Warrior – La guerra in casa: recensione della serie Netflix
Warrior è una serie originale Netflix che racconta la vita da infiltrato di un veterano di guerra a Copenaghen, che entra nella criminalità organizzata dopo l'uccisione del suo migliore amico sul campo di battaglia.
Warrior – La guerra in casa è una serie tv originale Netflix, in onda sul servizio di streaming dal 13 novembre 2018, prodotta e distribuita dalla stessa piattaforma. Da un’idea di Christoffer Boe (Reconstruction, Beast), che ne ha anche diretto tutti gli episodi, Warrior è un’oscura crime story che prende le mosse dalla morte di Peter, soldato deceduto sul campo di battaglia.
Il primo episodio, The Funeral, introduce i protagonisti delle vicende che si dipaneranno lungo i sei episodi della prima stagione: da una parte abbiamo la vedova Louise, poliziotta che lavora su tutto il territorio di Copenaghen, e dall’altra CC, veterano di guerra e migliore amico di Peter.
Louise ha passato gli ultimi due anni della propria vita a dare la caccia a Tom, un criminale che sta cercando di farsi spazio all’interno della criminalità organizzata occupando, ora, il campo dell’edilizia. Tuttavia, non si hanno prove concrete che possano incastrarlo, mentre i testimoni spariscono continuamente. La soluzione di Louise, pertanto, è quella di introdurre un infiltrato nell’attività lavorativa di Tom, così da evitare quello che rappresenterebbe un pericoloso punto di non ritorno, ovvero una guerra fra bande. Il pensiero della poliziotta va su CC, che accetta l’incarico senza troppe esitazioni. L’imprevisto, però, è dietro l’angolo.
Warrior: la guerra nella città di Copenaghen
Warrior si apre con una lettera che CC (Dar Salim) scrive e legge all’amico scomparso, durante il suo funerale: “alla fine la guerra vince sempre”. Una frase che rimbomba come una condanna e un oscuro presagio, soprattutto quando il tempo e lo spazio dell’azione si sposta su quello di una guerra non più settata nelle terre polverose delle sequenze iniziali, bensì nel cuore della capitale danese, fra strade ed edifici che possono accogliere i numerosi ingranaggi di una macchina organizzativa come quella contro cui combatte Louise (Danica Curcic).
In The Funeral, il senso di colpa che affligge il veterano CC è palpabile grazie a un dialogo che il personaggio si ritrova ad avere con Max, il figlio di Louise, e reso anche attraverso la scelta di una fotografia giallognola che sembra trapiantare il colore degli stessi luoghi da cui proviene, per l’uomo, la morte. Il ruolo di CC in battaglia è in una posizione superiore rispetto a quella di un altro individuo, dunque la vita o la morte di questo è, a tutti gli effetti, stabilita dalla sua parola, che ha il valore di un ordine. La prova attoriale di Dar Salim, volto che abbiamo conosciuto grazie al ruolo di Qotho ne Il trono di spade, è fondamentale nel riprodurre l’intimo tormento del proprio personaggio, senza dubbio il più sfaccettato e ambiguo, al contempo, di Warrior.
In Warrior il legame fra i due protagonisti unisce ruoli sociali divergenti
Piuttosto convincente è anche la performance di Danica Curcic, un nome che figura fra quelli che costellano il cast della serie tv La nebbia (The Mist). Dunque, la serie può avvalersi di una scrittura che risulta efficace sia per quanto riguarda la delineazione dei presupposti degli eventi – raramente si ha un approccio didascalico – e sia quella dei personaggi e delle relazioni che fra essi s’instaurano. Il legame fra CC e Louise si dispiega lungo una linea tesa che confonde il pentimento, il “dover qualcosa” all’altro, con un’attrazione più basilare e pura, e che annette ruoli sociali profondamente divergenti dal punto di vista della legge e della morale.
E il cerchio si chiude, tornando ai discorsi di onore e dovere lumeggiati nella scena del funerale e su cui tutto il codice morale dei militari si fonda. È questo il punto di forza che riesce a sostenere Warrior, un prodotto tutto sommato apprezzabile, ma a cui bisogna anche concedere il beneficio del dubbio quando alcuni momenti più fiacchi e meno avvincenti lasciano qualche perplessità sul ritmo complessivo dell’opera.