Ánimas: recensione del film di Laura Alvea e Jose F. Ortuño
Grazie a un sapiente lavoro sulla scenografia e sulla fotografia Ánimas sa soddisfare lo spettatore e far comprendere che i mostri peggiori sono quelli che albergano dentro di noi.
Ánimas è un film del 2018, sceneggiato e diretto dagli spagnoli Laura Alvea e Jose F. Ortuño e basato sull’omonimo romanzo, scritto dallo stesso Ortuño. I protagonisti del film sono Clare Durant, Iván Pellicer, Chacha Huang e Ángela Molina. Dopo la presentazione al Sitges Film Festival, Ánimas è stato distribuito su Netflix lo scorso 25 gennaio.
Abraham (Iván Pellicer) e Álex (Clare Durant) sono due adolescenti problematici, amici fin dai tempi dell’infanzia. Il loro stretto rapporto è nato sul pianerottolo di casa, dove il piccolo Abraham si era rifugiato per non sentire le urla della madre mentre veniva maltrattata dal padre, ed è stato fortificato dalla comune complessa situazione familiare. Abraham comincia però a frequentare la ragazza di origini orientali Anchi (Chacha Huang), rompendo così l’equilibrio che si era venuto a creare con Álex, da sempre segretamente innamorata di lui. La ragazza comincia così ad assumere atteggiamenti autodistruttivi, precipitando in un vortice di follia e paranoia, mentre Abraham vede precipitare drammaticamente la sua situazione familiare.
Ánimas: un thriller psicologico spagnolo fra Hitchcock e Suspiria
Ánimas punta tutto sulle atmosfere claustrofobiche e su una fotografia che per il suo incessante e straniante peregrinare da un colore caldo all’altro non può che riportare alla mente Suspiria, ovviamente nell’originale versione argentiana. La tecnica di Laura Alvea e Jose F. Ortuño tiene a galla il film nella prima parte, che si muove senza particolare convinzione e coerenza fra un insistito citazionismo (fra i tanti poster alle pareti, che ci suggeriscono gli sviluppi del racconto, troviamo quelli di Psyco, La casa e L’uomo senza sonno) e un racconto che fatica a ingranare, lasciando temere una poco originale trama adolescenziale alla base di gelosie, tradimenti e riconciliazioni.
Questa prima apparentemente debole metà di Ánimas si rivela invece necessaria per la seconda parte, che riscuote con gli interessi quanto di buono seminato in precedenza. Il mistero che circonda la vita e la mente di Álex si fonde naturalmente con la sempre più convincente fotografia di Fran Fernández Pardo, che precipita lo spettatore in un disorientante vortice di orrore e alienazione. Parallelamente, le vicende di Abraham si fanno sempre più intime e dolorose, conferendo al film un’inaspettata componente emotiva e umana. Laura Alvea e Jose F. Ortuño confermano le impressioni positive già suscitate con il loro primo lungometraggio di finzione The Extraordinary Tale of the Times Table, preferendo all’abuso di jump scare che attanaglia l’horror mainstream contemporaneo una regia più ragionata e precisa, capace di utilizzare i diversi elementi scenografici e cromatici come tasselli di un intricato puzzle psicologico, che solo nell’ultimo atto si svela completamente allo spettatore.
Ánimas convince per un sapiente lavoro sulla scenografia e sulla fotografia
La serie di colpi di scena a cui assistiamo nel finale, per quanto orchestrati in maniera tale da stupire lo spettatore, sono prevedibili dai tanti indizi visivi e cinematografici presenti nel film. Questo però non disturba particolarmente la resa di Ánimas, che lascia invece la sensazione di un racconto ben calibrato in ogni sua componente, cinematograficamente intelligente e profondamente rispettoso nei confronti dello spettatore. Clare Durant, Iván Pellicer, Chacha Huang e il celebre volto del cinema spagnolo Ángela Molina completano l’ottimo lavoro svolto sul fronte della messa in scena, conferendo ai rispettivi personaggi profondità, realismo e spessore all’interno del racconto.
Nonostante alcuni passaggi meno efficaci, Ánimas ha il pregio di ricordarsi e ricordarci che i mostri più spaventosi albergano nella nostra mente, e che le ferite subite durante l’infanzia lasciano cicatrici visibili e dolorose per tutta la vita. Un piccolo ma importante film, che ci riconcilia com il cinema di genere più fantasioso e passionale, lasciando allo spettatore la giusta dose di inquietudine e l’apprezzabile sensazione di non aver sprecato il tempo necessario alla visione.