Venezia 75 – aKasha (The Roundup): recensione

aKasha ha un'ottima regia, che per nulla si adatta ad un racconto semplicistico che mira ad un cinema di genere quando non ne ha le dovute facoltà.

Ci sono cinematografie che stanno cercando di crescere e, per farlo, c’è bisogno che muovano i primi passi. Molti passi. Decisamente un’infinità di passi prima di poter ritenersi complete e soddisfatte. Come le opere filmiche delle zone dell’Africa, che stanno esplorando sempre più i generi del cinema e tentano di metterli in atto nelle loro piccole produzioni. Come succede ad aKasha, film nella sezione della Settimana Internazionale della Critica all’interno della 75ª Mostra dell’Arte Cinematografica di Venezia.

Durante la stagione delle grandi piogge, in Sudan diventa impossibile lavorare, e soprattutto diventa una sfida quella di consumare una guerra durante i giorni di tempesta. Per questo il Paese si ferma, aspettando il finire delle piogge. I soldati tornano al loro villaggio, ma il dover ripartire dalla propria casa diventa sempre più arduo. Adnan (Kamal Ramadan) rischia di venir punito per aver saltato l’appello dell’unità militare, ma prima di potervi tornae deve recuperare il suo fucile Nancy e sistemare le cose con la fidanzata Lina (Ekram Marcus), stufa del comportamento da casanova del ragazzo. Sfuggire all’arresto, chiarire le cose con Lina e riprendere in mano la situazione: è questo che Adnan deve fare, sostenuto dall’improbabile compagno Absi (Ganja Chakado).

aKasha – Una regia splendida per un racconto mediocre

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Bisogna sempre puntare in alto con i propri obiettivi ed è questo che fa il regista, produttore e sceneggiatore – e anche montatore – Hajooj Kuka con il suo aKasha. Ci sono cose che, proprio grazie alla forza di volontà e alla grande applicazione, finiscono per venire riconosciute con sinceri complimenti ed altre che invece non raggiungono neanche un minimo del risultato sperato. Come accade, nel primo caso, con la regia di Hajooj Kuka e come invece succede poi con tutto il resto della sua opera.

I tagli che Kuka dà all’immagine si abbinano alla nitidezza cristallina del digitale e ai colori che la terra dell’Africa e la sua cultura regalano, mettendo a disposizione un lavoro tanto pregiato quando sprecato se associato al contenuto del film. Una pellicola talmente ben girata che non avrebbe dovuto permettersi un racconto tanto superficiale come quello che si ritrova e che non intacca certo l’ammirevole regia di Hajooj Kuka, ma la rende una bella confezione per un pacco che poi è in realtà soltanto un involucro.

aKasha – Una mescolanza di generi mal gestita

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aKhasa punta ad una mescolanza di generi che non viene maneggiata in maniera adeguata e che segue le strutture delle storie di tantissimi film occidentali, senza comprenderne fino in fondo il peso e dove bisogna agire per alleggerirlo. Le prime immagini con cui si apre l’opera segnano una notte scura che sarà presto spazzata via dal sole, come quest’ultimo in fondo spazza via l’apparente tono drammatico che si stava impostando al principio della pellicola per concentrarsi sulle scaramucce amorose che trasformano ulteriormente il film in una inaspettata rom-comedy. E più si procede, più il film diventa un caos di idee, andando addirittura a prendere dal surreale per utilizzarlo e integrarlo con effetti speciali ai confini dell’assurdo (e, ovviamente, delle possibilità).

Un film decisamente semplice in cui purtroppo gli attori non contribuiscono ad alzare il livello della prestazione generale dell’opera e anzi, a volte, sembrano addirittura abbassare ancora di più il livello qualitativo del tutto. Di certo un tentativo di cinema contemporaneo che mostra la conoscenza delle dinamiche della narrazione, non sapendole però utilizzare al loro meglio, creando un film ingenuo, ma che presenta le abilità di questo aspirante regista.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.4