Trying – Stagione 2: recensione della serie AppleTV+
Trying torna con una seconda stagione che allarga la riflessione sullo stato delle coppie nel mondo di oggi e gioca con il tradizionalismo inaspettato dei millennials.
Nikki e Jason sono pronti: ora possono avere un figlio. Ma adottare è più difficile del previsto, un’avventura che merita di essere raccontata. Non era bastata la prima stagione di Trying per essere esaustivi, dunque ecco – dal 21 maggio su Apple TV+ – otto nuovi episodi. Nonostante l’anno di distanza, e una pandemia che nella serie non esiste, non sembra trascorso un minuto. La serie TV di Andy Wolton è ancora tutto un fischiettio immerso nell’indie di Camden Town. L’identità di Trying appare integra ma estesa. Ai due protagonisti si affiancano nuovi centri che distraggono dal percorso. Perché, al di là di tutto, siamo qui per sapere se Nikki e Jason riusciranno a diventare genitori. Nel frattempo, non dispiacciono le distrazioni che Wolton imbastisce per allungare la strada. Le vie secondarie si siedono all’ombra dell’obiettivo ultimo della serie e diventano così riti di passaggio; momenti iniziatici nella vita di un genitore.
Trying – Stagione 2: Il mondo delle coppie
Trying è ora una prova diversa. Da tentativo di concepire un figlio a sforzo per adottarlo, è ora prima di tutto impegno – strenuo ma appassionato – a restare insieme. La coppia, in senso ampio e imprevedibile, è la protagonista della seconda stagione della serie TV Apple. Nikki e Jason diventano centri di gravità attorno cui ruota una vasta fauna relazionale. Le generazioni si confondono e accanto agli amici Erica (Ophelia Lovibon) e Freddy (Oliver Chris) – incontrati sull’uscio matrimoniale tra separazioni e nuovi compagni – troviamo Sandra (Paula Wilcox), madre di Jason pronta a lasciare tutto per un lungo viaggio. La sorella di Nikki, Karen (Sian Brooke), è invece indecisa sul matrimonio con l’intellettualoide Scott (Darren Boyd), che cercherà però di riconquistarne il cuore.
Restare – provare – è una faccenda a due. E Nikki e Jason sono la coppia modello dello show. Loro provano, davvero. Eppure, da quando hanno deciso di adottare, non sono stati fortunati. Il loro è un percorso sincopato tra il miraggio di un traguardo e repentine battute d’arresto. Mentre attendono notizie si prendono cura degli affetti. Nella prima stagione, quando le selezioni per l’adozione avevano rimestato nella loro vita privata, avevano scoperto l’importanza di una rete che li sostenesse. Ora tocca a loro. Gli amici sembrano prepararli alla vita da genitore. Freddy è un bambinone individualista; rimetterlo al suo posto – e riavvicinarlo ad Erica e i figli – sarà opera di Nikki e Jason. Ancora una volta, Trying vede l’amore nella quotidianità e nell’eccezionale. La vita di tutti i giorni, vivida e contemporanea (quale coppia oggi non parla di ciò che conta davanti a un documentario guardato al pc?), affianca i gesti plateali. Ma il racconto della routine è un elemento dirompente quanto un tuffo nel Tamigi. Così Trying, riflessione sullo stato delle coppie, è anche termometro di una generazione.
I millennials sull’altare
Quando Freddy lascia la compagna – di molto più giovane di lui – rimane colpito dalla sua velocità di ripresa. Millennials e Generazione Z non abitano lo stesso luogo. I secondi, fluidi come il sorriso della ragazza che a fine episodio vediamo saltellare come nulla fosse, ridono dei primi. I millennials di Trying non hanno potere sul mondo. Vivono a colloquio, in attesa di un responso. La seconda stagione affastella giudizi e incertezze, tra tentate promozioni di lavoro – anche qui Nikki se la deve vedere con l’imprevedibile e giovanissima collega – e spinte contrastanti sul futuro delle relazioni.
Il terreno su cui Trying organizza la propria riflessione rimane infatti la coppia. È qui il teatro di una generazione suo malgrado tradizionalista, che piroetta su se stessa per ritrovarsi all’altare. Il matrimonio gioca da addensatore e nella seconda stagione mette in conflitto visioni del futuro inconciliabili. C’è il matrimonio della vecchia guarda – per la madre di Jason significa rimpianto, per il padre era protezione da una solitudine con cui non si sono mai fatti i conti – poi quello nuovo e già consumato, quello finito prima di iniziare e, ovviamente, Nikki e Jason; speranza ultima di un nuovo romanticismo. Trying è la via tradizionalista di una generazione che non ha cambiato il mondo e ne assume i simboli; su anelli e stanze di case-nidi si proiettano utopie.
Trying non è ancora la serie perfetta ma è sulla buona strada. La seconda stagione, che apre alle riflessioni più disparate, rallenta l’intimità del suo esordio in vista di una serie a lunga gittata. Apple TV+ scommette dunque su Trying e spera in una terza stagione in cui riassestare l’ordine delle vicende, nel frattempo ampliate a un gioco corale. Il centro dovrà tornare a essere l’adozione di Nikki e Jason, come il finale ha alluso con un cliffhanger coerente e previsto. Nonostante il caos controllato, Trying è ancora – e dovrà essere – una piccola storia di quartiere cui guardare per rinvenire tracce di un nuovo mondo di piccoli adulti.