A Quiet Place – Giorno 1: recensione del film di Michael Sarnoski

Dalle foreste cupe, solitarie e silenziose del sorprendente Pig, alle metropoli altrettanto quiete di A Quiet Place: Giorno 1, Michael Sarnoski dirige un terzo e convincente capitolo spin-off del fortunato franchise di John Krasinski, capace di legare tra loro La guerra dei mondi di Steven Spielberg, La fine del mondo e il paese delle meraviglie di Haruki Murakami e Benvenuti a Zombieland di Ruben Fleischer. Twinkies? No, pizze. Ma soprattutto gatti. A Quiet Place: Giorno 1 è al cinema da oggi

La distanza che separa le cupe e solitarie foreste dell’Oregon viste e raccontate in Pig, il sorprendente esordio alla regia del giovane Michael Sarnoski, dalla New York post apocalittica di A Quiet Place – Giorno 1 è tanta, eppure ci sembra di tornare lì, ed è una fortuna. Sarnoski, cineasta statunitense nato all’interno del circuito cinematografico indipendente, eredita da John Krasinski e da Jeff Nichols, che avrebbe dovuto dirigere questo terzo capitolo per poi rinunciarvi, l’atteso prequel del fortunato franchise horror A Quiet Place. Un film minore, questo è certo, eppure è nei momenti più piccoli che la sua anima si accende, rivelando un’idea di cinema estremamente affascinante, acuta e personale. A Quiet Place – Giorno 1 è al cinema dal 27 giugno 2024, distribuito da Eagle Pictures.

Gatti, pizze e silenzi in A Quiet Place – Giorno 1

A Quiet Place: Giorno 1 – la recensione del film di Michael Sarnoski

Com’è possibile realizzare un film capace di convincere tanto gli appassionati di Steven Spielberg, quanto quelli di Haruki Murakami? Cos’hanno in comune La guerra dei mondi e La fine del mondo e il paese delle meraviglie? Apparentemente niente, eppure Michael Sarnoski lega indissolubilmente tra loro due anime potenzialmente inconciliabili, mostrando quanto e come una dimensione metropolitana sci-fi e post apocalittica, possa essere feroce e temibile, ma anche e soprattutto sentimentale, dolce e filosofica, senza nulla togliere alla paura, al dramma della fine, all’angoscia di un nuovo inizio e a tutto il simbolismo che ne consegue.  

Sam (un’ottima e rediviva Lupita Nyong’o) è una giovane paziente di un centro di cura per individui mentalmente instabili, quando tutto comincia, che pur avendo perso qualsiasi ragione di vita, sceglie di restare, un po’ per il suo adorabile gatto e un po’ per la pizza. Quello di Sam è un passato destinato a svelarsi lentamente, a differenza di Eric (la prova interpretativa di Joseph Quinn non passa inosservata), un giovane uomo misterioso che lungo il cammino, o meglio, il solitario peregrinare di Sam attraverso la New York spaventosa e letale occupata dagli alieni, diviene per quest’ultima, dapprima presenza indesiderata e poi compagno di viaggio dolce, protettivo e forse, perfino amabile.

Sam e Eric non sono accomunati soltanto dalla fine del mondo per come lo conoscevano prima, ma anche da un gatto. Quest’ultimo scorrazzando qua e là sembra possedere il dono di riunire in un unico luogo e nucleo, ciascuna anima irrisolta, permettendole di svelarsi silenziosamente e poi di crollare; gridano infatti Sam ed Eric in una notte temporalesca, sfruttando la potenza dei tuoni, per celare il dolore e così la disperazione; ritrovandosi infine accolta in un legame nuovo e vero più che mai, che è familiare e al tempo stesso di sopravvivenza, tenacia e tenerezza.

Michael Sarnoski e l’importanza del silenzio

Se per molto tempo si è guardato al muto o all’assenza di sonoro nel cinema, considerandola al pari d’un limite narrativo, stilistico e comunicativo, Michael Sarnoski, fin dai tempi del suo sorprendente esordio Pig, a tutti gli effetti un instant cult, ci svela quanto in realtà il silenzio sia l’esatto contrario di un limite comunicativo. Poiché è proprio nel silenzio che si cela la verità, che si cela l’amore e così gli istinti più feroci dell’uomo. Concetto ulteriormente amplificato dall’ottimo lavoro svolto da Sarnoski per questo minore eppure interessante terzo capitolo di A Quiet Place.

Giorno 1 però non è interessato esclusivamente agli istinti di violenza e ferocia, propri di coloro che sopravvivono nelle terre di nessuno ora spaventosamente dominate da lancinanti silenzi e strade disseminate di corpi e macerie, ma anche a quelli più dolci e infantili. Cos’è infatti che si desidera di più quando tutto finisce? La risposta è semplice ed immediata, ciò che agli inizi ci ha fatti stare bene. A Sam ed Eric infatti la musica manca terribilmente, ma ancor più la pizza. Si potrebbe individuare qui un apparente riferimento all’esilarante e fuori di testa Tallahassee (Woody Harrelson) di Benvenuti a Zombieland, che nonostante sia sopravvissuto ad un nuovo mondo di non morti, non smette mai di cercare i suoi amati Twinkies, l’ultima ragione di vita.

Così come per la letteratura metafisica, surreale e poetica di Murakami poi, Sarnoski è ai più piccoli e apparentemente insignificanti momenti di sguardo, sospensione e attesa che consegna il significato più profondo del film, ed è bene che ogni spettatore ne tragga le proprie conclusioni, aprendosi forse ad ancor più domande, poiché le risposte che restano, facendo del male e del bene allo stesso tempo, lentamente svaniscono, tra le polveri, le grida, i versi e il dolore.

A Quiet Place – Giorno 1: valutazione e conclusione

Rivive La guerra dei mondi di Steven Spielberg, tra riflessione sulla paternità, il rapporto travagliato eppure solidissimo e inscalfibile tra padri e figli e così attraverso la dimensione action, qui ridotta all’osso, di un’aggressione aliena destinata a causare un vero e proprio inferno sulla terra, che si rivelerà però incapace di cancellare l’umanità, nella sua forma più innocente, spaventata, dolce e gentile.

Michael Sarnoski coglie il messaggio e, così come John Krasinski, riesce a non perdere mai la propria voce – in una nuova realtà di grandi silenzi -, seppur distante dalle origini dell’indipendente, del film personale, celato qui nel blockbuster da largo pubblico, che non è però affidato ad un mestierante qualsiasi, o altrimenti, ad un nome noto dello scenario hollywoodiano, piuttosto ad un giovane cineasta e cinefilo, con un amore sconfinato per il cinema, che forse, proprio grazie ad esso, si ritrova – e ci ritrova – anche all’interno di un film come questo, così distante da Pig e allo stesso tempo così vicino.

Lasciatevi andare ai silenzi, lasciatevi andare alle pizze, al dolore e alla bellezza poetica e sovrannaturale dei gatti, coloro che meglio e più di qualsiasi altro individui, si rivelano capaci di rintracciare l’amore e la vita, quella vera, perfino tra le macerie, perfino nel terrore.
A Quiet Place: Giorno 1 è al cinema dal 27 giugno 2024, distribuzione a cura di Eagle Pictures.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.8