A Lonely Place to Die: recensione del thriller con Melissa George
A Lonely Place to Die, di Julian Gilbey con Melissa George, è un thriller action godibile con ottime scene cariche di suspense.
A Lonely Place to Die, diretto da Julian Gilbey, è un film del 2011 con Melissa George, Ed Speelers e Paul Anderson. Un thriller ad alta tensione che inizia con un doppio incipit che sembra indicare una natura maligna e imprevedibile come la vera antagonista da combattere, ma incarna invece nell’uomo un nemico da cui scappare e cercare di sconfiggere. Un film che tiene viva l’attenzione dello spettatore, senza ambire a trasmettere un messaggio morale.
I cinque addestrati alpinisti, Ed (Ed Speelers), Rob (Alec Newman), Alison (Melissa George), Alex (Garry Sweeney) e Jenny (Kate Magowan), durante un trekking tra le Highlands scozzesi, si imbattono in una ragazzina, sepolta sotto terra, spaventata, e che parla una lingua straniera, probabilmente il serbo. Ignari di cosa si celi dietro il rapimento, tentano di salvarla, raggiungendo la città più vicina e la stazione di polizia. Ma i due implacabili e feroci rapitori della bambina faranno di tutto per recuperare l’unica merce di scambio per il riscatto che hanno chiesto. Non esitando ad uccidere, A Lonely Place to Die si trasformerà in una caccia, dove i cinque alpinisti e la bambina saranno le prede e i rapitori due cacciatori inarrestabili.
A Lonely Place to Die: spari che spezzano il silenzio
Thriller a tutti gli effetti, A Lonely Place to Die, si muove tra straordinari paesaggi mozzafiato, scalate di vette altissime e fughe da proiettili volanti, in un crescendo di tensione che lascia solo pochi momenti di respiro. Una bambina indifesa che tutti si prendono l’enorme rischio di salvare, non senza ripensamenti, ma mai abbastanza da cambiare idea. Una corsa tra boschi isolati e foreste fitte di vegetazione, dirupi inaspettati, cascate e pareti ripide, da cui è possibile scivolare e cadere nel vuoto per decine di metri. Eliminando un personaggio dopo l’altro, nessun luogo sarà mai realmente sicuro: dal bosco alla strada che conduce alla cittadina, dalla stazione di polizia a una folla in festa con cui potersi confondere e passare inosservati.
Perché dopo l’ambientazione tra distese di verde, fiumi ghiacciati e montuose colline da attraversare, i protagonisti sembrano finalmente al sicuro, in una piccola cittadina apparentemente attrezzata di linee telefoniche e sistemi di sicurezza. Ma si tratta anche di un luogo dove sono in corso festeggiamenti e parate in maschera che distraggono chiunque. Una doppia ambientazione, quindi, che rende A Lonely Place to Die un film che si segue, tra suspense e colpi di scena e una dose di adrenalina che nelle prime location crea sicuramente più angoscia, considerando la desolazione di un luogo dove Alison, Ed, Alex e Anna sono delle prede stremate e spaventate senza nessun arma di difesa. Sempre sotto tiro, nel mirino dei fucili dei due spietati rapitori.
Quando nessun luogo è realmente sicuro
Senza eccessivi approfondimenti nei quali il film non sceglie di perdersi, utilizzando solo qualche elemento riferito al passato dei due killer, viene mostrato così il loro cinismo e la loro freddezza, rivelandoli sempre più violenti e pericolosi, in alcuni momenti addirittura immortali. A Lonely Place to Die non è infatti privo di quelle soluzioni inverosimili, ma accettabili, che ogni thriller adrenalinico che si rispetti può possedere. Situazioni che spesso hanno la funzione di fungere da tentativo per accrescere l’empatia verso l’istinto di sopravvivenza che muove i protagonisti. Così come la volontà di salvare una bambina terrorizzata a un passo da un terribile destino, e la fiducia che ognuno deve avere nell’altro, alla base di situazioni ad alto rischio come quelle che gli alpinisti vivono dalla prima all’ultima scena del film.
Confondere lo spettatore con un nemico invisibile, con un inaspettato ritrovamento della piccola Anna e chiarire lentamente da chi nascondersi e fuggire è sicuramente un’idea vincente che riesce a dare la sensazione di continui nuovi pericoli e problemi da affrontare, che caricano di tensione e solitudine l’atmosfera festosa e gioiosa della cittadina. Una regia ricca di ritmo non può mancare in un film di genere come quello di Julian Gilbey, la fotografia non è particolarmente brillante e il montaggio dinamico, incalzante e veloce, con una sceneggiatura però prevedibile e scontata, è l’unico elemento che non aggiunge nulla a un film che nel complesso funziona, rivelandosi un buon thriller.