FFF17 – Almost Dead: recensione del film di Giorgio Bruno
Pur avendo un budget irrisorio, Giorgio Bruno riesce a confezionare un film horror ben fatto in cui la tensione non manca affatto!
Almost Dead è un film horror a tema zombi del 2016, diretto da Giorgio Bruno e interpretato da Aylin Prandi e Sean James Sutton. Dopo la presentazione al Trieste Science + Fiction Festival, il film è stato inserito nella sezione Follie notturne del Future Film Festival 2017.
Hope Walsh (Aylin Prandi) si risveglia in una macchina ferma su una strada buia e isolata, con al fianco una donna apparentemente morta e con solo una pistola e un telefono a disposizione. Senza punti di riferimento e con nessun ricordo del recente passato, Hope cerca di comprendere cosa le sia successo, ma viene improvvisamente morsa dalla donna seduta accanto a lei. Attraverso la voce di una sconosciuta al telefono, la protagonista scopre di essere nel pieno di un’apocalisse zombi e di avere solo poche ore per trovare un siero capace di guarire la sua infezione, che altrimenti la ucciderà. Nel frattempo, gli zombi cominciano a circondare la macchina in cerca di una nuova preda…
Almost Dead: uno zombi movie teso e claustrofobico
Con pochi soldi a disposizione, ma notevole abilità registica e tanta passione per il genere, Giorgio Bruno mette in scena uno zombi movie teso e claustrofobico, rifacendosi alla grande tradizione romeriana, con mostri lenti e mossi unicamente dal desiderio di carne umana, ma inserendo anche alcuni spunti originali, come l’ambientazione all’interno di una solo automobile e i dialoghi sviluppati quasi esclusivamente tramite conversazione telefonica. Un film purtroppo, ma comprensibilmente, parlato in lingua inglese e rivolto al mercato internazionale, a causa della ritrosia della distribuzione nostrana a concedere opportunità e spazio al nostro cinema di genere, soprattutto se a basso budget.
Prediligendo la suspense al puro horror, il cineasta porta abilmente avanti due percorsi narrativi, l’invasione zombi e il lento dispiegarsi del passato della protagonista, trattando con perizia e inventiva gli archetipi del genere come la pandemia, il contagio, la lotta per la sopravvivenza e il classismo della società. La prevalente angusta ambientazione all’interno di una macchina impone ad Almost Dead una maggiore attenzione ai dialoghi, ma le poche sequenze collocate fuori dall’abitacolo evidenziano una buona cura dei dettagli dei mostri, contribuendo all’atmosfera genuinamente inquietante della pellicola. La sceneggiatura di Davide Chiara e Daniele Pace lavora su più livelli di lettura, calibrando al meglio la rivelazione del passato della protagonista in un semplice ma credibile scenario, dove a decidere le sorti del genere umano e a giudicare il diritto di vivere è un’élite di pochi privilegiati, sulla base di elementi non certo democratici e meritocratici.
Almost Dead: un cinema asciutto e di grande artigianato, che arriva dritto alla pancia dello spettatore ravvivando il troppo spesso vituperato horror nostrano.
Grazie anche alla lodevole prova della protagonista Aylin Prandi, abile nel caratterizzare l’ansia, il terrore e la paranoia del proprio personaggio, Almost Dead schiva i pericoli connessi a un’ambientazione statica e a una narrazione necessariamente verbosa, riuscendo a non annoiare praticamente mai e a infondere nel pubblico una sensazione di reale, crescente e opprimente angoscia. Un cinema asciutto, di grande artigianato e privo di svolazzi autoriali, che arriva dritto alla pancia dello spettatore nobilitando e ravvivando il troppo spesso vituperato horror nostrano.
Almost Dead è una nuova dimostrazione della vitalità del sottobosco del cinema di genere italiano, che, nonostante venga costantemente mortificato dallo scarso interesse del pubblico, da grosse carenze in termini di budget e da ancora più grandi mancanze in termini di distribuzione, continua a produrre interessanti promesse e a ripercorrere la strada che ha contribuito a rendere grande e conosciuto in tutto il mondo il nostro approccio alla settima arte.
Possiamo solo augurarci che cineasti di talento come Giorgio Bruno possano avere altre opportunità di dimostrare il loro valore con congrui finanziamenti e un’adeguata attenzione mediatica, in Italia o, purtroppo più probabilmente, all’estero.