Al di là delle montagne: recensione
Al di là delle montagne è il titolo del film drammatico, presentato in concorso a Cannes2015 e vincitore dell’Asian Film Award per la miglior sceneggiatura, scritto e diretto da Jia Zhangke. Disponibile nella sale italiane a partire da domani, la pellicola, inizialmente ambientata in Cina alla fine del 1999, racconta la vita della protagonista Tao, una giovane donna corteggiata dai suoi due amici d’infanzia, Zhang e Liangzi. Il primo è destinato ad un promettente avvenire, mentre Liangzi è più umile e per vivere lavora in una miniera di carbone. Sentimentalmente divisa tra i due uomini, Tao farà una scelta che segnerà il resto della sua vita, ma non è finita qui. In quella che individuiamo come la seconda parte del film, ambientata nel 2014, siamo aggiornati su cosa è cambiato nella vita di una Tao ormai matura e madre di Dollar. Quest’ultimo vive in Australia nella sicurezza che quella sia la terra promessa di un avvenire migliore. La terza ed ultima parte di Al di là delle montagne è invece collocata in Australia nel 2025 e segue la vita tormentata di un Dollar ormai divenuto un ragazzo. L’idea di proporre allo spettatore una storia che, attraverso le vicende di quattro vite differenti, indaghi la realtà della Cina passata, presente e futura è una premessa di per se molto interessante che, tuttavia, non basta a rendere i 131 minuti del film un capolavoro (anzi, ne siamo molto lontani!).
È dopo una quarantina di minuti che vediamo comparire il titolo del film. Si è scelto di posticipare la conclusione dei titoli di testa fino a quel momento probabilmente per sottolineare con maggiore evidenza la fine della prima parte, ambientata nel 1999, e l’inizio della seconda, collocata nel 2014. Ciò che proviamo di fronte al titolo in grassetto è (c’è da ammetterlo!!) un forte sospiro di sollievo: in quel preciso istante ci illudiamo che sia già finito tutto, ma…pura illusione! Ne avremo ancora per molto. La sceneggiatura è pesante, confusa e ogni virgola è dettata da un profondo e asfissiante pessimismo. L’autore è caduto vittima dell’ambizione di voler parlare di tutto il possibile (troppo!), realizzando, in definitiva, un prodotto che affronta tante tematiche, ma male, sfiorando appena diversi problemi, senza alcuna profondità d’analisi. A tutto questo va aggiunta una generale lentezza narrativa a cui le soluzioni della regia non sembrano porre rimedio e che, dall’inizio alla fine, rende il film di Jia Zhangke poco digeribile anche agli spettatori più appassionati delle trame struggenti.
Al di là delle montagne – un prodotto la cui bellezza risiede nelle premesse e nella fotografia, ma niente di più!
Nel cast del film figurano i nomi di Zhao Tao, Yi Zhang, Jing Dong Liang, Zijian Dong e Sylvia Chang. A vestire i panni di Tao è Zhao Tao. L’attrice, nella prima parte del film, restituisce un’immagine della giovane protagonista diciottenne fin troppo carica di ingenuità, ma è soprattutto nelle interpretazioni delle altre due sequenze temporali che proprio non convince: la protagonista ormai madre e donna ci appare “teatrale” ed esagerata in ogni manifestazione della propria disperazione, tanto da sfiorare il patetico in più di un’occasione. Unica e sola (a questo punto sembra proprio di si!) nota positiva scaturisce dalla fotografia, che cambia colori e tonalità, sottolineando i passaggi da una dimensione temporale all’altra: i colori più chiari della prima parte, per cui è stato scelto il formato in 4:3, lasciano successivamente il posto alle atmosfere più cupe della seconda sequenza, in formato 16:9. Nella scelta dei diversi formati (4:3, 16:9 e 2,35:1 per l’ultima parte) e nelle variazioni di tonalità della fotografia il film reca traccia del lungo periodo di maturazione con cui è stato realizzato. A tal proposito segnaliamo quanto ha dichiarato il regista in un intervista condotta da Jean Michel Frodon:
Al di là delle montagne deriva in parte da sequenze accumulate durante le riprese dei miei film precedenti. A partire dal 2001, quando ho avuto la mia prima videocamera digitale, il mio direttore della fotografia Yu Lik-wai e io siamo andati molto in giro, filmando un po’ a caso. Abbiamo realizzato delle riprese che non erano propriamente dei test, ma più che altro degli appunti, senza sapere cosa ne avremmo fatto in seguito. Quattro anni fa abbiamo fatto più o meno la stessa cosa con una nuova macchina da presa, molto più molto performante, la Arriflex Alexa. Mettendo in relazione quei due insiemi di immagini, a dieci anni di distanza, mi è venuta l’idea del film. Sono rimasto colpito nel constatare quanto le immagini del 2001 mi sembrassero lontane, come se venissero da un mondo scomparso.
Al di là delle montagne è, in definitiva, un prodotto la cui bellezza resta nelle premesse, ma niente di più. La pesantezza dell’insieme abbondante di tematiche e la lentezza narrativa non permettono mai al film di decollare veramente.