Afterlife of the party: recensione del film Netflix di Stephen Herek
Alla defunta Cassie viene promessa la gloria eterna, ma solo se capace di riparare gli errori commessi in vita. Afterlife of the party promette divertimento e invece lascia esausti. Dal 2 settembre su Netflix.
Disponibile su Netflix a partire dal 2 settembre 2021 e subito (incomprensibilmente) in vetta nella top ten dei film più visti, Afterlife of the party gioca sul paradosso della morte a metà per mettere in scena l’ambizione alla beatitudine eterna sotto forma di redenzione ai peccati terreni.
La trama di Afterlife of the party
Ad essere richiamata dall’alto per espiare colpe di superficialità e indolenza è una Victoria Justice (Eye Candy) in tacchi a spillo e strass, pronta con qualsiasi scusa a festeggiare per i locali notturni con la migliore amica e coinquilina Lisa (Midori Francis). Organizzatrice d’eventi la prima e paleontologa l’altra, le due durante l’ennesima notte di bagordi si ritrovano a rinfacciarsi stili di vita assai incompatibili, e tornata a casa piuttosto alticcia Cassie sbatte la testa e muore sul tappeto del bagno nel suo appartamento. Risvegliata in quello che lì su è il giorno dopo, mentre qui giù è trascorso un anno, la giovane defunta si ritrova nel decòr pastello di una sala d’attesa dell’al di là, e, assimilato lo shock delle parole del suo angelo custode temporaneo Val (Robyn Scott), s’impegna a fare ammenda delle questioni in sospeso fra genitori e amica del cuore per raggiungere il paradiso, oppure fallire e bruciare tra le fiamme dell’inferno.
Bisogna allora tornare in terra, accorgersi della propria invisibilità, e provare a far (ri)trovare pace ad un padre consumato dall’alcool e dalla solitudine; a perdonare una madre allontanata in tenera età; a chiarire le divergenze con un’amica incompresa. Cassie torna in quella che una volta chiamava casa proprio nella fatidica settimana del suo compleanno, lo stesso che ora è diventata la commemorazione annuale della sua precoce dipartita.
Tra fantasy post-mortem e ritorno in vita, il film con Victoria Justice è una festa mal riuscita
Diretto da Stephen Herek su sceneggiatura di Carrie Freedle, Afterlife of the party avrebbe tutta l’aria di un dramma spirituale sul valore incompreso della brevità dell’esistenza, ma l’impostazione è tutt’altro che recondita: la commedia fantastica ad un tratto assume i tratti della rom-com, il problema semmai è l’inerzia in scrittura e la lentezza esagerata (109 minuti) per arrivare ad un clou narrativo limitato nella sua superficialità. Il film non sorprende né appassiona, la magia del teletrasporto e l’ironia dell’assurdità perdono l’interesse dello spettatore nella strada già ampiamente esplorata del dubbio post-mortem, tenendosi sempre sulla crosta esterna del meccanismo paradossale che genera il sorriso, snocciolando situazioni d’ilarità contenuta e cliché di caratteri e prevedibilità.
Afterlife of the party intrattiene con humor soprattutto nell’introduzione delle diversità caratteriali di Cassie e Lisa, ma a lungo andare il film si sbriciola e, pur l’evidente cura nel dettaglio cromatico in perfetto stile Netflix, la pellicola diventa invisibile come la sua protagonista nonostante sia vestita di sgargianti abiti in paillettes e lustrini, alla disperata ricerca di mostrare la propria esistenza davanti a occhi impercettibili di chi le sta accanto. Ammetterlo sarà considerato peccato capitale, ma questo è probabilmente il peggior tentativo di Netflix degli ultimi mesi.