Una strada verso il domani: recensione delle miniserie tedesca su Rai Play
Dopo Ku'damm 56 e Ku'damm 59, Una strada verso il domani, Ku'damm 63 prosegue la saga tedesca che racconta le vicissitudini familiari di una madre e le sue figlie nel mezzo della guerra fredda, tra echi del passato e il nuovo che avanza per scrivere un futuro diverso.
Disponibile su Rai Play, Ku’damm 63 tradotto in Una strada verso il domani è una serie tedesca di tre puntate da 90 minuti che si segue in maniera scorrevole e con discreto piacere: complice è una fotografia brillante e un’estrema cura nei costumi e nella scenografia, che contribuiscono ad immergerci nell’atmosfera della Berlino Ovest. E per fortuna non si tratta di una patina accattivante che delude in termini di sceneggiatura: la storia di Caterina Schöllack e le sue figlie Monika, Helga ed Eva, tutta al femminile, coinvolge sin dal primo episodio.
Una strada verso il domani: la trama della fiction tedesca
La vigilia di Natale di Caterina Schöllack (Claudia Michelsen) e delle sue figlie Monika (Sonja Gerhardt), Helga (Maria Ehrich) ed Eva (Emilia Schüle), non si prospetta come avrebbero immaginato: i piani di organizzare un cenone in famiglia saltano quando Helga brucia un pollo arrostito a cui aveva dedicato un mezzo pomeriggio di preparazione, ma soprattutto quando Caterina viene investita da un autobus.
L’incidente per fortuna lascia a Caterina solo un busto da portare, ma tuttavia sarà indispensabile l’assistenza delle figlie, che sanno quanto gestire la loro madre sia alquanto complicato, considerato anche il suo desiderio di voler avere sempre voce in capitolo nella vita delle sue figlie, ciascuna intrappolata in unioni non del tutto felici. Helga infatti incrina il suo matrimonio lasciandosi travolgere dalla passione per un ballerino argentino, Monika fatica a comprendere suo marito Joachim che sente sempre più distante ed Eva è costretta ad affiancarsi ad un marito violento, a cui è unita solo da un ricatto.
Emancipazione femminile e sociale nella Berlino Ovest, a suon di musica, danza ed eleganza
Se l’eleganza di Una strada per domani è uno dei pregi di questa mini serie, lo è sicuramente meno nella concezione antiquata che ne ha Caterina, la madre di tre ragazze che a differenza di lei sentono i tempi che cambiano e il desiderio di un’emancipazione sociale e femminile, che promette un futuro se non migliore quantomeno a misura di una vita, quella degli anni 60′ e non più quella degli anni ’50, che richiede nuove priorità ed esigenze.
E quelle priorità vengono espresse in questa serie attraverso la danza, con l’incedere di balli del diavolo come il tango, la musica, che va in cerca di testi ancorati al presente e alle sue problematiche come quella dell’emancipazione femminile, e i rapporti incrinati delle relazioni, dove l’istinto e la passione chiedono di prevalere sulle unioni di convenienza che anzi, si mostrano fallimentari. A cominciare dal matrimonio di Eva, nato per puro interesse e in piena dipendenza da uomo ricco, potente e affermato che può tanto aprirle quanto sbarrarle la strada nella società. Lo è quello di Helga, che non condivide da anni una sessualità con suo marito, che ha dovuto reprimere necessariamente la sua natura omosessuale.
Una strada verso il domani riesce a raccontare i cambiamenti e le evoluzioni della Berlino Ovest cercando una strada narrativa che dona il giusto spazio a ciascun personaggio e alla sua evoluzione, senza cadere nella trappola della noia e degli ingarbugli, con il tipico rischio di eccesso delle saghe familiari. Il tutto condito da un buon ritmo e una sottile suspense che svelano vicissitudini e storie anche di personaggi secondari, tenendo alta l’attenzione dello spettatore fino alla fine.