Untold: La fidanzata inesistente – recensione del documentario Netflix
La recensione di Untold: La fidanzata inesistente, il documentario di Netflix dedicato alla storia del giocatore di football Manti Te'o.
Untold: La fidanzata inesistente è il nuovo episodio della serie documentaristica, prodotta e distribuita da Netflix, dedicata agli scandali e ai fatti di cronaca del mondo sportivo americano. Diviso in due parti della durata di circa un’ora, il documentario racconta la storia del giocatore di football hawaiano Manti Te’o.
Come per le altre vicende trattate da questo show seriale, sono gli stessi protagonisti a raccontare la storia. Per rendere il più possibile completa la narrazione degli eventi, il documentario fa ampio uso di filmati risalenti all’epoca dei fatti e coinvolge le personalità e i giornalisti che ai tempi coprirono.
Untold: La fidanzata inesistente – La storia di una bugia
Come accennato nel precedente capitolo, il protagonista di Untold: La fidanzata inesistente è Manti Te’o. Il giocatore di football di origini samoane, durante il suo periodo presso il noto college Notre Dame, si afferma come uno degli atleti più talentuosi della sua classe d’età. Non ci sono dubbi riguardanti al suo futuro: è destinato a giocare nella NFL, la massima lega professionistica al mondo. Nello stesso periodo in cui si afferma come sportivo, avvia però una relazione a distanza con Lennay Kekua: una ragazza californaiana conosciuta su Facebook e mai incontrata di persona.
Lennay Kekua non esiste, si tratta infatti dell’alter ego di Ronaiah Tuiasosopo (oggi Naya Tuiasosopo). Prima del suo coming out, Tuiasosopo utilizzava il profilo social di Lennay per interagire con i suoi coetanei nei panni di una donna. Naya ha acconsentito a partecipare allo show e, oltre a quella di Manti, abbiamo la possibilità di sentire anche la sua versione dei fatti.
Sotto allo sguardo del mondo
La storia di Manti Te’o, così come ci viene raccontata in Untold: La fidanzata inesistente, è innanzi tutto una riflessione sul rapporto tra i media e gli sportivi. Nel mondo dell’informazione americana, si tratta di un rapporto che si alimenta di narrazioni, all’interno delle quali agli atleti vengono assegnati dei ruoli specifici. Nel periodo della sua ascesa come giocatore di football, Te’o è chiamato a vestire i panni dell’eroe; nel momento in cui si viene a sapere della truffa di cui è stato vittima (o complice?) si avvia un periodo di confusione, in cui non è più chiara quale sia la parte che gli spetta.
Questo caos, insieme con la repentina perdita dell’amore del grande pubblico, portano il giovane uomo a sperimentare un periodo di grande sofferenza psichica. La grande macchina dell’informazione, noncurante del dolore del singolo, sceglie di proseguire nella sua costruzione narrativa e, nel momento in cui appare chiaro che Manti è una vittima, gli assegna il ruolo dello sprovveduto. Da quel giorno, la sfida del giovane uomo è quella di dimostrarsi, nella vita e nel campo da football, migliore dell’immagine che gli viene accostata.
Quella raccontata da La fidanzata inesistente è però anche la storia di Naya Tuiasosopo. Quest’ultima è senza dubbio colpevole di avere raggirato Te’o ma, allo stesso tempo, è parzialmente vittima a sua volta. Con il tempo, si è ritrovata a essere prigioniera del raggiro che lei stessa ha organizzato: quelli che sperimenta verso il suo partner virtuale sono sentimenti sinceri che, proprio per via dell’inganno da lei costruito, non potranno mai essere ricambiati.
Parte del meccanismo che si vuole esporre
Dal punto di vista tecnico, Untold: La fidanzata inesistente è senza dubbio un prodotto estremamente professionale. Realizzato rispettando rigorosamente gli stilemi del documentario moderno, il film è in grado di raccontare la vicenda attraverso svariati punti di vista; riesce inoltre a utilizzare in maniera ordinata e chiara i filmati dell’epoca, restituendo un’immagine chiara della maniera in cui i fatti furono trattati ai tempi da vari organi di stampa. All’interno di questa efficace struttura si percepisce però una certa mancanza di stile personale e, per quanto ben confezionato, il documentario appare privo di personalità e di ambizioni artistiche.
Inoltre, per quanto si scagli contro un certo tipo di narrazione sensazionalistica che la stampa a volte adotta per esporre le vicende personali delle personalità, non rinuncia a utilizzare a sua volta lo stesso metodo. Questo è evidente soprattutto nel finale, in cui la parte più emotiva del racconto viene posta in primo piano per mettere in scena un lieto fine in cui tutti si riconciliano con tutti, che appare posticcio e poco verosimile.