90 minuti in paradiso: recensione del film su Don Piper
Ispirato ad una storia vera, 90 minuti in paradiso è tratto dal libro omonimo di Don Piper, pastore protestante che riuscì miracolosamente a salvarsi da un incidente stradale.
Don Piper, pastore protestante dal 1985, nel 2004 scrisse un libro dal titolo 90 minuti in paradiso, nel quale raccontava un’esperienza incredibile che sa di miracolo: il suo viaggio in paradiso durato per i 90 minuti in cui è stato bloccato nell’abitacolo della sua auto, con il volante schiacciato sul petto. E improvvisamente il suo ritorno alla vita. Una storia vera che nel 2015 è diventata anche un film diretto da Michael Polish e con protagonista Hayden Christensen.
90 minuti in paradiso: la trama del film
Don vuole dare il via al progetto di fondare una nuova chiesa e nel suo viaggio di ritorno da Trinity Pines, in Texas, fa un’incidente stradale. Resta per novanta minuti bloccato nell’abitacolo della sua auto con il volante schiacciato sul petto, e quando arrivano i soccorsi scoprono che Don è morto e non c’è nulla da fare. Un sacerdote, però, chiede di poter pregare per lui, e nonostante la polizia cerchi di dissuaderlo, insiste.
Durante la preghiera il sacerdote si accorge che Don è vivo e ha iniziato a pregare con lui. Per Don l’effetto di aver visto il paradiso e averlo visto per 90 minuti – convinto di essere morto – e poi tornare alla vita, appare straniante e non riesce a comprendere il senso di ciò che per lui e la sua famiglia è un miracolo. Con un corpo provato, però, la sfida più grande per lui sarà riuscire ad apprezzare questo dono inaspettato, consapevole che il suo corpo, la sua mente e il suo cuore dovranno adattarsi ad una vita diversa.
Un film che riflette sul profondo valore della vita e dei suoi doni
Michael Polish traduce in film l’esperienza di Don Piper, trasformandola in una riflessione profonda sulla percezione e sul senso profondo che assume la vita ogni volta che ci ritroviamo a sfiorare la morte. La fotografia calda e che gioca continuamente con la luce, diventando il secondo narratore della vicenda attraverso l’immagine, dona al film un’impronta molto delicata che si sposa bene con una sceneggiatura che non cade nel melò.
La scelta di Polish è quella infatti raccontare la vicenda facendo grande attenzione ai dettagli anche nella costruzione dell’ambientazione, una componente che incide molto sul percorso di Don e sul modo in cui leggerà la sua vicenda, intrisa senz’altro di verità e considerazioni di natura cristiana.
Seguendo una narrazione che procede nel complesso in maniera lineare, 90 minuti in paradiso cerca quanto più possibile di presentarci la vicenda mai con un tono documentaristico, pur scegliendo di affidare i pensieri alla voce guida di Don che entra ed esce dal film, senza disturbare e distrarre lo spettatore.
Per sua natura non può che trattarsi di un film che si sviluppa lentamente, proprio per permettere alla spettatore di immergersi nei pensieri e nella narrazione emotiva dell’esperienza del suo protagonista, sorretta da un’ottima interpretazione di Hayden Christensen che trova in Kate Bosworth, nei panni della moglie di Don, una spalla perfetta e ben calata nel ruolo della moglie rassicurante e devota.
Ciò che forse manca al film è una regia che osi un po’ di più, senza appiattirsi su una sceneggiatura che di per sé è molto lineare, pulita e statica; avrebbe senz’altro permesso di dare più ritmo al film e generare un impatto emotivo maggiore, valorizzando ancora di più il buon legame empatico che si crea tra protagonista e spettatore.