154: recensione e intervista ai registi del corto presentato al GFF 2024
Il cortometraggio di Andrea Sbarbaro e Riccardo Copreni, con protagonista Giovanni Storti, è stato presentato al Giffoni Film Festival 2024
Il cinema necessita costantemente di rinnovarsi, di sperimentare, di assecondare sguardi freschi, nuovi, d’avanguardia, e bene lo sanno Andrea Sbarbaro e Riccardo Copreni, i due giovanissimi registi che abbiamo intervistato in occasione della presentazione del loro ultimo progetto, 154, al Giffoni Film Festival 2024. L’opera, un cortometraggio di circa 20 minuti che vede Giovanni Storti nel ruolo del protagonista – come unico interprete in scena, affiancato dalla voce di Giulia Bellu – tenta di unire il popolare e lo sperimentale, andando ad inserire il famigerato attore comico all’interno di un contesto per lui del tutto inusuale.
Nati entrambi nel 1998, Sbarbaro e Copreni si sono conosciuti alla Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti di Milano e, dopo essersi diplomati in regia cinematografica nel 2020, hanno prima dato vita alla casa di produzione Eclettica e dopo, nel 2023, alla Gorrilla Film Distribution.
Per lo sviluppo e la distribuzione di 154 i due autori hanno inoltre trovato il sostegno e la collaborazione di WeShort, la società di streaming, distribuzione e produzione che da circa 3 anni, per quanto riguarda il formato breve, sta facendo i passi più importanti.
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154: l’incontro fantascientifico tra il popolare e lo sperimentale
Il maestro d’asilo Giovanni Storti (così si chiama anche il personaggio da lui interpretato) viene assunto all’interno di un laboratorio al fine di istruire 154, un nuovo prototipo altamente sofisticato di intelligenza artificiale, in grado di acquisire nozioni dall’esterno e di sviluppare un proprio pensiero. Al protagonista, evidentemente destabilizzato dal compito assegnatogli, viene chiesto di educare la macchina come se si trattasse di un bambino, portando avanti per 7 giorni un processo di apprendimento capace di metterlo sempre più in difficoltà e di instillare diversi dubbi sia da un punto scientifico che, soprattutto, da un punto di vista umano.
Il principale merito da riconoscere al progetto e ai due registi, Andrea Sbarbaro e Riccardo Copreni, è sicuramente quello di aver saputo mescolare le carte, partendo da determinate certezze e andando a modellarle a proprio piacimento, e di aver avuto il coraggio di trapiantare un volto ben radicato nell’immaginario comune, all’interno di un contesto a lui estraneo, creando così un contrasto capace di attrarre, di avvicinare due mondi fino a farli collidere, fino a sovrastarsi l’un l’altro, con l’impianto fantascientifico di base che gradualmente si sposta su piano sempre più emozionale, intimo. Il genere viene qui ripensato sull’indole dei due autori, presenti con tutta la loro voglia di mettersi in gioco e con tutto un bagaglio di riferimento che, seppur agli antipodi, li ha sempre cinematograficamente spinti verso un medesimo scopo.
Andrea Sbarbaro e Riccardo Copreni dagli studi a 154
Raccontateci del vostro percorso: come vi siete conosciuti? Quando è arrivata l’idea di fondare Eclettica?
Sbarbaro: “Ci siamo conosciuti alla Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti di Milano e fin dal primissimo anno abbiamo trovato una certa compatibilità, sia a livello umano che cinematografico, anche se come gusti e riferimenti eravamo agli antipodi”.
Copreni: “Avevamo la visione ultima del cinema comune, ma i gusti differenti”.
Sbarbaro: “Esatto, eravamo convinti che il cinema servisse a quel dato scopo, però i modi in cui pensavamo di arrivarci in futuro sembravano essere completamente incompatibili. Abbiamo ugualmente portato avanti il percorso, nella stessa classe di regia, intensificando sempre più il nostro rapporto. Riccardo ha avuto una prima esperienza di produzione con Studio Genesi – trasformatosi in Eclettica dopo la fusione con Lysa Films di Lorenzo Maria Chierici, co-produttore di 154 – e lì ci siamo ritrovati, vista la nostra complementarità dal punto di vista professionale: lui più dedito alla parte di produzione ed io alla creazione di contenuti per la post-produzione. Abbiamo ufficialmente fondato Eclettica davanti ad un notaio nel 2024 ma esiste dal 2021; io sono entrato a farne parte a circa 6 mesi dalla sua nascita, mentre Riccardo e Lorenzo ne sono i padri fondatori”.
Come nasce, invece, l’idea di realizzare 154 e di ingaggiare Giovanni Storti come protagonista?
Sbarbaro: “Una volta dentro al progetto Eclettica, Riccardo era convinto che dovessimo lavorare assieme anche se io ero scettico, visti i nostri immaginari molto differenti: io avevo un’idea di cinema che era Bela Tarr, lui Jacques Demy.
Abbiamo realizzato un primo lavoro quasi per gioco, il corto Addio, per adesso, che a suo modo ha avuto un discreto successo e ci ha spinti, nell’estate del 2022, a pensare di realizzare qualcosa di più complesso e strutturato e, vista la nostra comune passione per la fantascienza, abbiamo pensato di partire da lì.
Io avevo già lavorato con Giovanni Storti per il corto L’impianto umano, che è andato molto bene ai festival ma del quale non sono mai stato soddisfatto, e Riccardo mi ha proposto di ricontattarlo, che poteva sembrare un’idea folle ma ci intrigava proprio per questo. La sfida è stata quella di inserire l’immaginario estremamente popolare di Giovanni all’interno di un contesto che non gli è affine e farlo funzionare; per tenere il gioco avevamo bisogno di una narrazione che comprendesse un elemento di leggerezza, un elemento emotivo, e ci è venuta in mente la questione dell’insegnante d’asilo e dell’AI come bambina, da trasformare poi nella fantascienza che ci piace, quella che si sgretola, che diventa sperimentale”.
Copreni: “Nasce come gioco sul genere, come un tentativo di rispettare le regole, andando a smontarle e a spostarne il focus tematico verso qualcosa che a noi interessa maggiormente: un sguardo molto più umanista, più sentimentale. Qua c’è il rapporto padre-figlio e non ci si ferma ad un ragionamento parascientifico sull’AI, anche se di studio ce n’è stato tanto e adesso riscontriamo molto interesse mediatico, oltre al riconoscimento di una certa attenzione verso questo aspetto”.
Qual è stato l’approccio di Giovanni Storti? Come vi siete trovati a lavorare con lui?
Copreni: “Dopo che Andrea gli ha proposto il film, siamo andati a casa sua e, come segno del destino, abbiamo scoperto che lui è un grande appassionato di fantascienza.
Lavorarci assieme è stato molto bello, lui si è dato completamente al progetto, in maniera molto professionale, sfidato anche dal fatto che noi siamo stati tra i pochi a proporgli un ruolo estremamente diverso da quello che lui è solito interpretare. Lui è peraltro l’unico attore in scena e anche questa è stata una sfida stimolante”.
Sbarbaro: “C’è anche da dire che il modo in cui Giovanni si è approcciato al progetto ha influenzato tantissimo la costruzione stessa della storia; il modo in cui recitava sul set era molto in linea col personaggio, perché lui era veramente confuso”.
Copreni: “C’è stato tanto lavoro tecnico e noi, essendo in due, volevamo essere allineati su tutto, quindi abbiamo preparato al meglio quell’aspetto, sapendo anche quali sarebbero stati i momenti in cui avremmo dovuto improvvisare con gli attori. Abbiamo fatto costruire un set particolare per avere una regia da live, con Giulia in un’altra stanza a dialogare in diretta con Giovanni e noi, che stavamo uno con Giulia e l’altro con Giovanni, in alcune situazioni provavamo a dargli indicazioni che li facessero uscire dal copione”.
Sbarbaro: “Io con Giovanni avevo già lavorato e questo mi ha portato ad avere un contatto umano diretto con lui, che ha abbracciato con entusiasmo l’idea del nuovo progetto, appena gliene ho parlato. Mi sembra di capire che, a prescindere dal fatto che si tratti di un cortometraggio, di un’opera teatrale, di un podcast o altro, egli si presti a fare tutto quello che gli piace e che, in caso contrario, non ne mandi a dire. Anche durante le fase di produzione c’è dialogo costante con lui per fargli capire il senso e la correttezza di determinate scelte, e lui presta sempre molta attenzione a ciò che gli viene detto”.
Copreni: “Inoltre è in una fase di carriera in cui non deve dimostrare niente a nessuno e in cui l’impegno con Aldo e Giacomo non è più così totalizzante come un tempo, perciò credo vada in cerca di nuovi progetti che lo stimolino”.
L’importanza dei festival e di realtà come WeShort
Come vivete la presentazione di un vostro lavoro all’interno di un contesto così importante come il Giffoni Film Festival? È la prima volta che partecipate a festival di tale portata?
Copreni: “Siamo molto contenti ed emozionati di presentare il film al Giffoni che, da quando lo abbiamo terminato, è stato un nostro obiettivo perché ci interessava molto arrivare ad un pubblico più ampio, non esclusivamente ad una nicchia ipercritica, e ci interessava arrivare ad un festival con un target così specifico e così giovane, convinti che il prodotto possa colpire particolarmente quella fascia di pubblico. L’obiettivo era quello di trovare un grande festival in Italia di presa pop e di sfruttare il gancio della fantascienza a livello internazionale, puntando al circuito dei festival di genere.
Noi, come produzione, siamo stati spesso in contesti di ampio respiro, come Venezia, come Roma, ma qua l’aria sembra essere molto diversa”.
Come si inserisce WeShort nel processo di distribuzione di 154? Quanto è importante per i cortometraggi che esista una realtà come questa?
Sbarbaro: “Abbiamo provato ad essere sperimentali anche con la distribuzione del film che, grazie a WeShort farà delle uscite evento in sala, presumibilmente in autunno.
I cortometraggi non sono ancora visti dal pubblico generalista come qualcosa per cui valga la pena pagare un biglietto e andare al cinema ma è proprio questa una delle mission principali di WeShort, che ha abbracciato questo progetto proprio per la sua grande carica popolare, con Giovanni Storti protagonista di un film di fantascienza; e non ho usato il termine cortometraggio perché, indipendentemente dalla durata, si tratta sempre di un film, ma quando si specifica il formato breve, spesso dall’altra parte storcono il naso.
All’epoca dei Real di Instagram, di TikTok, dell’abbassamento vertiginoso dell’attenzione e anche di serie di successo come Love Death & Robots, vendute come serie ma a tutti gli effetti composte da più corti messi assieme, è interessante ipotizzare che in un futuro si apriranno sempre più porte per questo tipo di contenuto”.
Uno sguardo al futuro
Tornando a voi, che cosa avete in serbo per il futuro? State già lavorando ad altri progetti? Collaborerete ancora?
Copreni: “Siamo in un momento in cui come produzione abbiamo molti progetti da seguire e come registi abbiamo l’obbiettivo di realizzare, entrambi, il nostro primo lungometraggio; stiamo già lavorando a due soggetti molto diversi ma su cui ci confrontiamo spesso, su cui c’è un continuo scambio di idee in fase di scrittura e sono convinto continuerà ad esserci anche in fase di realizzazione, augurandoci di riuscire a realizzarli entrambi. C’è poi anche un progetto comune che parte proprio da 154 e che stiamo cercando di capire quale forma potrebbe assumere, di certo una forma non canonica”.
Sbarbaro: “Come regista, o aspirante tale, sono sempre stato abbastanza egotico – e credo che chiunque voglia fare questo mestiere un po’ lo sia – perciò non ho mai pensato di collaborare con qualcuno, non credevo mi sarei trovato bene a condividere il set, ma con Riccardo è stato strano perché le inquadrature ci venivano in mente naturalmente, se io ne facevo una, lui faceva quella successiva e stavano sempre perfettamente insieme. Detto questo non voglio che ci vedano come una coppia di registi fissa, siamo due registi che hanno deciso di sviluppare assieme un progetto. Per questo vogliamo esordire con due lungometraggi separati, ma continuando a trovarci per portare avanti questi progetti comuni difficilmente classificabili, progetti che abbiano una loro peculiarità”.
Copreni: “Fa sorridere il fatto che questi due lungometraggi siano alquanto speculari poiché appartengono allo stesso genere e trattano temi simili ma lo fanno in maniere diametralmente opposte”.
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