RomaFF13 – Watergate: recensione della serie tv di Charles Ferguson
Watergate è una miniserie di Charles Ferguson che racconta i dettagli più oscuri delle circostanze che portarono allo scandalo Watergate e di quel che ne conseguì.
Watergate è una miniserie di Charles Ferguson targata History Channel e presentata in concorso alla selezione ufficiale della tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. In questo documentario Ferguson narra, nella sua interezza per la prima volta nella storia, la serie di avvenimenti che portò allo scandalo Watergate e i fatti che ne conseguirono, collocando l’episodio all’interno di una granitica struttura in cui ogni mossa e ogni singolo evento hanno costituito un ingranaggio preciso nella catena di montaggio dell’oscura politica statunitense.
Watergate: chi era Richard Nixon?
Cosa portò, esattamente, Richard Nixon alla sua vittoria contro Hubert Humphrey alle elezioni? E cosa portò il presidente, invece, a presentare le dimissioni nel ’72? Ma siamo poi davvero così sicuri di sapere chi fosse Nixon?
Parlare dello scandalo Watergate implica trattare un’intricata, lunga concatenazione di strategie che hanno occupato un blocco di decenni di manovre politiche. Comprendere quali siano state le cause, le ragioni, individuare la miccia, l’ultimo filo della corda che si è spezzato, è compito che si addossa Ferguson con la sua ultima opera, imperfetta ma ambiziosa, pregna di informazioni e ricostruzioni preziosissime. Ferguson ha una doppia intuizione e sfrutta i due medium più adatti a raccontare la pagina più scottante della storia americana recente, preoccupandosi in particolar modo di sviscerare le più complicate sfaccettature dell’ambigua personalità dell’uomo Richard Nixon.
Watergate è il resoconto più completo sullo scandalo che porta il suo nome
La scelta del documentario – ma anche quella di suddividerlo in capitoli e farne una serie tv – si rivela l’unica alternativa possibile alle difficoltà che ricostruire la verità sullo scandalo avrebbe comportato, e l’ovvietà della scelta colpisce come un bagliore, all’improvviso. Di fatto, ciò che viene mostrato in Watergate è, al netto delle sue pecche (relative e limitate alle sole ricostruzioni in studio, dall’estetica televisiva e un po’ dozzinale), ad oggi l’unico compendio che possa essere definito completo senza riserve. Talmente completo ed esaustivo, fra l’altro, che non si potrebbe certo definire di facilissima fruizione: Watergate fa sfoggio del coraggio e dell’impeccabile preparazione di chi della materia ha studiato ogni dettaglio e che avverte l’urgenza di tramandarla per non permettere al tempo di cancellarla, o anche solo sbiadirla.
Eppure è proprio il tempo la chiave vincente di Ferguson, che intuisce l’attimo più giusto, non troppo presto e né troppo tardi.
Se Tutti gli uomini del presidente veniva concepito nel momento più caldo e immediatamente successivo alla vicenda (gli anni che dividono il film di Pakula dalla realtà che riproduce sono appena quattro), Watergate, come il recente The Post – che si focalizza su un altro scandalo, quello inerente ai Pentagon Papers, e per questo mai così vicino e puntuale – si avvale della lucidità analitica che solo la distanza può permettere. A differenza del lavoro di Spielberg, però, Watergate mantiene forte la sua impronta documentaristica, non lasciandosi mai andare a sentimentalismi nostalgici di alcun tipo.
I dialoghi di Watergate sono stati condensati, mai inventati
Tramite interviste, documenti, fotografie, registrazioni autentiche, la miniserie di Ferguson si addossa la responsabilità di fare luce su così tante zone d’ombra attorno allo scandalo Watergate che ci si potrebbe riempire pagine e pagine di interi libri di storia, e non ne sarebbero abbastanza. Non c’è neppure spazio per la drammatizzazione nella valanga di informazioni che cadono a fiotti, inarrestabili, nel documentario. I dialoghi sono “condensati, mai inventati“, come specifica una dicitura tra i titoli di testa dell’opera, e se un difetto può essere riconosciuto all’opera è forse quello di spezzare il flusso con inframmezzi “fictional” che poco aggiungono al già densissimo resoconto, e che risultano essere materiale di troppo. Le interviste alle personalità politiche che presero, direttamente o meno, parte allo scandalo Watergate sono il vero colpo di genio di Ferguson, che lascia ai volti e alle testimonianze in questione la possibilità di instaurare con lo spettatore un legame più diretto. E lo spettatore, da parte sua, vorrà applicarsi per immagazzinare il torrente di schemi, tabelle, elenchi, filmati di repertorio che, scolasticamente, lo avvieranno alla comprensione delle circostanze illustrate.
In tempi mai così lontani dalla ricerca della verità promossa dai seventies della libertà d’informazione e di stampa, Watergate è un’opera necessaria, che si prefigge lo scopo di indagare l’identità di un uomo contorto che salì al potere in circostanze misteriose, i rapporti che ebbe con la sua squadra, le battaglie interne e segretissime portate avanti da organizzazioni che agirono senza neppure l’eccessiva preoccupazione di dissimulare, lo scheletro di queste ultime e le manovre che il governo degli Stati Uniti ha attuato per insabbiare gli interessi economici slegati dal benessere di un popolo sfinito dalla guerra e dall’assassinio dei suoi (veri) eroi politici.