Venezia 78 – America Latina: recensione del film dei fratelli D’Innocenzo
America Latina dei Fratelli D'Innocenzo è in concorso al Festival di Venezia 2021.
America Latina, terzo lungometraggio dei Fratelli D’Innocenzo, uno dei film più attesi in concorso a Venezia 2021. Dopo il grande successo di critica di Favolacce e l’Orso d’argento vinto al Festival di Berlino del 2019, i gemelli di Tor Bella Monaca arrivano al 78° Festival di Venezia con una storia tutta incentrata su un uomo in crisi esistenziale e sul concetto di famiglia, che mischia il thriller psicologico con il dramma. Quasi l’intero film si regge sulle spalle di Elio Germano – che viene diretto per la seconda volta dai D’Innocenzo -, due affiancato in scena da Astrid Casali. Il film arrivare nelle sale italiane a novembre 2021 con Vision Distribution.
America Latina: Elio Germano domina la trama del film
Massimo Sisti è il titolare di uno studio dentistico che porta il suo nome. Professionale, gentile, pacato, ha conquistato tutto ciò che poteva desiderare: una villa immersa nella quiete e una famiglia che ama e che lo accompagna nello scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. La moglie Alessandra e le figlie Laura e Ilenia (la prima adolescente, la seconda non ancora) sono la sua ragione di vita, la sua felicità, la ricompensa a un’esistenza improntata all’abnegazione e alla correttezza. È in questa primavera imperturbabile e calma che irrompe l’imprevedibile: un giorno come un altro Massimo scende in cantina e l’assurdo si impossessa della sua vita. Un colpo di scena destabilizza la sua esistenza fino ad un epilogo inaspettato.
La periferia sinonimo di isolamento mentale
I Fratelli D’Innocenzo scelgono ancora una volta la periferia laziale per raccontare le devianze e i drammi di cittadini disperati. A metà tra il thriller psicologico e il dramma esistenziale, America Latina mette in scena un uomo perso nei meandri della sua mente. La periferia (quella di Latina precisamente), che ai registi piace associare all’immagine di un luogo sbagliato, isolato, spesso sinonimo di abomini architettonici, è il riflesso di un’esistenza trascinata, dove anche una bella casa e una bella famiglia, oltre che un mestiere dignitoso, non bastano a rendere un uomo sereno. Il film pone in essere un interrogativo: chi siamo e qual è la nostra missione in questa esistenza? Interrogativo decisamente impegnativo che trova spazio qui nella follia crescente del protagonista. Massimo ad un certo punto non sa più chi è, non ricorda quali sono state le sue azioni del giorno precedente. Non riesce certo a darsi risposte, rimanendo smarrito in questa esistenza che non gli lascia via d’uscita.
America Latina ha una regia poco trascinante
Diradato e destabilizzante, il film sceglie una regia poco prevedibile, dai tratti stilistici sperimentali. Le immagini seguono il protagonista nella scoperta dei vari colpi di scena senza svelare troppi dettagli. Nonostante il film sia ispirato ai generi del thriller e del noir, i D’Innocenzo stravolgono completamente le regole dei generi adottando una regia estremamente libera. Che sia chiaro: nei film non ci sono messaggi particolari. I due registi vogliono semplicemente fare ricerca, sull’essere umano, sulla sua collocazione in società e sul concetto di famiglia. Nel caso di America Latina i due registi, attraverso uno dei sentimenti più nobili, quello dell’amore per la propria famiglia, scelgono di mettere alla prova un personaggio ordinario, ponendogli davanti qualcosa di straordinario, e ne indagano la reazione.
I Fratelli D’Innocenzo però mettono alla prova anche lo spettatore. Lo piazzano sulla poltrona dentistica, con una luce sparata in faccia e un trapano in bocca, per spingerlo ad interrogarsi sulla propria esistenza. È chiaro però che c’è qualcosa non quadra in questa operazione: la lacunosità e la povertà narrativa si fanno decisamente sentire nonostante la brevità del film. Anche la direzione di Elio Germano non fa centro, con un copione che sembra un canovaccio e che non sfrutta a pieno le potenzialità dell’attore romano.