ABC’s of Death: recensione
Prendete 26 registi appartenenti al panorama horror mondiale, assegnate ad ognuno una lettera dell’alfabeto e ditegli di confezionare in massima libertà creativa un cortometraggio che parla di morte. Nasce così ABC’s of Death, ovvero un abecedario dedicato a 26 modi per morire, ad ogni lettera un decesso. Questo curioso esperimento prende vita grazie a Tim League e Ant Timpson, personalità intraprendenti votate alla rivalutazione del cinema horror e fantastico underground.
Il risultato finale: due ore trascorse in un loop infinito di sangue, armi da taglio, esplosivi, combattimenti, torture, vampiri e chi più ne ha più ne metta. Nonostante l’evidente difficoltà nel realizzare un’opera antologica (con modesti budget) di questa portata, in ABC’s of Death colpisce la varietà degli stili registici, ognuno diverso dall’altro nel trattare lo stesso tipo di argomento; l’intero pacchetto è ben cucito assieme e non annoia più di tanto in quanto alterna vicende decisamente sanguinolente e putride ad un piacevole humor nero; personaggi e situazioni grottesche con erotiche vicende altamente disturbanti. Naturalmente come in tutte le opere antologiche ci sono parti più riuscite ed altre meno, storie più originali ed altre molto più scontate. Ma entriamo nel merito portando qualche esempio di ciò con cui vi scontrerete nella visione di ABC’s of Death.
ABC’s of Death – 26 modi per morire
Particolare divertente, ma allo stesso tempo un po’ deludente, che si coglie durante la visione è il tema ricorrente della “toilette” abbinato al tema della morte in ben tre episodi: K is for Kluts di Anders Morgenthaler, cortometraggio animato che richiama le commedie slapstick, in cui una donna viene uccisa nel bagno di un locale (dopo un’estenuante battaglia) dal suo stesso escremento che non ne vuole sapere di finire nello sciacquone; T is for Toilet di Lee Hardcastle, un corto realizzato in stop-motion sul terrore provato da un bambino nei confronti del suo water, visto nei suoi peggiori incubi come un mostro sventra-umani (mai visto pongo più gore di questo); M is for Miscarriage di Ti West, altro corto decisamente d’impatto in cui una donna ha un’aborto spontaneo al bagno: se ne accorgerà solo nel momento in cui sta per tirare lo sciacquone.
Non poteva mancare nella lista di ABC’s of Death, una nipponica mente brillante in grado di realizzare un cortometraggio sulla morte per scorreggia. F is for Fart di Noboru Iguchi utilizza il cliché dell’amore saffico tra una studentessa e la sua insegnante, un amore che si consuma tra poetiche flatulenze giallognole…Fino al topico momento in cui la studentessa verrà letteralmente aspirata dal retto dell’insegnante. Non mancano importanti riflessioni filosofiche sul perché Dio permetta che le donne emettano gas intestinale.
A trattare di liquidi corporei è anche L is for Libido di Timo Tjahjanto, corto exploitation decisamente malato che mette in scena una gara di masturbazione in cui vince chi viene per primo, pena una trivellata anale immediata. Peccato che ciò che dovrebbe stimolare i due concorrenti è raccapricciante: una donna che si masturba con la protesi della sua gamba, situazioni pedofile… Sorprendentemente sanguinoso il premio finale, che non vi sveliamo.
A distinguersi dal marciume circostante è O is for Orgasm di Helene Cattet e Bruno Forzani: un corto molto fine e delicatamente allucinatorio che gioca su toni cupi, primi piani ed immagini specchiate per descrivere le sensazioni intense di un orgasmo imminente provocato da pratiche BDSM.
Stupisce per i toni piuttosto pacati R is for Removed, realizzato da Srdjan Spasojevic (A Serbian Film), che colpisce positivamente per le immagini inquietanti ed astratte allo stesso tempo ma, soprattutto, per il tema metaforico trattato: la lunga agonia di un uomo che produce dalla sua stessa carne una pellicola cinematografica, un evidente nesso tra il dolore ed il parto creativo di un artista.
Ci rendiamo conto della stramba ispirazione che dona il tema della morte guardando H is for Hydro-Electric Diffusion di Thomas Cappelen Melling, un corto in cui troviamo un cane antropomorfo nei panni di un aviatore della seconda guerra mondiale ed una volpe nei panni di una nazi-stripper. Durante tale visione nasce spontanea una riflessione sulla sottile linea che separa una genialità da una cagata pazzesca. Tutto sommato il risultato è interessante perché alterna momenti alla Tex Avery, alla pratica del furry fandom con cruenti e folli scontri.
Nota positiva per il corto francese X is for XXL di Xavier Gens che tratta del disagio di una cicciona costretta tutti i giorni a subire insulti per il suo peso corporeo. Per diventare come le onnipresenti modelle magrissime e bellissime esiste un solo modo veloce per togliere i chili di troppo: dare un taglio netto.
Deludenti e decisamente noiosi altri episodi come G is for Gravity di Andrew Traucki che da l’idea di non avere idee: una soggettiva descrive la morte per annegamento di un surfista; non è da meno W is for WTF di Jon Schnepp, titolo didascalico che allude al “ma che cazzo?!” stampato a caratteri cubitali sulla fronte dello spettatore durante la visione del corto: un’ accozzaglia caotica un po’ fake-vintage.
Dare un giudizio complessivo ad ABC’s of Death è pressoché impossibile in quanto significherebbe giudicare allo stesso modo l’opera di diversi autori che agiscono con mezzi diversi, diverse ispirazioni ed approcci. Vi consigliamo la visione di ABC’s of Death per apprezzare (nel bene e nel male, nella noia e nel gaudio) punti e spunti diversi su un tema horror inflazionatissimo, tuttavia curioso e sempre diverso.
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