Akira: recensione del film capolavoro di Katsuhiro Otomo
Al cinema solo il 18 aprile in occasione del 30° anniversario, Akira è un complesso capolavoro dell'animazione in grado di legare scienza e misticismo alle più profonde pulsioni ed emozioni dell'animo umano.
Non è possibile parlare di Akira, il capolavoro di Katsuhiro Otomo, senza tenere conto del trauma, ancora vivo e vibrante nella cultura giapponese, costituito dall’esplosione nucleare che ha distrutto Hiroshima e Nagasaki. Figlio dell’atomica, il Giappone ha cominciato ben presto a rielaborare l’atroce lutto che ha dovuto subire, un evento spaventoso che ha posto fine a un’epoca per trascinare il Paese nella contemporaneità; ancora oggi, il simbolo dell’atomica, il fungo di fumo e la luce abbagliante che ingloba e distrugge ogni cosa sul suo cammino, ritorna con inquietante frequenza, a dimostrazione di una ferita ancora sanguinante che forse mai sarà del tutto sanata dall’unico Paese al mondo che ha dovuto fare i conti con un vero conflitto nucleare.
Akira si apre esattamente con questa immagine: la metropoli di Tokyo viene rasa al suolo da una bolla luminosa che si sprigiona improvvisamente e si espande inesorabile immersa nello sgomento silenzio di chi piange la fine di un mondo e, allo stesso tempo, si chiede come questo sia potuto succedere. Proprio su queste questioni, tra le molte altre, si sofferma il film di Otomo, che, come usuale all’interno della fantascienza, cerca di trovare una risposta che possa chiudere i conti col passato, raccontare il nostro presente e, eventualmente, azzardare una previsione sul futuro, che appare tutt’altro che accattivante.
Akira: un complesso capolavoro che coniuga fantascienza e misticismo
Realizzato con un impiego di uomini e mezzi paragonabile a un autentico kolossal, Akira è diventato nel corso del tempo un autentico cult sia per il suo contenuto ricco ed estremamente denso, sia per le magnifiche animazioni che portano in vita la storia di Otomo. In generale, si potrebbe dire che Akira porta all’estremo la riflessione imposta dall’atomica e molto comune tra gli autori di fantascienza nipponici (Neon Genesis Evangelion, ad esempio, parte da un presupposto sinistramente simile), interrogandosi, sotto forma di racconto fantastico e potentemente metaforico, sulle sue cause e le drammatiche conseguenze che ha trascinato con sé. Neo Tokyo è un doppelganger della Tokyo contemporanea che non ha avuto la forza di rialzarsi dopo l’apocalisse che l’ha colpita, in cui riecheggiano, estremizzati, i complessi conflitti e le storiche piaghe sociali che ciclicamente segnano il Giappone. La città è preda di gang di motociclisti, terroristi e ciarlatani, distrutta da una violenza endemica che esplode, brutale, in ogni angolo, e lacerata da moti rivoluzionari e furibonde repressioni. L’assenza di una figura autorevole che guidi la popolazione ha permesso la nascita di culti e superstizioni che aspettano solo la rivelazione di un Messia per far esplodere la bomba già innescata che cova tra la popolazione di Neo Tokyo.
E il Messia, fatalmente, arriva. Nel personaggio di Tetsuo si riassume il terrore e la fascinazione giapponese per gli ibridi uomo-macchina e gli esperimenti mirati a superare la condizione umana sfiorando in modo blasfemo la natura divina, abbracciando fantascienza e misticismo con una completezza mai più raggiunta in seguito. Tetsuo è la deriva di una scienza che, priva di una coscienza, gioca con forze che non riesce a comprendere e maneggiare, svegliando arcani misteri per i quali l’umanità è ancora acerba. Un punto sul quale si torna insistentemente, infatti è che l’uomo non deve arrogarsi il diritto di spingersi troppo oltre l’estremo dei suoi limiti: così come l’ameba non può maneggiare il potere di un uomo, un uomo non può giocare con il potere di Dio senza provocare conseguenze che sfuggano al suo controllo, arrivando a distruggere il suo intero mondo. Oppure no: perché nel finale, l’istinto di distruzione di Tetsuo si fa forza creativa, e dopo aver raso al suolo Neo Tokyo dà vita a un nuovo Universo, riabilitando la natura potenziale dell’energia in suo possesso con la dimostrazione che solo l’uomo ha la responsabilità dell’uso che ne viene fatto.
Una critica non tanto alla scienza, quindi, ma al suo utilizzo per scopi perversi. Una posizione estremamente lucida che riesce a prendere forma attraverso tutte le diverse sottotrame che si intrecciano in questo racconto corale dove ogni personaggio persegue una sua agenda personale spesso in conflitto con i progetti degli altri. Akira costruisce un mondo futuristico ma saldamente legato all’epoca in cui il film è stato realizzato (ne è dimostrazione l’evidente estetica di fine anni Ottanta), perfettamente coerente e in cui ogni tassello finisce per incastrarsi perfettamente con quello posto al suo fianco, disegnando un mosaico enorme e bellissimo, che può essere adeguatamente gustato solo con numerose visioni. Un’opera fiume che si appoggia su una sceneggiatura articolatissima e capace di legare ogni piccola scena alla grande storia che sta raccontando, portando avanti molteplici linee narrative che si incrociano e ramificano senza sfuggire mai di mano all’autore fino alla conclusione. Un autentico gioiello di storytelling arricchito da immagini meravigliose.
Akira: un’animazione ancora all’avanguardia
Akira è un film decisamente ancora all’avanguardia anche per l’uso dell’animazione. Realizzato da una collaborazione tra le dieci maggiori compagnie di produzione cinematografica giapponesi, che permise una lavorazione ininterrotta 24 ore su 24, il film è semplicemente maestoso. Le inquadrature sono dense, completamente riempite da immagini incredibilmente dettagliate sia nei fondali che negli elementi in animazione. I colori sono brillanti, e l’animazione, sebbene ancora legata a un design piuttosto generico dei personaggi, scorre con una fluidità e una naturalezza non sempre scontata nell’animazione di provenienza giapponese.
Il successo principale del film è quello di riuscire a tradurre una storia così complessa in immagini sufficientemente evocative che potessero, da sole, riassumere l’intrico di concetti e temi che cerca di raccontare. Fin dall’inizio, con la silenziosa esplosione su Tokyo, ci troviamo di fronte a un film che usa le immagini come parte integrante della propria sceneggiatura, arricchendola in ogni scena con un’impostazione suggestiva, per quanto talvolta inquietante. È il caso, ad esempio, delle grottesche allucinazioni e trasformazioni di Tetsuo, che traducono in materiale visivo le parole dell’esper Kyoko: l’umano che c’è in Tetsuo finisce con il soccombere all’energia semidivina che vive dentro di lui diventando una mostruosità di carne e metallo, in una scena squisitamente body-horror che mantiene intatta la sua efficacia ancora dopo trent’anni dalla sua realizzazione. Ottimo anche l’impiego della grafica computerizzata, impiegata soprattutto nelle scene in cui si manifestano i poteri soprannaturali dei bambini esper e di Tetsuo.
Un discorso a parte merita il sonoro, che, oltre a dei bellissimi effetti sonori e una colonna sonora eccezionalmente ispirata, fa un uso geniale del silenzio. Dalla già citata scena iniziale della distruzione di Tokyo fino al criptico finale, il silenzio accompagna tutti i momenti nevralgici dello svolgimento della storia, sospendendo le immagini in una sorta di atemporalità in cui diventano rappresentazione assoluta dell’orrore che sta prendendo forma davanti ai nostri occhi. Perfino i rumori che talvolta ne emergono rimangono sospesi, come a voler aumentare la sensazione di irrealtà e straniamento che le immagini ispirano.
Akira è un’opera immersiva di fronte alla quale è impossibile rimanere indifferenti, un fiume in piena di storie e suggestioni che si succedono a un ritmo talmente folle che sembra impossibile, quasi, che abbia un senso. Come tutte le grandi storie, però, affonda le sue fondamenta all’interno dell’umanità e in ognuno di noi, mostrandoci i nostri limiti e dando vita alle nostre paure più nascoste; un atteggiamento non esattamente ottimista, certo, ma che riesce a risolversi in modo straordinariamente poetico con una ciclicità tra la morte e la vita che lascia intravedere uno spazio per la speranza.
Akira sarà al cinema solo il 18 Aprile con Nexo Digital in occasione del trentesimo anniversario del suo debutto e del nuovo doppiaggio realizzato per l’occasione.
[badge-votazione]