori, Them non cade totalmente nella trappola, e si salva grazie dal baratro dell’autodistruzione. Come sappiamo la serie ha una struttura antologica, come American Horror Story, ed è stata confermata una seconda stagione. Con queste premesse, e magari qualche accorgimento, si prospetta un susseguirsi di storie ben costruite, realizzate da un team capace e ingegnoso. Them è una serie che farà discutere, come all’uscita fece il suo trailer, e il piano della discussione su questa storia apre a mille interrogativi sul nostro mondo, sulla nostra società e sul futuro che vogliamo intraprendere.
La serie è disponibile integralmente su Amazon Prime Video.