A Real Pain: recensione del film di e con Jesse Eisenberg

Il film scritto, diretto e interpretato da Jesse Eisenberg, con Kieran Culkin co-protagonista, candidato a due Oscar.

Un legame lo si costruisce con il tempo e con la storia, spesso attraverso il sangue; è forse questo uno dei messaggi recapitatici da Jesse Eisenberg con A Real Pain, il secondo film dal lui scritto e diretto – dopo Quando avrai finito di salvare il mondo – che lo vede, questa volta, anche in veste di interprete al fianco di Kieran Culkin, candidato all’Oscar come miglior attore non protagonista. Nomination anche per la sceneggiatura di Eisenberg che, in maniera ispiratamente autobiografica, racconta il viaggio in Polonia di due cugini ebrei americani, intrapreso per onorare la memoria della defunta nonna. La pellicola vede anche la firma di Topic Studios, Extreme Emotions e della Fruit Tree Prodution, la casa di produzione fondata nel 2020 da Emma Stone, assieme a suo marito Dave McCary. Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival il 20 gennaio 2024, A Real Pain arriva nelle sale italiane a ridosso dell’attesissima Notte degli Oscar 2025, distribuito da The Walt Disney Company Italia.

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A Real Pain: radici e legami

A Real Pain cinematographe.it

Alla morte dell’affezionata nonna, i due cugini Benji e David Kaplan, investono i fondi da lei lasciatigli, per partire dagli Stati Uniti alla volta della sua città natale Krasnystaw, in Polonia. Il film si apre in aeroporto; Benji (Kieran Culkin), in largo anticipo, attende il cugino David (Jesse Eisenberg), al contrario, in ritardo; i due, uniti da un forte legame da moltissimo tempo ma ormai allontanatisi a causa dalle rispettive vite adulte, si presentano fin da subito in forte contrasto caratteriale: eccentrico, impulsivo e a tratti irrefrenabile Benji, in passato legatissimo all’anziana parente venuta a mancare e ora in cerca di un sostegno familiare che sente mancare; introverso, pavido e maniacale ai limiti del disturbo David, partito – lasciando soli a casa moglie e figlio – per riscoprire quella sensibile parte di sé a tratti dimenticata, e per ritrovare quell’affetto fraterno, motore dell’ossimorico turbinio di sentimenti che, costantemente, lo agita.

Arrivati a Varsavia, i Kaplan si uniscono ad un gruppo turistico con il proposito di scoprire alcune delle più importanti pagine della storia ebraica: passando dal Monumento agli Eroi del Ghetto e il Monumento all’Insurrezione di Varsavia alla città di Lublino, i protagonisti arrivano poi alla climatica e cruciale visita al campo di concentramento di Majdanek, che anticipa l’ultima tappa del tour, la più importante, quella alla casa di infanzia della vecchia nonna. Nel corso del viaggio l’indole antitetica dei due personaggi viene allo scontro in diverse occasioni, con l’animosità incontrollata di Benji capace, nonostante alcuni momenti tensivi generatori di forti imbarazzi, di rendersi benzina per l’intero gruppo la cui guida, James (Will Sharpe) trae dal personaggio importanti insegnamenti.

Tutto in un silenzio

A Real Pain Jesse Eisenberg cinematographe.it

A Real Pain vive di una musica quasi onnipresente, asfissiante, inarrestabile quanto il co-protagonista Benji, eppure è nel silenzio che trionfa, che tocca il proprio culmine riuscendo, finalmente, a toccare con mano anche i nostri cuori. L’aeroporto all’inizio, l’aeroporto alla fine, nel mezzo un viaggio che attraverso i continenti va alla ricerca di quelle radici, la cui necessaria e rispettosa memoria fa da fervente propulsore e spinge sempre più a fondo, si avvicina volando lontano, distante. I cugini Kaplan cercano sé stessi proprio in questa distanza, attraverso il confronto con l’altro, con il loro opposto, la loro nemesi, l’altra faccia di quella medaglia splendente negli anni di gioventù e ora opacizzata dal passare del tempo, dalla morte, dai problemi di una vita adulta dimenticatisi dell’importanza del ricordo e sfociata, per l’uno, nella depressione e, per l’altro, nella maniacalità. A Real Pain vive di opposti e di legami, vive un gioco di attrazione e repulsione che, volenti o nolenti, ci muove tra le righe dei dialoghi e tra la parole dei due protagonisti, ben definiti e ben amalgamati, ben distinti come a rappresentare in due la totalità di un tutt’uno, i due opposti lati interiori del suo autore. Egli qui romanza sé stesso e lo fa accompagnato da una musica che pervade e che si spegne quasi esclusivamente nella sequenza di maggior rispetto la quale, in maniera quasi documentaristica, racconta l’orrore dei campi di concentramento.

A Real Pain: valutazione e conclusione

Kieran Culkin

Se già come interprete Jesse Einsenberg era molto apprezzato, con questo suo secondo lungometraggio in veste di regista e sceneggiatore, dimostra di poter stare comodamente anche dietro una macchina da presa e, soprattutto, ai piedi di una macchina da scrivere. La sensibilità e la delicatezza con cui vengono affrontate le tematiche della memoria, dell’identità e della scoperta di sé attraverso lo studio della storia, evidenziano tutta la verità di cui trasuda questo racconto. Il regista racconta sé stesso e, in particolare, racconta le sue radici, espletandone gli intrecci e i legami e ricreando una storia toccante che, nonostante alcuni picchi narrativi, poteva toccare ancor più in profondità ma che, al contempo, delinea perfettamente i tratti psicologici di due personaggi che impersonificano l’aspetto dialettico della vicenda.
Riprendendo dal paragrafo precedente si torna sulla musica e su quella sua abbondante presenza, utile alla contestualizzazione ma, a tratti, esasperata, irritante, cancellata unicamente nella scena della visita al campo di concentramento, drammaticamente silenziosa sino al suo momento ultimo, alla scena magna dell’intero film, in cui persino il rumore di sfondo scompare e il fiato per un momento si sospende. La scrittura funziona, la musica in parte, la fotografia e la regia si limitano al giusto senza distinguersi, senza emergere, a differenza delle interpretazioni di Culkin e Eisenberg che danno vita ed espressioni ad una trama intessuta su resistenti maglie drammaturgiche.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.7