Tour de France – Sulla scia dei campioni: recensione della serie Netflix
Tour de France: sulla scia dei campioni, docuserie in otto parti per raccontarci la gara più famosa del mondo e i segreti dei suoi protagonisti. Dall'8 giugno 2023 su Netflix.
È la più prestigiosa gara ciclistica del mondo, manifestazione sportiva tra le più antiche in assoluto (prima edizione 1903). Autentico, inossidabile, eterno feticcio culturale, oltre il livello di interesse, la competenza e la curiosità per la materia. Non è una gara, il Tour de France; molto semplicemente, è la gara. Adesso, tra le altre cose, anche l’oggetto di un’interessante documeserie in 8 parti disponibile su Netflix a partire dall’8 giugno 2023 e che si chiama Tour de France: sulla scia dei campioni. La serie mantiene ciò che il titolo promette. Assicuratevi di prenderlo alla lettera prima di cominciare a pedalare (metaforicamente).
Naturale che il consenso per un’operazione così abbia un che di oscillante, a dir poco. Dipende dal rapporto che lo spettatore intrattiene con la pratica sportiva. Il novellino che sa poco o niente, del ciclismo, della corsa e dei suoi eroi, troverà lacrime e sudore per rimpolpare la sua immaginazione e abbastanza pane per i suoi denti. Il ciclista consumato accoglierà l’operazione con un mix di speranza e giustificato scetticismo. La necessità di rivolgersi a un pubblico ampio impone compromessi, semplificazioni e scorciatoie. Tour de France: sulla scia dei campioni riesce a far arrivare con una certa incisività due verità fondamentali: la gara è fantastica. E il ciclismo è uno sport che come pochi altri mette l’uomo, l’atleta, a confronto con i suoi limiti e i suoi demoni.
Tour de France – Sulla scia dei campioni: abc di una gara leggendaria, attraverso il racconto dei suoi eroi
Il Tour de France, altrimenti detto Grande Boucle, sarebbe a dire il grande boccolo (o ricciolo), il percorso della gara si attorciglia intorno alla Francia, prima di arrivare a Parigi, quasi a riprodurre quella forma particolare, è una manifestazione ciclistica su strada, per professionisti, a tappe. È l’abc della gara, il livello generale di conoscenze senza il quale non si può andare avanti. Tour de France: sulla scia dei campioni chiarisce le eventuali zone d’ombra giusto all’inizio del primo episodio. Le tappe sono 21, compresa l’infuocata (velocissima) passerella finale sugli Champs-Élysées. Il vincitore della singola tappa non può, automaticamente, avanzare pretese sulla gara. Questo perché l’ambita maglia gialla si assegna al corridore che viaggia più veloce degli altri, ma sulla base della classifica generale (abbreviata dagli atleti in CG). Solo chi somma i tempi migliori per tutte le 21 tappe porta a casa la vittoria. C’è un podio per tre e un posto soltanto, pensano tutti, per cui valga la pena combattere.
Tante squadre, tanti atleti, tante storie. Tour de France: sulla scia dei campioni è il racconto dell’edizione 2022, la prima in un clima di sostanziale normalità dopo le precedenti rassegne pandemiche (rimangono ancora tante mascherine). Non tutte le squadre e tutti gli atleti hanno accettato di farsi seguire dalle telecamere prima, durante e dopo le tre settimane di gara. Si parte all’estero, in Danimarca, arrivo a Parigi e nel mezzo un bel po’ di fatica e scenari mozzafiato. Borghi storici, il maledetto pavè, le salite, gli infiniti tornanti. Alcuni tracciati, la leggendaria Alpe d’Huez, hanno forgiato la mitologia della gara e, più in generale, la mistica di questo sport. Compito della serie, illuminare il dietro le quinte per aumentare la consapevolezza su quel che accade in strada. Quindi, fari accesi sulle squadre: cosa significa essere il capitano (leader) e con quali responsabilità, cosa fa un gregario, qual è il compito di un direttore sportivo. Quali sono gli infortuni tipici del ciclista, gli scheletri nell’armadio e il rapporto con il doping, forma e sfide di ogni tappa.
Il racconto della gara è un Tour a misura d’uomo: si parte dal totale, la massa indistinta che aggredisce compatta il terribile (perché faticoso) asfalto francese, per isolare in primo piano le singole macchie di colore, gli atleti. Dietro lo sportivo l’uomo, dietro l’uomo un carattere. Ce n’è per tutti i gusti. La glaciale autorevolezza di Tadej Pogačar, il campione in carica, l’uomo macchina dal sorriso che uccide. La sobria determinazione di Jonas Vingegaard, l’unico che sembra aver le carte in regola per scalzare il re ma chissà come andranno le cose, anche perché il suo team (Jumbo-Visma) è massacrato dalla sfortuna. Il “vecchietto” Geraint Thomas, che un Tour l’ha già vinto e qui corre per il podio e per scacciare il fantasma del ritiro. Jasper “Disaster” Philipsen, velocista prodogioso ma sbadatissimo; ai nastri di partenza del 2022 non ha vinto una tappa del Tour, ci va spesso vicino, incappando in un’involontaria ma epica figuraccia. Fabio Jakobsen, nel 2020 in terapia intensiva dopo una caduta orrenda; due anni dopo è pronto per il miracolo. Thibaut Pinot, il francese al Tour che prova a fare il profeta in patria e corre con il peso del mondo sulle spalle. Il potenziale drammatico è notevole. Filo rosso, l’uomo faccia a faccia con i suoi fantasmi. Il mantra è resistere. Nel corpo, nella mente.
Il fattore umano
Capitani e gregari, in gara e sullo schermo. Sì perché la serie, nella sua ambizione di fotografare la totalità dell’esperienza Tour de France – manifestazione sportiva, affaire economico, evento mediatico, risonanza culturale – si concentra soprattutto sul racconto privato e pubblico degli eroi, dei protagonisti. Quelli che possono farcela davvero, a vincere. Manca forse il controcampo, una cronaca più strutturata della vita del gregario, l’eroe misconosciuto che sacrifica le tensione della vittoria per preparare il trionfo dell’altro – l’amico, il leader – specchiandosi nei successi altrui e di qui traendo tutta la soddisfazione necessaria. L’esistenza del gregario ha, in sé, un potenziale poetico/drammatico enorme, ma Tour de France: sulla scia dei campioni se ne occupa solo marginalmente. Comprensibile, il tempo a disposizione per raccontare la gara non è illimitato (8 episodi) e le angolazione sono tante. Una prospettiva del genere funzionerebbe meglio in una storia di fiction. Il documentario, ha necessità stringenti.
L’impressione è di saperne di più, a visione terminata. Vale soprattuto per chi, del ciclismo e delle sue leggende, conosce solo le basi e deve impegnarsi per colmare le lacune. La scelta di privilegiare la cronaca intima, le tribolazioni e le speranze dei campioni, può tuttavia aiutare lo spettatore più appassionato a entrare dentro i meccanismi della serie, trovando quei lampi di orginalità che gli sono assolutamente indispensabili, perché il resto già lo sa. Dipende molto dal carattere e dal vissuto del singolo ciclista, ovviamente; ci sono però degli interventi che lasciano il segno.
Su tutti, l’epopea malinconica di Geraint Thomas, il grande vecchio che corre ribellandosi al tempo che passa e all’inevitabile declino; i giovani incalzano, l’anagrafe incombe, le salite sono sempre più ripide, lui però non molla. O magari la testimonianza della moglie, qui le donne sono ai lati del quadro, che ci racconta cosa si prova a guardare in tv tuo marito che precipita in un dirupo (storia vera) senza poter far nulla per impedirlo, se non smettere di guardare le gare una volta appurato che non si è fatto nulla. Se l’obiettivo era legare in un solo sguardo la cronaca del grande evento e la scoperta delle tante piccole storie che ne animano il mosaico, allora Tour de France: sulla scia dei campioni il suo l’ha fatto.
Tour de France – Sulla scia dei campioni: conclusione e valutazione
Certo un prodotto pensato per un pubblico di inesperti desiderosi di saperne di più, gli appassionati di ciclismo forse avranno qualcosa a che ridire, Tour de France: sulla scia dei campioni ha comunque verve, un buon ritmo e sa come restituirci un ritratto della gara capace di armonizzare la cronaca dell’evento con uno scavo più puntuale nel privato e nel mestiere dei protagonisti. Man mano che si procede, si ha davvero la sensazione di capire cosa stia succedendo. Soprattutto, perché.