Anon: recensione del film con Clive Owen e Amanda Seyfried
La recensione di Anon, il thriller di fantascienza scritto e diretto da Andrew Niccol, interpretato da Clive Owen e Amanda Seyfried, disponibile su Netflix
Anon è un thriller di fantascienza scritto e diretto da Andrew Niccol, interpretato da Clive Owen e Amanda Seyfried. Anon, disponibile su Netflix dal 4 maggio 2018, è un film ambientato nel futuro, in un mondo in cui la privacy e l’anonimato non esistono più.
La realtà come la conosciamo sembra essere svanita. La privacy è stata eliminata tramite degli impianti neurali, un sistema informatico capace di registrare tutto ciò che vedi e senti e che li memorizza nell’Ether, un database che ingloba tutta la vita di ogni persona, a partire anche dai ricordi, un dispositivo usato per lo più dalla polizia per perseguire i criminali. Il sistema, inoltre, offre anche una sorta di realtà aumentata che mostra, attraverso i propri occhi, le identità di tutti in tempo reale e ovviamente inserzioni pubblicitarie ovunque su ogni superficie.
Un investigatore, Sal Frieland, si troverà alle prese di molti casi di omicidi irrisolti e collegati tra loro, il cui killer è abilissimo nel coprire le proprie traccie e depistare le investigazioni, per mezzo di un ingegnoso hackeraggio del sistema di trasparenza del governo. Frieland cerca in tutti i modi di scovare un omicida che non ha un volto, di cui non si possiede nessuna registrazione, nessuna informazione e che non è mai stato identificato. Ma l’investigatore, nel mezzo delle indagini, incontra una donna misteriosa, una donna senza identità che potrebbe condurlo sino alla risoluzione degli omicidi.
Anon: il film con Clive Owen e Amanda Seyfried
Anon è uno sci-fi dalle tinte noir, scritto e diretto da Andrew Niccol (Gattaca, In time, The host) un film che parte dalla fantascienza per inserirsi nel thriller, una narrazione criminale spesso sconsiderata e rigida. Il film apre una finestra su un futuro non così lontano, in cui la nostra prospettiva è sempre registrata da un sistema informatico, tant’è che il film pone al centro la logica dell’occhio della mente, in cui il virtuale sembra più reale della realtà.
Questo mondo, al di là della sua prospettiva hi-tech, ha una sua atmosfera spesso molto desaturata. L’estetica del film, a partire dai palazzi all’abbigliamento, tende al grigio ed è una tela vuota, in cui manca colore e personalità, un mondo che sembra non essere vissuto da nessuno. Questo perché il mondo reale ha lasciato il posto alla realtà aumentata, che la supera di gran lunga in ogni aspetto. Possiamo notare come manchino foto, ricordi, perché sono tutte registrate, accessibili ovunque e sempre, ed è proprio questo sistema di sorveglianza, a cui la polizia accede, che comincia ad incrinarsi.
Sal Frieland (Clive Owen) tenta di svellere una serie di omicidi che non possono essere risolti nel solito modo, ovvero guardando gli ultimi minuti di registrazione di ciò che ha visto la vittima, poiché il killer è riuscito a sovvertire il sistema, hackerando il cervello dei morti e cancellando le proprie tracce.
Anon: uno sci-fi dalle tinte noir scritto e diretto da Andrew Niccol
Anon è un film molto interessante finché la narrazione non si perde nell’inseguimento di un misterioso assassino; infatti l’arco temporale in cui il racconto si focalizza sulla caccia al killer non è molto coinvolgente. L’inizio del film è intrigante, soprattutto quando spiega e mostra le caratteristiche più innovative e futuristiche della realtà aumentata e di come vengono risolti i casi dalla polizia. Ma proprio quando la tensione dovrebbe essere più concentrata e l’investigatore è alle prese con una falla considerevole nel sistema, manca dinamismo, non c’è suspence, il mistero stesso alla fine cade a pezzi e la sua risoluzione è ancora più deludente.
Ciò che il regista avrebbe dovuto veicolare con questo film distopico, è una provocazione, una previsione inquietante di ciò che potrebbe attenderci nel futuro, ma purtroppo Anon non è così provocatorio come vorrebbe essere. Dal punto di vista tecnico descrive con molta precisione e attenzione l’esterno, l’ambiente circostante così desolato e asettico, e cambiando logiche visive attraverso soggettive personali e scambi di punti di vista.
Ma purtroppo il ritmo della narrazione si perde a metà, proprio nella risoluzione del caso, proprio quando il racconto entra nel vivo, a causa di un tentativo insulso di amalgamare le tracce e gli indizi, sviluppando tutto il mistero in modo inconcludente e relegando il culmine dello svelamento dell’omicida a pochi attimi e a scene eseguite male e frettolose.