Venezia 77 – 50 (o dos ballenas se encuentran en la playa): recensione dell’esordio di Jorge Cuchí
Il primo lungometraggio del messicano Jorge Cuchí è l'orrorifico racconto, tratto da un fatto reale, di una storia d'amore tra due giovani alle prese con un macabro gioco che potrebbe costargli la loro stessa vita.
Tra il 2016 e il 2017 cominciò a rimbalzare anche da noi, solo in modo sussurrato prima del controverso servizio de Le Iene, la notizia dell’esistenza in Russia del fenomeno conosciuto come Blue Whale, macabro gioco diffuso tra gli adolescenti che consisteva nel superare 50 sfide sempre più estreme fino a togliersi la vita.
Ce ne torna a parlare il regista messicano Jorge Cuchí, fin’ora attivo solo in ambito pubblicitario, con il suo lungo di debutto 50 (o dos ballenas se encuentran en la playa) in concorso alla 35esima Settimana Internazionale della Critica a Venezia77.
Una storia d’amore tra due giovani, tratta da un fatto di cronaca reale del 2018, disperata e nera come la pece. Il nome, sia del gioco e della pellicola, deriva dal fenomeno dello spiaggiamento dei cetacei che, arenandosi sulla spiaggia, trovano la morte. Eco premonitore dell’unica prospettiva che rimane a chiunque partecipi.
50 (o dos ballenas se encuentran en la playa): una settimana
Félix (José Antonio Toledano), un ragazzo di 17 anni, vive da solo con la madre, fuma molte sigarette e il suo unico interesse è quello di occuparsi delle piante carnivore che tiene in camera sua. Ha il cranio e le sopracciglia rasate, lo sguardo spento, porta sempre i guanti e ha due cerotti sulle tempie, prove dei suoi successi in numerose prove, la maggior parte ormai, di un gioco chiamato Blue Whale, quello dove alla fine devi toglierti la vita. A meno che non vuoi che la tua famiglia sia sterminata da dei killer russi, prospettiva a cui Félix crede ciecamente.
Ogni sera il ragazzo manda una foto o un video come prova del conseguimento delle sfide al numero di telefono del fantomatico Amministratore, colui che a distanza gestisce il gioco e assegna le nuove prove da superare. Dall’altra parte però non c’è l’uomo nero, ma una ragazza, Elisa (Karla Coronado), che si diverte a fare hula hoop, nasconde gli alcolici tra i vestiti dell’armadio e mangia solo dopo aver accuratamente pulito il cibo con le mani. Anche lei indossa i guanti.
Un modo strano di conoscersi, ancora più di innamorarsi, eppure può accadere anche questo. I due iniziano così a completare le sfide rimaste insieme, prendendosi per mano in un tunnel oscuro e angosciante, uniti dalla promessa di morire insieme, invece che continuare a vivere soli.
Lui e Lei
Ci sono solo Félix ed Elisa nel film di Cuchí. Loro due e poco più. Gli altri personaggi sono fuori inquadratura o presi di spalle (fino al momento opportuno). Non entrano nel racconto e non riescono a mettersi in contatto con lui e lei, invischiati in una solitudine esistenziale che riguarda loro e basta. E lui e lei il regista non li perde mai di vista. Li spia e li segue in modo quasi ossessivo. Ci sono sempre sullo schermo. Insieme, uno alla volta e spesso in contemporanea, con lo l’inquadratura tagliata a metà. Uno dei rari momenti in cui ci si riesce a mettere un filtro a quello che si vede, insieme a quello dedicato alla visione di un onirico cimitero in bianco e nero.
Si, perché la potenza di 50 (o dos ballenas se encuentran en la playa) sta per la maggior parte nell’essere riuscito a coniugare una dedizione quasi totale ad un fagocitante realismo visivo con la presenza di tutta una serie di scelte metanarrative che lo rendono anche un film molto politico e molto schierato.
La discesa agli inferi dei due protagonisti, entrambi eccezionali, è mostrata tutta in camera (spesso a mano), senza distogliere mai lo sguardo, in modo da non risparmiare nulla allo spettatore e dargli quasi da subito l’impressione di essere lì con loro. Pur dicendogli che il mostro, causa del dolore che attanaglia i ragazzi, non deve essere cercato in ciò che vede. Tutto ciò evoca inevitabilmente un senso di claustrofobia e disagio, avvalorato e ricercato ulteriormente dalla scelta di spezzare il meno possibile i tempi reali di una conversazione, di un incontro o di una routine serale e impiegando opportunamente la colonna sonora, che non si prende mai il palcoscenico, fino a diventare quasi impercettibile, salvo poi ripresentarsi quando l’azione esplode.
Un uso sapiente del medium cinematografico che permette a 50 (o dos ballenas se encuentran en la playa) di piegare tempi, toni e generi a seconda dei suoi scopi, riuscendo a spiazzare chi guarda senza mai apparire fuori contesto. Una linea molto sottile, che fa tutta la differenza del mondo. Così il film può passare da macabro teen drama a horror disturbante, pur raccontando, alla fine, sempre una storia d’amore.