Alla scoperta di ‘Ohana: recensione del film Netflix di Jude Weng

La recensione dell’adventure-comedy in versione teen dell’esordiente Jude Weng. Disponibile su Netflix dal 29 gennaio.

Se c’è una cosa che rimarrà impressa nella retina di colui o colei che sceglierà di vedere Alla scoperta di ‘Ohana sono le location mozzafiato che fanno da cornice al film diretto da Jude Weng, disponibile su Netflix a partire dal 29 gennaio. Dopo un breve prologo ambientato in quel di Brooklyn, la macchina da presa ci immerge nelle bellezze e nei colori delle Hawaii, per la precisione a Oahu, un’isola statunitense nel Pacifico Centrale, parte dell’arcipelago delle Hawaii, laddove hanno sede la capitale dello stato, Honolulu, oltre alla tristemente nota Pearl Harbor. A km di distanza dai centri popolati sorgono delle aree protette di selvaggia, incontaminata e incantevole bellezza, nella riserva naturalistica di Kualoa, della quale il cinema con Jurassic Park e la televisione con Lost hanno già goduto in passato. Ed è nei medesimi paesaggi che la regista e produttrice americana di origini taiwanesi ha geolocalizzato la trama del suo debutto cinematografico, che arriva dopo una lunga esperienza nella serialità che l’ha portata a dirigere episodi di The Good Place, iZombie, Young Sheldon e Crazy Ex-Girlfriend.

Alla scoperta di ‘Ohana: la famiglia e le radici prima di tutto

Alla scoperta di 'Ohana cinematographe.it

Tuttavia, anche se ci troviamo in un angolo di paradiso terrestre, la scoperta alla quale fa riferimento il titolo della pellicola della Weng non si trova in un luogo fisico preciso riconducibile a delle coordinate geografiche, bensì a una topografia dell’anima, un concetto astratto che richiama alla parola famiglia, nel senso esteso del termine. Nella cultura hawaiana ‘Ohana significa appunto famiglia o amici. Insomma, ovunque ci si possa sentire a casa, dove si possa stare assieme, cooperare e ricordarsi gli uni degli altri, ma soprattutto dove nessuno viene abbandonato o dimenticato. Ed è proprio in nome della famiglia e dell’attaccamento alle proprie radici che i protagonisti si lanciano nell’incredibile avventura al centro del film targato Netflix, al seguito di Pili (Kea Peahu) e di suo fratello maggiore Ioane (Alex Aiono), che approdano sull’isola per trascorre l’estate con il nonno materno, nativo del luogo, piuttosto burbero e coperto dai debiti che rischiano di fargli perdere la casa e la terra che appartiene ai suoi antenati. L’unico modo per provare a salvare tutto questo è trovare un leggendario tesoro appartenuto a un galeone. Ci riusciranno? Alla visione l’ardua sentenza.

Dove c’è un tesoro, ci sono dei guai

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Inizia così un viaggio che cambierà per sempre le vite dei due giovani di Brooklyn e dei loro amici, che lì porterà nelle viscere di una terra sacra, tra strette gallerie scavate nella montagna, burroni, ponti sospesi su fiumi di lava, tunnel subacquei, tombe e caverne. Il tutto alla ricerca di forzieri pieni di dobloni, gioielli e preziosi di ogni sorta. Ma come ci hanno insegnato secoli di letteratura e decenni di Settima Arte, non è tutto oro ciò che luccica perché c’è sempre da fare i conti con il pericolo, i guai, le trappole, le maledizioni e soprattutto con una serie di complicati marchingegni costruiti da chi non vuole che il tesoro venga ritrovato. Del resto non c’è avventura senza qualcosa da cercare, trovare e recuperare. Ed è quello che i protagonisti di Alla scoperta di ‘Ohana tenteranno di fare grazie a un antico manoscritto.

Alla scoperta di ‘Ohana: un’adventure-comedy che segue alla lettera il filone delle cacce al tesoro

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L’adventure-comedy della Weng segue alla lettera il filone delle cacce al tesoro, con annessi sviluppi, temi e stilemi, per portare sullo schermo il classico film per famiglie con morale al seguito. Una morale che punta il dito contro l’avidità per sottolineare l’importanza degli affetti e delle origini. Il tutto spalmato su una timeline di due ore circa, con una durata che va ben al di sopra delle reali esigenze narrative e drammaturgiche di una pellicola piatta come una tavola da surf, che che pesca a piene mani dall’eredità di successi anni Ottanta come I Goonies e la saga di Indiana Jones. Lo fa in particolare strizzando l’occhio al cult di Richard Donner, scatenando però nello spettatore di turno e nell’inguaribile nostalgico una fastidiosa catena di déjà-vu sia sul piano del plot che del disegno dei personaggi che lo animano. Una reazione allergica inevitabile e istantanea nei confronti di un palese tentativo, nemmeno tanto furbo, di replicare a trent’anni e passa di distanza quanto si era visto nella pellicola del 1985.

Alla scoperta di ‘Ohana: un prodotto d’intrattenimento a uso domestico che di divertente e coinvolgente ha davvero poco

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Nonostante l’ambientazione hawaiana, gli Aloha come se piovesse  e il rimescolamento delle carte, la Weng e la compagna di scrittura Christina Strain non vanno oltre la scopiazzatura, offrendo al pubblico un prodotto d’intrattenimento di stampo televisivo che di divertente e coinvolgente ha davvero poco. Il pubblico di giovanissimi potrà pure gradire, ma quello che ha amato alla follia – noi compresi – i modelli letterari e cinematografici ai quali si ispira difficilmente riuscirà a digerire un film derivativo più che evocativo, che lascia il tempo che trova tanto nella scrittura quanto nella confezione. Su entrambi i versanti manca originalità e iniziative registiche. Il che consegna all’abbonato della piattaforma a stelle e strisce un’operazione della quale si poteva tranquillamente fare a meno.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.8

Tags: Netflix