Tulsa King – Stagione 2: recensione della serie TV con Sylvester Stallone

Energia, arguzia e profondità fanno del personaggio interpretato da Stallone un perfetto boss di Tulsa.

Dwight Mafredi ci stupisce con la sua verve nelle dieci puntate della seconda stagione di Tulsa King che debutta il 15 settembre 2024 su Paramount+ e segna il ritorno dell’affascinante ed elegante boss mafioso italoamericano interpretato da Sylvester Stallone, che cambia completo quasi a ogni scena. La serie prodotta da Taylor Sheridan alza l’asticella e regala ai suoi fan una seconda uscita ancora più forte e vivace in cui diminuisce l’influenza di Sheridan, mentre aumenta l’input creativo di Winter e Stallone, creando una solida evoluzione per lo spettacolo – da dramma mafioso a un’incursione nel genere familiare – grazie a due nuovi splendidi antagonisti: Frank Grillo e Neal McDonough.

Tulsa King – Nella seconda stagione Dwight apre bottega a Tulsa nel business della marijuana

Mentre la prima stagione ha visto cinque registi dirigere nove episodi, la seconda impiega Craig Zisk (Halo, Intervista col vampiro) in più di un episodio, con Joshua Marston (Ray Donovan, Billions) e Kevin Dowling (The Americans, Mayans MC). Piuttosto che avere uno showrunner convenzionale,  Tulsa King 2 vede Zisk supervisionare la serie come regista e produttore esecutivo. Le inquadrature danno importanza alla figura umana, stringono continuamente sui personaggi che sono effettivamente la risorsa principale dello show. «C’è una linea molto sottile tra i criminali e gli uomini d’affari», afferma il protagonista dopo esser tornato sulla scena, in un’apertura di tutto rispetto; dietro le sbarre insegna “la legge del più forte” ad un nuovo arrivato. Nel secondo ciclo di episodi Dwight (Sylvester Stallone) e la sua ciurma continuano ad innalzare e difendere il loro impero in crescita a Tulsa in Oklahoma, ma si rendono conto che non sono gli unici a voler rivendicare il loro diritto. Con le minacce incombenti della mafia di Kansas City e di un uomo d’affari locale molto potente, Dwight prova ad avviare il nuovo business nella “semilegalità” e lotta per mantenere tutti al sicuro.

Energia, arguzia e profondità fanno del personaggio interpretato da Stallone un singolare boss di Tulsa

Tulsa King 2 è altrettanto buona, se non migliore della prima stagione. Sylvester Stallone è ormai perfettamente allineato alla natura del suo personaggio, Dwight Manfredi, ma anche alla sua energia, arguzia e intensità come nuovo capo di Tulsa. Con Frank Grillo e Neal McDonough che dimostrano di essere degni oppositori, questa nuova stagione piuttosto che essere definita o accomunata come “l’ennesimo show dell’ideatore di Yellowstone”, si distingue dalle altre serie create da Taylor Sheridan.

Tulsa King – Stagione 2: valutazione e conclusione

Parte lentamente ma imposta le basi per uno scontro effervescente e rischioso tra Dwight Manfredi e i suoi nuovi antagonisti interpretati da Frank Grillo e Neal McDonough che funzionano molto bene in questa seconda stagione: Grillo – robusto contraltare alla forza di Stallone – ha la carica giusta nei panni di Bill Bevilacqua e Neal McDonough lo seguiamo per la sua “energia sinistra”, una cosa per cui è diventato famoso dopo alcuni sui ruoli come il villain Damien Darhk in The Flash e Arrow. Per concludere che Tulsa King 2 è ovviamente violenta, ma ha anche un tono leggero, arguto e divertente che la colloca tra le serie gangster interessanti.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.2