Allégorie Citadine: recensione del cortometraggio da Venezia 81

Il cortometraggio di Alice Rohrwacher e JR, presentato fuori concorso all'81ª edizione del Festival di Venezia

Dalla filosofia all’arte, dall’arte al cinema, da Platone a JR, da JR ad Alice Rohorwacher; all’81ª edizione del Festival di Venezia, la regista de La Chimera e di Lazzaro felice si presenta, fuori concorso, con il secondo progetto realizzato in collaborazione con l’artista francese, noto per la tecnica del collage fotografico e per la realizzazione di installazioni maestose, imponenti. Allégorie Citadine è il nuovo cortometraggio scritto e diretto a quattro mani dalla coppia, che arriva a 4 anni di distanza dal precedente Omelia contadina, presentato anch’esso a Venezia, nella sfortunata edizione dell’anno del Covid. La regista candidata all’Oscar nel 2023 (per Le pupille, altro suo cortometraggio) dirige con JR un’opera breve in lingua francese, prodotta da Ad Vitam Films e Social Animals, con protagoniste Lyna Khoudri (The French Dispatch, I bambini di Gaza) e Naïm El Kaldaoui, accompagnata dalla partecipazione straordinaria dell’attore e regista Leos Carax (Holy Motors, Annette).

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Allégorie Citadine: il mito della caverna

Allégorie Citadine cinematographe.it

Un bambino di nome Jay (Naïm El Kaldaoui) e sua madre (Lyna Khoudri) attraversano di corsa Parigi; lei è in ritardo per un provino a teatro e lui, con occhi innocenti e trasognati, osserva il cielo ed il mondo circostante attraverso la lente di un giocattolo. Arrivati alle prove, la madre riesce a convincere il casting a potersi confrontare direttamente con il regista (Leos Carax) il quale, dopo aver accennato al Mito della caverna di Platone, confida in segreto il continuo della parabola al piccolo Jay. Il bimbo, uscito sconvolto dal teatro, si aggira per le strade attorno, scoprendone letteralmente il rivestimento cittadino e trovandone sotto l’enorme dipinto di una cavità rocciosa.

L’allegoria descritta dal filosofo greco nella sua Repubblica immagina un’umanità in catene che, rivolta verso il fondo di una caverna, osserva le ombre muoversi sulle pareti e crede che quella sia la realtà, per poi sprigionarsi, spingersi al di fuori e scoprire un mondo altro, un mondo diverso da quello concepito sino a quel momento e quindi distante dalla propria concezione di reale. La provocazione lanciata dal progetto dei due visionari artisti parte da una domanda: cosa succederebbe se riuscissimo tutti insieme a voltarci verso l’uscita della caverna?

Filosofia visiva

Alice Rohrwacher cinematographe.it

Allégorie Citadine parte dal concetto filosofico di visione e traspone l’ombra platonica nella pittura di strada e nel cinema. L’immagine illude, così come allude, agisce sul pensiero liberandone o imprigionandone le possibilità. È un gioco di amalgama e di sovrapposizione tra la reale e l’illudente, tra il vero, il credibile e l’utopico, e non è un caso che a portarci all’interno di questa ricerca primordiale sia lo sguardo curioso e meravigliato di un bambino, agli occhi del quale la realtà è sempre una scoperta, una novità, come attraverso la lente con cui egli osserva nelle prime scene, è sempre figlia dell’inconsapevolezza, del dubbio illusorio. Tramite l’apertura del pensiero che passa dagli occhi, il film apre propriamente la città, ne elimina lo strato superficiale per tornare all’essenza, a quel contatto con la natura che torna come nel precedente cortometraggio, ove invece ne erano stati celebrati i funerali.

Allégorie Citadine: valutazione e conclusione

L’opera realizzata da Alice Rohrwacher e JR è un artistico tripudio che unisce varie forme d’arte tra loro difformi – la pittura, il cinema, l’architettura, la musica, la danza – per farle poi confluire all’interno del medesimo concetto, della medesima intuizione e provocazione. La scrittura di Allégorie Citadine evidenzia la comunione d’intenti e la condivisione di sguardi dei due collaboratori che, anche in questo caso, così come era successo nel 2020, dimostrano di viaggiare sugli stessi binari e di voler sfruttare l’impattante forza della visione per esplicare ed affrontare concetti complessi, a noi vicini quanto inafferrabili. Regia, sceneggiatura e fotografia comprovano lo straordinario successo che la regista toscana sta ottenendo in questi anni e a tutto questo si aggiunge la geniale trovata di inserire all’interno del cast uno degli autori più visionari del cinema contemporaneo, Leos Carax, nella parte di colui che getta il seme permettendo di far germogliare l’idea, il concetto, la considerazione.
Allégorie Citadine è l’immagine che illustra il filosofico pensiero, è il piccolo contenuto che racconta opere mastodontiche, è l’opera breve che conferma di poter essere grande, grandissima.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.8