TFF35 – Amori che non sanno stare al mondo: recensione del film
Amori che non sanno stare al mondo è un caleidoscopio di emozioni, un luogo che incanta e disincanta, in cui si viene inesorabilmente colpiti dalla frenesia dei corpi, dei dialoghi.
Amori che non sanno stare al mondo è un film diretto da Francesca Comencini con Lucia Mascino, Thomas Trabacchi, Carlotta Natoli, Iaia Forte e Valentina Bellè. Trasposizione dell’omonimo romanzo della regista, Amori che non sanno stare al mondo è un film intenso che attraversa la vita di una coppia, Claudia e Flavio, due professori universitari che vivono una relazione molto tempestosa, un po’ per i loro caratteri che prendono fuoco facilmente, un po’ per il disarmo e le fratture esistenziali che le pone in antitesi.
Amori che non sanno stare al mondo: un caleidoscopio di emozioni in cui l’amore viene sperperato e poi riedificato
Un rapporto così tormentato e tribolato finisce per dividerli, ma la separazione è vissuta in maniera ossessiva e morbosa da parte di Claudia, che pur volendo distaccarsene non riesce a sopravvivere. Flavio cerca di andare avanti e di riversare le proprie paure su un’altra donna, una donna giovane con cui ha un rapporto molto più sereno ma che lo sottrae da un’esistenza felice. Claudia attraverserà la più grande sofferenza della sua vita, il disagio, l’isteria, i vuoti di una vita apolide che la condurranno, lentamente, verso una potente e inaspettata rinascita.
Amori che non sanno stare al mondo è un caleidoscopio di emozioni, un luogo che incanta e disincanta, in cui si viene inesorabilmente colpiti dalla frenesia dei corpi, dei dialoghi. La Comencini si riappropria di un narrato prezioso e lo rielabora portando sullo schermo la disperazione, l’ossessione per il vuoto d’amore. Una tematica rischiosa, che ha di negativo l’inganno del doppio, l’avventurarsi per una strada già percorsa e tracciata, tranello nel quale questa storia non inciampa mai. L’amore viene prima sperperato, dilapidato, poi composto e riedificato come in un’indagine personale, riletta con una cognizione nuova e allo stesso tempo antica.
Amori che non sanno stare al mondo: Lucia Mascino perfetta nel rendere il dissidio di una donna sormontata dalle sue paure
Il film rimanda sempre e spesso, rievoca sensazioni, dolori e verità sempre diverse, dal corpo di una donna, l’inizio di un’analisi profonda in cui ci si mette sempre alla prova, al modo in cui ci si incompleta con una persona, ripercorrendo voragini che poi diventano colpe. All’interno di questo solco temporale anche l’uomo sembra potersi esporre al pubblico ludibrio, riflettendo le manie, disillusioni, tormenti che circondando l’uomo senza che si riescano mai a divincolare dal tessuto principale, che è la narrazione interiore, viscerale e dualista di Claudia.
Lucia Mascino è perfetta, incarna e rende abilmente il dissidio di una donna che è schiacciata, demolita e sormontata dalle proprie paure e dalla fine di un amore che non riesce nemmeno a pronunciare, a realizzare, perché è un amore a cui non riesce a rinunciare, che tiene in vita più della sua stessa vita, e che spinge a ritroso per catturare l’origine del fallimento. Claudia e Flavio sono due persone brillanti, due professori che colpiscono per i loro slanci psichici e che hanno un’enorme legame fisico, si completano e si dissolvono, narrati con uno strumento frammentario, un flusso di coscienza travolgente e straripante.
Amori che non sanno stare al mondo: la felicità è insopportabile e devi essere un gigante per poterti arrendere
La scrittura è lieve, vertiginosa, come i suoi personaggi, che vivono in sospeso tra la fine e un nuovo inizio, ma è tutto illusorio. La nostalgia del tempo che fu e dei momenti del passato, anche di un passato mai vissuto, non tramonta e li rende consapevoli, forse prigionieri, di un legame infrangibile ma tormentato, che percorre e delinea ogni ruga del loro corpo. Gli amori di questa pellicola non si reggono in piedi facilmente, non camminano ma corrono, non appassiscono ma bruciano, sotto i colpi di battaglie, litigi e passioni non possono misurarsi con la realtà, in cui è impossibile non crollare.
Ciò che si percepisce all’interno di questo film è quanto la regista voglia mettersi alla prova, portando avanti un discorso politico sul mondo femminile e sull’urgenza di un’analisi tra generazioni che vivono il secondo atto della propria vita e che tentano di sopravviversi, autodeterminandosi, depredandosi a vicenda, realizzando che a volte la felicità è insopportabile e devi essere un gigante per poterti arrendere.