American Crime Story: 1×01 – recensione
Con il sottotitolo di ‘The People v. O.J. Simpson’ viene presentato al grande pubblico American Crime Story, la nuova serie tv sviluppata da Ryan Murphy. Questa è la terza produzione televisiva realizzata dal celebre sceneggiatore in questa stagione seriale, dopo il successo di Scream Queens e di American Horror Story: Hotel – in onda attualmente qui in Italia su FOX. Questa volta però Ryan Murphy si cimenta in qualcosa di nuovo, in una produzione che in realtà è radicata nella nostra cultura popolare. Il fattore antologico rimane l’unica costante ma si decide di adattare secondo i suoi usi e costumi, un celebre caso giudiziario che negli anni ’90 ha scosso l’opinione pubblica.
In molti ricorderanno il brutale omicidio dell’ex moglie di O.J. Simpson, celeberrimo giocatore di football americano, che nel lontano 1994 ha aperto un grande squarcio nella società dell’epoca. Con questo incipit di grande impatto visivo, prende il via American Crime Story che, con grande attenzione nei dettagli, passo dopo passo, illustra l’ascesa e la discesa negli Inferi giudiziari di un uomo dal magnetico sex appeal ma che nasconde una personalità alquanto complessa. Mentre il procuratore distrettuale (Sarah Paulson) crede fortemente nella colpevolezza di O.J. Simposon – interpretato magistralmente da Cuba Gooding JR – l’avvocato Robert Shapiro (John Travolta) in tutti i modi cerca di imbastire una solida difesa per scagionare il suo cliente, ma le prove parlano chiaro. E mentre gli amici e la gente comune comincia a sospettare della colpevolezza dell’uomo, O.J. si chiude in se stesso cercando di trovare una soluzione a questa sciagura.
American Crime Story grazie ad uno stile narrativo unico nel suo genere, riesce a pennellare un racconto di una forza incredibile, capace sia di emozionare terribilmente che far male come un violento pugno nello stomaco. Dal solo pilot infatti, traspare sia quella grande cura nei dettagli – soprattutto nel ricostruire le atmosfere anni ’90 – che il disagio sociale. Due pesi e due misure per il grande affresco storico di Ryan Murphy che, per la prima volta, perde quell’alone mistico di cui i suoi prodotti ne sono stracolmi, per realizzare una serie vicina alla realtà di oggi che rievoca fatti, sensazioni e disagi – appunto – persi fra le marea del tempo. Raccontare quindi il caso di O.J. Simpson è solo il punto di partenza, il motore della vicenda per illustra la cultura e la società negli anni ’90.
American Crime Story: la storia di O.J. Simpson
Prima dei social e prima dei processi televisivi, American Crime Story si fa portavoce di un forte malessere istituzionale, un malcontento che inevitabilmente si attorciglia alla vita del protagonista, mettendo così in scena una storia che è in bilico fra realtà e finzione. Anche se la serie non è perfetta (almeno nella trama in se), a colpire è questa release scenica impeccabile, queste emozioni palpabili ed il sottotesto politico che si ode fin dal primo minuto. È dunque la serie più matura di Ryan Murphy? A quanto pare si, se si mantengono le buone intenzioni del pilot.
L’episodio che è andato in onda lo scorso 2 Febbraio sulla F/x è stato visto da quasi 5 milioni di telespettatori, un grande successo per un network in continua ascesa.