Alla corte di Ruth – RBG: recensione del documentario su Ruth Bader Ginsburg

All’età di ottantaquattro anni, il giudice Ruth Bader Ginsburg si è trasformata in un simbolo di libertà ed emancipazione: il documentario a lei dedicato, Alla corte di Ruth – RBG, ha il grande merito di riuscire a dimostrare come la vita di una donna di ottant’anni non è giunta al termine, ma ancora può rivelarsi un modello di ispirazione per quei giovani di oggi che un domani avranno il dovere di combattere le ingiustizie.

Educativo e divertente, Alla corte di Ruth – RBG, il documentario diretto e prodotto da Betsy West e Julie Cohen nel 2018, riesce a restituire un ritratto approfondito, interessante ed inedito del secondo giudice donna della storia della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, mostrando i lati nascosti della vita che la Ginsburg porta avanti fuori dal tribunale, analizzandoli attraverso interviste intime mai pubblicate prima d’ora.

Alla corte di Ruth – RBG: l’importanza di essere Ruth Bader Ginsburg

Alla corte di Ruth - RBG cinematographe.it

Sebbene, ad un primo impatto, l’esistenza di un’eroina che si è rivelata essere una delle uniche voci sane e degne di nota nell’attuale governo americano non si presenti come uno degli argomenti più divertenti e appassionanti al mondo, Alla corte di Ruth – RBG si presenta come un documentario in grado di affascinare ed intrattenere: in seguito alla visione del film, infatti, sarà impossibile non apprezzare tutto il duro lavoro di Ginsburg, la cui carriera è sempre stata messa al servizio della parità di genere e, più in generale, del concetto di uguaglianza.

Non si tratta di qualcosa di nuovo o di rivoluzionario, né dal punto di vista narrativo che da una prospettiva estetica: caratterizzato da un impianto espositivo molto semplice, Alla corte di Ruth – RBG è un ritratto ben strutturato e approfondito, fluido e coerente di una donna straordinaria. Snodandosi tra la sua carriera e sulla sua vita privata, il documentario si focalizza su aspetti inediti –quali il suo rivoluzionario senso etico, gli anni difficili dell’università e la battaglia contro il cancro affrontata dal tanto amato marito– di cui il pubblico sarebbe difficilmente venuto a conoscenza.

Non c’è molto da dire sul contenuto del lungometraggio, caratterizzato da una grande sincerità e da un’evidente onestà intellettuale. Eppure, bisognerebbe chiamare più attenzione su di esso: nonostante sia stata un’icona fondamentale, senza l’intervento della quale la società non sarebbe più stata come la conosciamo oggi, Ruth Bader Ginsburg, la sua vita e il suo operato non sono conosciuti dalla maggior parte del pubblico. Purtroppo.

Un documentario necessario, nonostante tutti i difetti

Alla corte di Ruth - RBG cinematographe.it

Sostenere che Alla corte di Ruth è un lungometraggio totalmente privo di difetti equivale ad appoggiare un’affermazione menzognera: quando si è impegnati a ritrarre una donna sobria ed elegante, icona della giustizia, far ricorso a un immaginario eccessivamente pop e ad un editing troppo moderno, troppo elaborato non sembra essere la scelta giusta, anzi. L’estetica pop, in questo caso, risulta essere poco coerente con il personaggio descritto.

E anche la scelta di ignorare –o, almeno, non approfondire così tanto– l’etica su cui si basa Ruth Bader Ginsburg, privilegiando il racconto della passione per la cucina nutrita dalla donna o delle sue amicizie, si presenta come una superficialità, volta solamente ad intrattenere e non informare.

Nonostante tutti i difetti, però, il conciso e approfondito Alla corte di Ruth – RBG non sarà di certo il più grande evento cinematografico dell’anno, ma è senza ombra di dubbio una visione necessaria, capace di risvegliare un grande interessamento nei confronti della libertà, dell’uguaglianza e delle discriminazioni sessuali.

Regia - 3
Fotografia - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.9