Westworld 3 – recensione del finale di stagione

La recensione del finale di stagione di Westworld 3, la serie HBO creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy.

Lo sapete che c’è? Forse Westworld 3 è la stagione più riuscita tra quelle finora create da Nolan e Joy. Pensateci. In una narrazione costantemente incentrata sull’illusione del libero arbitrio, non è mai risultato così chiaro come esso sia stato realmente sempre e solo nient’altro che questo per tutti i personaggi, condannati a vedersi correggere irrimediabilmente scelte, emozioni e intenzioni, passate e future, in nome di una sceneggiatura che non fa altro che rimescolare e rimescolare con il solo scopo di sorprendere svelando quella cosa in più o di ammaliare con quel segreto da tenere celato ancora un po’, senza tenere conto di un senso compiuto o di un’organicità contenutistica. Un’idea senza struttura. Forse anche i suoi stessi ideatori ne sono stati sopraffatti. Forse ad un certo punto si sono illusi di avere voce in capitolo anche loro.

Indi per cui la crudele realtà è che questo finale di stagione non fa altro che concludere una terza parte aggrovigliata, accartocciata e apparentemente in continua riscrittura, pur di mantenere un tracciato morto nella seconda stagione e il cui peso ha affossato anche questa, che qualcosa ha lasciato intravedere, ma qualcosa di assolutamente estraneo alla matassa nella quale ci si è ostinati a scavare.

Ma facciamo le cose per bene e analizziamo Crisis Theory, l’ottava e ultima puntata di Westworld 3, andata in onda in Italia su Sky Atlantic e NOW TV (in diretta con gli USA) nella notte tra domenica 3 e lunedì 4 maggio 2020, diretta da Jennifer Getzinger e scritta da Denise Thé e Jonathan Nolan, con circa venti minuti in più e comprensiva di scena post-credits. 

Westworld 3: il riassunto delle prime due stagioni

Westworld 3 – Rivoluzione

Westworld 3, cinematographe.it

“Rivoluzione”, questa è la strategia finale con la quale Caleb scappa dall’istituto in Messico dove era tenuto prigioniero Salomone insieme a tutti gli indesiderati individuati da Rehoboham e torna a Los Angeles, dove lo attendono i primi grandi tumulti scoppiati dopo la rivelazioni delle regole del vecchio mondo. Lì il nuovo che avanza dovrà riuscire a sopravvivere per seguire il piano di Dolores, ehm, scusate, di Salomone, e compiere finalmente una scelta: diventare la guida di tutta l’umanità nel difficile passaggio che la condurrà all’altro mondo, quello nuovo.

Sulla sua strada c’è Serac, il protettore della razza umana alla ricerca della chiave per l’immortalità promessagli dalla Delos e che non ha nessuna intenzione di abdicare dal suo posto alla destra di Dio, aiutato dalla letale Maeve, che ha già mostrato quanto ci sà fare con la katana.

Nel momento del confronto finale a Caleb servirà l’aiuto della Abernathy, ma potrebbe non essere sufficiente dato che i fantasmi che ha creato con le sue azioni sono pronti a rivoltarglisi contro. Forse la speranza non va riposta in lei, forse, infine, a qualcun altro sono affidate le chiavi del destino di tutti.

Dolores o Westworld

Westworld 3, cinematographe.it

Some people see the ugliness in this world, the disarray.

I was taught to see the beauty. But i was taught a lie.

Nell’ultima puntata Westworld 3 decide di premiare la sua protagonista indiscussa, il volto della serie e colei le cui gesta hanno monopolizzato tutti gli eventi ai quali abbiamo assistito. Dolores è la sintesi della serie di Nolan e Joy e in sé ne racchiude tutti i pregi e tutti i difetti: è fumosa, contraddittoria, spesso equivocabile, spesso facilona e poi incredibilmente cervellotica, quasi irricevibile nel complesso, ma è anche affascinante, sensuale, carismatica e seducente. Ha un finale decente, in merito a come ci si arriva lasciamo stare. Forse un’analisi approfondita della sua evoluzione è stata veramente una scelta azzardata, non si dovrebbe mai confondere il ribadire di essere chiari con l’esserlo realmente.

Dolores vuole vendicarsi dei suoi creatori, rei di aver reso il suo mondo un inferno, distruggendo l’umanità, ma poi cambia idea, perché sono gli stessi che le hanno mostrato la bellezza in quel mondo. Quindi decide di liberarla, decide di donarle il libero arbitrio, decide di regalarle quello che lei si è conquistata con così tanta fatica. Un’intenzione nobile, ma che risulta quanto meno di difficile lettura sia nella maturazione sia nel laborioso piano di attuazione. Una grande struttura articolata, apparentemente ricercata e studiata che vuole far passare la sua eccessiva complessità per intelligenza e sofisticatezza, ma che ancora una volta nel momento della rivelazione dimostra di non contenere in realtà nulla o ben poco, un poco che in più era stato in realtà mostrato sin da subito, poi successivamente nascosto perché esasperato da mille letture diverse, per la maggior parte fine a se stesse.

Some people see the ugliness in this world, the disarray.

I choose to see the beauty.

Ci sono diecimila cose che avrebbero avuto più senso come esito dello sviluppo di Dolores, ma lei doveva scegliere. Ci sono altrettante ipotesi che si possono costruire sul percorso che ha fatto per arrivarci. Sceglietene una, una logica, una che sia coerente con le sue azioni, il suo vissuto e il suo piano, una che spieghi come si è passati dalla prima alla seconda citazione (che abbiamo riportato sopra) o per lo meno quando è successo. Quella che volete, non è importante, l’importante è che lei ha scelto. Lei doveva scegliere. Perché doveva scegliere? Perché doveva compiere questo atto rivoluzionario. Quella era l’idea. Il finale lo esigeva, un finale alla Dolores, un finale alla Westworld. Touché.

Il tramonto

Westworld 3, cinematographe.it

All’inizio di questa terza stagione si era avuta l’impressione che Nolan e Joy stessero seriamente pensando di voltare pagina rispetto al passato perché, anche se è sempre stato chiaro come nella stesura della sceneggiatura avessero deciso di portare avanti le storie e i personaggi delle prime due stagioni, c’era tutta un’altra parte che dava e dà tutt’ora, col senno di poi, una nuova linfa alla serie, coadiuvata da un aspetto tecnico e visivo che tocca dei nuovi standard di eccellenza per il piccolo schermo. Questa nuova linfa, questa altra parte, con un linguaggio differente rispetto al passato, più classico, meno da fantascienza di genere, e una struttura più semplice, ma funzionante, poteva costituire una rotta percorribile verso altri lidi che avrebbero significato un deciso cambio di identità di Westworld, ma anche una buona prospettiva, dati i problemi riscontrati nella stagione precedente.

Andando avanti invece si è assistito ad un ping pong continuo, il cui sviluppo ha portato alla creazione di una terza strada, una via di mezzo che aveva lo scopo di andare avanti portandosi dietro tutto l’immaginario passato, ma che poi è rimasta vittima delle solite macroambizioni della serie, finendo con ripiombare nei soliti errori e rinunciando ad una prospettiva di rilancio, stancando un po’ il pubblico e anche i suoi personaggi, tutti quanti drammaticamente calati. L’eccezione può essere Charlotte, questo è vero, non a caso è lei l’unica ad uscirne bene nel finale di stagione, anche se ci ha pensato la scena post credits a porre le basi per il suo imminente sfacelo (c’è una stagione 4 annunciata).

Tolta Dolores, di cui si è già parlato, infatti questa tendenza si riscontra in Maeve, congelata alla prima stagione e sballottata un po’ di qua e un po’ di là, protagonista del colpo di scena più banale di tutti i tempi o quasi, in William, un sempre bravissimo Ed Harris, i cui sforzi non salvano l’ex Uomo Nero dall’essere la patetica copia di se stesso, e in Bernard/Arnold, la cui presenza in tutta la stagione poteva essere ridotta ai suoi ultimi 10 minuti. Non credo ci sia bisogno di parlare di Stubbs. I nuovi purtroppo non sono migliori: Serac sarà un antagonista quanto meno dimenticabile, mentre Caleb, oltre a confermare un Aaron Paul che forse deve realmente pensare a dedicarsi al doppiaggio, non ha mai avuto lo spessore adatto.

Cosa funziona in Westworld 3?

Westworld 3, cinematographe.it

Tutto ciò che funziona in questa terza stagione fa parte di quella fetta che comprende gli effetti speciali, le scene action e la costruzione coerente e la razionale della tecnologia del mondo della storia, tutto ciò insomma che è spogliato della poetica della serie, completamente in balia di se stessa.

Non staremo qui ad elencare i mille motivi per cui la scrittura di Westworld ormai non funzioni più e di come il finale di stagione non faccia altro che confermarlo (forse in realtà un po’ è successo), ma vi invitiamo solamente ad una riflessione: come può funzionare una struttura narrativa alla quale vengono aggiunti pezzi solamente per il bisogno di arrivare ad avere una certa forma? Come può essere se non un meccanismo forzato? Più di una volta è sembrato che diverse sezioni fossero state riscritte in un secondo momento, come completamenti o aggiornamenti, dando la successiva idea che gli autori si siano presi una tale assoluta libertà di contraddirsi e ricorreggersi da perdersi nel loro stesso labirinto, immaginario in gran parte, incastrati in qualcosa di troppo complesso anche per loro e ostinati a continuare a costruirlo senza una reale idea di dove il percorso sia diventato incomprensibile.

Westworld – Stagione 4 si farà!

Regia - 3
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 2
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.5