Vincenzo: recensione della serie TV Netflix sudcoreana
Vincenzo racconta la storia di un avvocato italocoreano che, dopo la morte del capostipite della famiglia, torna in Corea del Sud per cercare vendetta e tonnellate di oro.
Sfacciatamente basato su stereotipi e voglia di azione in grande stile, Vincenzo è disponibile su Netflix in tutta la sua esplosività. Il protagonista è appunto Vincenzo Cassano, un giovane avvocato cresciuto in Italia grazie ai genitori adottivi, che lo hanno portato via dalla Corea del Sud quando era ancora bambino: l’improbabile accostamento tra la biografia e l’estetica del personaggio principale rende totalmente giustizia alla serie nel suo complesso, un racconto stravagante eppure serissimo delle dinamiche mafiose che non vedono confini e abbracciano tutto il globo. Vincenzo è un avvocato italocoreano, pronto a rientrare nel suo Paese di origine per vendetta: dopo aver vissuto i suoi anni italiani sotto la protezione della famiglia dei Cassano, il capostipite Don Fabio muore e così Vincenzo deve affrontare le organizzazioni mafiose coreane per avere finalmente giustizia impedendo ai boss locali di Seul di distruggere una palazzina della capitale e mettendosi in cerca di tonnellate di oro. La sete di vendetta non si ferma al mero pareggio dei conti, spingendo il protagonista a voler infliggere ai suoi nemici morti lente e dolorose.
Esplosione made in Corea nella serie TV Netflix Vincenzo
Vincenzo si prende i suoi tempi per portare avanti questo scampolo di saga familiare, dispiegando le vicende narrate lungo 20 episodi da oltre un’ora ciascuno. Sebbene ancora non sia disponibile doppiata in italiano, la serie riesce a superare i limiti linguistici grazie (oltre che ai sottotitoli) alle sue caratteristiche principali, vale a dire lunghi silenzi e scene d’azione plateali. Che sia la tenuta incendiata con il pratico utilizzo di un accendino e un elicottero del primo episodio o una frase pronunciata a mezza voce piena di risentimento e odio puro, Vincenzo è un protagonista onnipresente, che non mette mai in dubbio la propria missione di rassicurare lo spettatore facendo non solo esattamente quello che ci si aspetterebbe, ma anche esasperandolo in funzione di una piena soddisfazione estetica (e quasi eroica) delle aspettative. È forse anche per queste ragioni che Vincenzo è nella top 10 delle serie coreane più viste di sempre, tanto da portare la produzione a realizzare quattro episodi aggiuntivi (inizialmente dovevano infatti essere 16 in tutto) per poi arrivare in tutti i Paesi con Netflix, anche se con uscite scaglionate. Complici del suo successo, soprattutto in patria, sono anche gli interpreti, quasi tutti volti noti della tv coreana, a partire da Song Jong-ki che veste i panni di Vincenzo Cassano.
Vincenzo: un cast perfettamente in grado di essere credibile al punto giusto
La particolare collaborazione tra stereotipi italiani comuni e superati e il volto del protagonista coreano, evidentemente scisso tra le sue origini orientali e la sua patria italiana, crea un effetto irresistibile che, insieme alle scenografie e alle azioni spettacolari, porta quasi inevitabilmente ad affezionarsi alla serie nonostante le difficoltà di un ritmo non sempre avvincente e gli ostacoli culturali che lasciano oscuri (almeno ai più) alcuni riferimenti culturali e usanze tipiche. Gli attori, in compenso, sono perfettamente all’altezza della situazione, a partire già dal protagonista che riesce a essere quasi credibile anche quando si cimenta con la lingua italiana, non tanto per un accento inevitabilmente discutibile, quanto per la mimica facciale e la gestualità, che denotano tra l’altro un grande impegno per raggiungere un livello minimo di aderenza al personaggio. Vincenzo è sicuramente una serie impegnativa per lunghezza e per riferimenti culturali, ma sa assicurare piena soddisfazione visiva e diegetica, rispettando le aspettative del pubblico senza tirarsi indietro, ma anzi esagerando ogni azione con ogni mezzo possibile.