A Modern Family: recensione del film con Steve Coogan e Paul Rudd
L'omosessualità, la paternità persa e ritrovata, la solitudine dei bambini e ovviamente l'adozione da parte delle coppie LGBTQ sono la base fondamentale della commedia di Andrew Fleming.
A Modern Family è un film del 2018, scritto e diretto da Andrew Fleming (Giovani streghe, Le ragazze della Casa Bianca) e interpretato da Paul Rudd e Steve Coogan. Dopo l’anteprima italiana al Biografilm Festival di Bologna, A Modern Family arriverà nelle sale italiane il 12 luglio, distribuito da Adler Entertainment.
A Modern Family: una commedia sentimentale e familiare a sfondo LGBTQ
Erasmus (Steve Coogan) e Paul (Paul Rudd) sono gli artefici (rispettivamente davanti e dietro la macchina da presa) di un celebre show televisivo a tema culinario, nonché compagni e conviventi nella vita reale. La loro routine familiare e lavorativa viene scombussolata dall’arrivo del piccolo Bill (Jack Gore), ovvero il nipote (fino a quel momento sconosciuto) di Erasmus, che dopo l’incarcerazione dell’inaffidabile padre non ha altro posto dove andare. L’eccentrica esistenza di Erasmus e Paul si arricchisce così di un altro tassello, che darà alla coppia una scarica positiva ma anche qualche grattacapo.
In un momento in cui anche i più basilari diritti LGBTQ vengono messi in discussione da politiche sempre più retrograde e avvilenti, giunge inaspettato nelle nostre sale Ideal Home, adattato dalla distribuzione italiana in A Modern Family, probabilmente per cercare un’associazione di idee e una sponda emotiva con il celebre show americano Modern Family, che come quest’opera di Andrew Fleming propone una coppia omosessuale alle prese con l’adozione di un figlio. Un tema particolarmente attuale e scontato quindi, che Fleming approccia coraggiosamente con i toni della commedia e dando giustamente per acquisito quello che per troppi è ancora un tabù, ovvero l’amore fra persone dello stesso sesso.
A Modern Family difetta nella gestione dei molteplici temi affrontati
Con un soggetto a metà fra Il vizietto e Tre scapoli e un bebè, A Modern Family ci trasporta nell’assolata Santa Fe (New Mexico), presentandoci due personaggi che vivono la propria omosessualità in maniere diametralmente opposte: l’estroso smaliziato Erasmus di un formidabile Steve Coogan e il burbero dal cuore d’oro Paul di Paul Rudd, che pur mettendo in campo la sua invidiabile vis comica appare spesso fuori ruolo. Il loro rapporto sincero e bonariamente litigioso accompagna tutto il film, dando vita ad alcuni sketch che presi singolarmente funzionano, ma non danno mai la sensazione di essere inseriti all’interno di un discorso più ampio della coppia alle prese con le difficoltà del rapporto e della vita.
L’omosessualità è soltanto uno dei tanti temi che convergono in maniera poco ordinata nel film. Con una lodevole ambizione narrativa, Andrew Fleming cerca infatti di inserire in A Modern Family anche diversi altri spunti, come la paternità persa e ritrovata, la solitudine dei bambini cresciuti in famiglie disastrate e ovviamente l’adozione da parte delle coppie LGBTQ. Anche se il ritmo è sempre alto e le risate sono assicurate, grazie anche a uno Steve Coogan semplicemente perfetto nella parte, si fatica a entrare nella personalità dei personaggi e nelle pieghe della storia, che trova un climax emotivo solo nella parte finale.
A Modern Family e la normalizzazione dei tabù
Pur comprendendo la scelta di non voler appesantire eccessivamente quella che in fondo rimane una commedia senza particolare pretese sociali, spiace inoltre notare la mancanza di un’opposizione che vada oltre a qualche bocca storta e sguardo perplesso nei confronti di Erasmus e Paul e della loro improvvisata paternità, comportamento che in un mondo giusto e ideale sarebbe del tutto normale e auspicabile, ma che nella conservatrice società americana appare troppo artificioso e forzato. Con la mancanza di un duro contrasto che faccia riflettere sulla società e sui suoi pregiudizi, a rimanere maggiormente impressi di A Modern Family sono proprio i risvolti che dovrebbero essere marginali, ovvero qualche gag particolarmente spinta sull’omosessualità e gli amorevoli battibecchi fra i protagonisti. Abbastanza per intrattenere, ma troppo poco per lasciare un tangibile segno nell’animo dello spettatore.
Pur mettendo in scena tutto il talento di un attore eternamente sottovalutato come Steven Coogan e un buon comparto tecnico e scenografico, A Modern Family non riesce a imporsi, rimanendo confinato all’interno dei limiti di una commedia priva di particolari guizzi originali e difettando in coraggio nell’affrontare gli importanti temi messi in campo. Il pregio più importante del film di Andrew Fleming, come sottolineato nelle immagini di felici famiglie LGBTQ che accompagnano i titoli di coda, diventa così quello di normalizzare i tabù e togliere dal campo l’odio, con un apprezzabile messaggio di progresso culturale e sociale che ci auguriamo venga utilizzato e condiviso da un crescente numero di persone.