Allied – Un’ombra nascosta: recensione
Storia d’amore, storia di spionaggio: tra il calore del deserto e i misteri della vita matrimoniale si snodano la vita e le missioni degli enigmatici protagonisti Max e Marianne nell’ultimo film dell’acclamato regista americano Robert Zemeckis Allied – Un’ombra nascosta, melodramma dalle atmosfere retrò che indaga sulle verità velate di una coppia precipitata in un vortice di passione e segreti.
Finti marito e moglie in una lavoro da compiere a Casablanca, il silenzioso Max Vatan (Brad Pitt) e l’ilare Marianne Beausejour (Marion Cotillard) sono due addestrate spie che si innamorano nei caldi territori del Marocco, tra la finzione di una felice unione e sguardi accattivanti pieni di attrazione. Portata a termine la loro missione, la fiamma accesasi durante l’operazione si tramuta in un appagato matrimonio e nell’arrivo della prima figlia Anna, fino a quando la lieta vita nell’uggiosa Londra non si trasforma nel sospetto di aver accanto una doppiogiochista. Informato della possibile slealtà di Marianne, Max tenterà in qualsiasi modo di scagionare la donna amata, in un ricerca disperata verso il bisogno di certezze.
Allied – Un’ombra nascosta: la spia Cotillard ruba la scena a Brad Pitt
Nato sulla tormentata scia degli amori sbocciati a Casablanca e destinato ad una fine di tradimenti e rivelazioni, Allied – Un’ombra nascosta è la spy-story enfatica e patinata arricchita tanto da falsi passaporti quanto da valigette dal doppiofondo armato, diretta da Robert Zemeckis e dal preponderante stampo hitchcockiano mescolato al turbinio di una frenesia travolgente, la quale investe l’esistenza complicata dei suoi personaggi principali.
Interpretati da due grandi nomi del panorama cinematografico, il film si avvale della briosa ed irresistibile persona di Marion Cotillard e della sua metà sullo schermo, l’ombroso Brad Pitt, sottotono e completamente oscurato dalla bravura e dalla presenza scenica dell’attrice francese. Non solo dominatrice con il suo fare allegro e sensuale, la Cotillard risulta credibile ed autentica a differenza di un Brad Pitt ritoccato in modo disturbante al computer e assolutamente inattendibile come agente segreto, figura fissa e piantata che forse per le innumerevoli aggiustate digitali sembra incapace di esprimere qualsivoglia emozione.
Allied -Un’ombra nascosta: identità confuse in un’atmosfera da melò
Pur essendo una pellicola dalle identità confuse in cui i frastagliati contorni dei protagonisti creano le suggestioni appropriate all’introduzione di un racconto fatto di bugie e inganni, Allied – Un’ombra nascosta manca dell’intensità necessaria che una narrazione di mistero dovrebbe creare, lasciando al pubblico, con il disteso tempo del film, la possibilità di riflettere sullo svolgimento degli eventi e così cogliere prima del previsto le diverse conclusioni che ne possono derivare.
Poco serrato e mancante della suspance che avrebbe reso il ritmo di Allied – Un’ombra nascosta più propriamente concitato, l’opera di Zemeckins sembra ridursi ad un semplice melò che richiama con le sue ambientazioni un febbricitante passato, ma riesce a splendere grazie ad alcuni elementi visivi, più lontani dalla sceneggiatura e dalla regia. Sono infatti le incantevoli scenografie di Gary Freeman ed i bellissimi costumi di Joanna Johnson ad illuminare le inquadrature che ne racchiudono poi lo splendore, avvolte dalle musiche dell’immancabile compositore di fiducia del regista, il direttore d’orchestra Alan Silvestri.
Dove è bene tenere lontano il lavoro dalle emozioni, le spie Cotillard e Pitt riescono a stabilire un regime che funziona maggiormente sul piano romantico che su quello investigativo, offrendo un racconto sui sentimenti struggenti di Max e Marianne, trascurando però la tensione sul piano dello spionaggio.