Una famiglia quasi normale: recensione della serie TV Netflix
Un racconto che riguarda tutti.
Una foto di famiglia, padre, madre, figlia. Una famiglia normale, anzi normalissima. Cosa c’è dietro quell’istantanea? Tantissimo. Racconta di questo nucleo Una famiglia quasi normale, intensa miniserie svedese (6 episodi), disponibile su Netflix dal 24 novembre 2023, tratta dal romanzo omonimo di Mattias Edvardsson, diretta da Per Hanefjord. Sembrano una famiglia come molte altre, felice, serena ma poi accade qualcosa di terribile che cambierà per sempre le cose. Stella (Alexandra Karlsson Tyrefors), figlia di Adam Sandell (Björn Bengtsson), prete molto amato e apprezzato dalla comunità, e di Ulrika (Lo Kauppi), avvocata seria, amante del proprio lavoro, va in gita al campeggio con la scuola e viene stuprata da uno degli assistenti del coach. Adam e Ulrika, sconvolti dalla notizia, decidono sul da farsi: il primo vorrebbe subito andare a denunciare la violenza, la madre opta per il silenzio, dice che per esperienza è sempre la vittima a pagare il prezzo più alto. Così la scelta per loro e solo una: tacere. Una famiglia quasi normale però narra di qualcosa d’altro, Stella è accusata di omicidio, di aver ucciso il suo ragazzo. I genitori decidono di aiutare e proteggere la figlia. La verità è proprio quella che appare?
Il racconto del trauma e del senso di colpa, applicato alla vita di una ragazza che vive con un enorme peso
Stella ora ha 19 anni, sembra molto diversa da quella ragazzina di 15 anni che lo spettatore ha incontrato nell’incipit della serie ma non potrebbe essere altrimenti. Subire una violenza, non essere creduta, non avere il sostegno dei propri genitori, tacere, sono ferite che distruggerebbero chiunque. Stella è ribelle, scontrosa, non vuole essere controllata, non ammette le intromissioni dei genitori, una persona per lei importante è Amina (Melisa Ferhatovic), la sua migliore amica, che ora però le è più distante perché la ragazza, a differenza di Stella, ha iniziato l’Università. Proprio mentre è con Amina, Stella, la sera del proprio compleanno, incontra un ragazzo, Chris Olsen (Christian Sundgren) più grande di lei, con cui “fugge” passando una serata meravigliosa. La ragazza inizia a frequentare Chris che è bello, misterioso, dolce e anche passionale. Sarà la prima indiziata quando troveranno il giovane, morto.
La famiglia di Stella ripiomba in un inferno. La serie mostra come il trauma del passato è sempre lì pronto ad esplodere. La violenza sessuale, taciuta e mai affrontata del suo passato, è una ferita dentro di lei, continua a tormentarla. Nel mondo medio borghese della sua famiglia, parlarne è impossibile, appare insostenibile sentire le parole di molti anni prima della madre che, invece di spingere la figlia a denunciare, continuava a dire al marito di quanto fosse difficile per la vittima vivere sotto una lente di ingrandimento, quanto le vittime diventassero carnefici e gli stupratori vittime. Questo è uno dei primi errori che provocheranno uno squarcio in Stella che la farà sentire sempre colpevole di qualcosa di cui era vittima. Diventano stridenti le parole della madre della Stella quindicenne che aveva solo bisogno di sostegno e di cura, sembrano inevitabilmente ricadere sulla Stella di oggi irrigidita, dura, tutta nervi come se in questi anni si sia dovuta armare contro un mondo spietato e poco accogliente.
Per questo Stella non parla molto con i genitori e non racconta loro della frequentazione con Chris. La solitudine in cui lei vive è una delle dolorose caratteristiche della sua esistenza. Stella fa tutto in silenzio, senza confidarsi con nessuno.
Una famiglia quasi normale: i segreti dei Sandell
Per Stella la violenza sessuale subita è come una spada di Damocle, è una lacerazione aperta. Il trauma è lì, presente e per lei è quasi impossibile non vedere la lei quindicenne su lettino del capanno in cui ha subito lo stupro da parte di un adulto che ha puntato il dito su di lei.
La ragazza è ora accusata di essere un’omicida, sarà stata la gelosia, sarà stato il suo carattere complesso, questo dicono quando iniziano ad indagare, eppure, Chris è proprio un bravo ragazzo. Il padre e la madre di Stella, senza dirselo, fanno di tutto per proteggere la ragazza, anche questo vuol dire quel “quasi normale” del titolo. “Quasi normale” perché spesso tacciono, perché spesso mentono, perché spesso non dicono e non ascoltano. “Quasi normale” perché per salvare la figlia omettono ciò che sanno, cancellano e fanno sparire indizi, eppure una è un’avvocata e l’altro un pastore. Vogliono eliminare tutti quegli indizi che sembrerebbero portare alla colpevolezza di Stella, si concentrano sul fatto che non viene trovata l’arma del delitto e c’è solo un testimone che ha visto la ragazza vicino al luogo del delitto.
“Quasi normale” perché Ulrika e Adam sono per tutti due eterni ragazzini, sempre innamorati e complici ma in realtà sono più distanti che mai, tra di loro c’è un buco nero che si è aperto anni prima e si è allargato fino a quando non ha inglobato tutto. La famiglia al centro è disfunzionale, i legami tra le persone si fanno lembi sfilacciati di una coperta troppo corta che non riesce a coprire tutti, sempre.
Una famiglia quasi normale: una riflessione su tematiche importanti che riguardano tutti
Nella seconda metà Una famiglia quasi normale è un crime e un procedurale, al centro c’è il processo fatto alla ragazza. La serie è molto più di un freddo e intenso noir perché riflette su tematiche universali, diventando un profondo dramma familiare che riflette su argomenti complessi e attuali. La questione non è poi tanto chi è il colpevole ma in che modo sono andate le cose. Lungo gli episodi la tensione è alta ed è alta anche la rabbia di chi guarda. Lo spettatore viene trascinato nella storia, è accanto a Stella, vede i segni e assiste alla deflagrazione della protagonista e del suo dolore.
Le figure femminili della serie sono centrali, oltre a Stella ci sono la sua mamma, Amina, l’amica di Chris, la psicologa che aiuta la protagonista a lavorare sul trauma, le avvocate e la giudice. Sono molte, complesse e spesso contraddittorie, nemiche quando si avrebbe più bisogno di supporto, nemiche perché così il mestiere impone ma è eticamente e idealmente faticoso da accettare.
Una famiglia quasi normale: valutazione e conclusione
Una famiglia quasi normale è una miniserie dura, dolorosissima anche perché la violenza sulle donne è una ferita pulsante. I temi che la serie mette in campo sono complessi e si mescolano con il thriller e la suspense sempre crescente. Chi guarda partecipa alla storia, si sente coinvolto, riflette sui grandi argomenti trattati. La scrittura è piuttosto semplice, lavora su più linee temporali e nel primo episodio anche su tre punti di vista (quello della madre, quello del padre, quello di Stella). La serie riesce a coinvolgere tanto da farci interrogare: cosa siamo disposti a fare per salvare chi si ama? Quanto è importante la moralità se c’è l’amore?