Anora: recensione del film di Sean Baker, Palma d’Oro a Cannes 77
Anora di Sean Baker, Palma D'oro al festival di Cannes 77, è in tutte le sale italiane dal 7 novembre 2024, distribuito da Neon.
Fare la critica di Anora significa definire alcune pretese rivolte a chi scrive e a chi legge: significa abbandonare le coordinate di un cinema che si livella attraverso la tematica; estinguere completamente i paradigmi visivi che non devono sovrapporsi alla metafora estetica del grottesco. Sean Baker è fondamentalmente un regista indipendente seppur la sua conversione, in linea con una dimensione mainstream, non ha stressato la natura di una narrazione asimmetrica, circoscritta, dispersiva. Captare il concretismo drammaturgo di varie e ipotetiche ironie, intelligentemente scritte ed espresse, semplificano la messa a fuoco dell’immagine intesa come lente proibitiva a cui un filmmaker del genere si affida. Ostruzione e distruzione di un linfatico e sequenziale archetipo cinematografico.
Il presupposto per un’analisi che possa garantire la curiosità circa una trama del tutto autonoma, è la rottura tra il cinema d’élite e quella insolenza – giustificata – propriamente da nicchia di esperti estetici di un cinema con il singhiozzo perenne.
Anora: pregio di un difetto narrativo
Anora è il possesso di più decodificazioni creative anteposte a un processo cinematografico percettibile al tempo stesso della visione. Introdursi in una dimensione d’apocalisse morale, ghiacciata dall’inconsistenza di un sogno che irrompe e si sgretola in una sotto titolatura avida e sadica. Una storia deforme che spodesta il mito fiabesco, spaccando le inclinature principesche predisposte da un programma sociale. L’evoluzione di Anora oltrepassa l’aspettativa all’interno di un set che si ricrea intessendo umorismo, sarcasmo e sincerità. Cruda sincerità. E piace!
Nel vivo: la storia di Anora, una sex worker (Mikey Madison) e di Ivan (Mark Eidelstein) ragazzo ricco di origine russa, una condizione politica pari a un ensemble contemporaneo e a intese mediatiche. La coppia che strofina tutti i fastidi empirici respirando l’ossessione nei confronti di nuove supremazie paradossali e contrarie rispetto a un classico temporale.
Lo script del film è sabotare l’idea parodistica tra una parte e un’altra parte, imponendosi a un contesto visivo che richiede unicamente questo esclusivo ciclo cinematografico e nessun altro.
Anora per tutti, Ani per gli altri
Anora è una ragazza sulla quale si può discutere poco, non c’è da commentare la sua statura esistenziale, che si muove nella scorrettezza della pretesa di una società che si realizzi, rispetto ad un vissuto apparentemente corretto secondo le dinamiche che non variano tra finzione filmica e realtà. Perciò, ricominciando, Anora è una sex worker, il suo talento è l’esposizione che anima i volti iconici di mentecatti di una enorme città; i soliti oltre l’età dell’attrazione in cerca di nuovi umori e sapori a pagamento e a tutti i costi. Il sequel di una profezia metropolitana che riprende le ragazze del Coyote Ugly e si riaccende o inasprisce nel momento dell’incontro.
Tutto nella norma del genere cinematografico proposto, fin quando la prospettiva inquadra un ragazzo, magro e completamente inadatto al ruolo che immaginavamo gli spettasse.
Anora sorprende per questo. Non c’è nulla che possa garantire la sensazione di un remake del genere a cui spesso siamo costretti. Eppure, l’intrigo tra i due – Ivan e Ani – che non sanno come comunicare se non fisicamente, definisce una nuova zona filmica, un’uscita di emergenza da due vite differenti ma sottomesse alle pretese di despoti e papponi: la stessa identica cosa.
In Anora le periferie esistenziali sono il centro della storia
Sean Baker è un divulgatore di un iconoclastico ambiente disprezzato dal cittadino che crede di poter vivere allo scoperto rispetto o più di altri. Se in Tangerine(2015) la retrospettiva trash incontra lo spettro culturale sepolto da cemento e splendide insegne dell’America che non si spegne mai, Anora rielabora un’ipotetica ambizione considerando presuntuosa e pretestuosa la costrizione di un cambiamento. La fiaba della ragazza che esce dalla “periferia” della propria esistenza non si palesa nelle venature del film. Innanzitutto, l’importanza del titolo nel nostro linguaggio. La parola prostituta ripetuta davvero tante volte per essere un unico copione, ci rimanda al significato dispregiativo con cui la utilizziamo. Eppure, l’offesa non diventa un cliché, non lo diventa mai, resta il corridoio diretto al senso esplicativo del regista. Prostituta è una professione che non deve insegnare niente a nessuno, quella “bocca di rosa” sulla bocca degli altri che continua a stonare. La screpolatura delle convinzioni è l’elemento più ridondante nel cinema di Sean Baker. Il suo estro descrittivo ed ermetico riesce ad armonizzare, in un processo intimo, lo spettatore.
L’anima sanguinaria che svanisce, la violenza impercettibile, l’esclusione dei ruoli, in Anora definiscono la grandezza etica dell’autorialità artistica. La fase due di un film decisamente diviso e divisivo, si alza nei toni ma si assopisce attraverso l’avventura di una coppia che lentamente inizia a comprendersi. La sex worker e il giovane russo non saranno disturbati dalla fantasia di una probabilità d’intesa ma solo da uno scagnozzo che non alza le mani ma maltratta; ennesima frecciatina ad un cinema agguerrito in tempi di guerra vera.
Anora: valutazione e conclusione
Anora di Sean Baker è sì il vincitore della Palma D’Oro al Festival di Cannes 2024, ma è soprattutto la sorpresa di una vittoria di un genere con un progetto esteticamente perfetto per la piattaforma streaming del cinefilo. L’espressione di Anora si rafforza nella sua struttura che si eleva scartando le altre. Scarti, ben assemblati, che conducono fino alla cima antropologica di un film commerciale ma sperimentale, completando la triade con Tangerine e The Florida project(2017).
Invocando la drammaticità di Whore (1991) e Tokyo Decadence (1992) ma con il depennamento delle adiposità sospese del thriller, snellendo la complessità inquisitoria del tema, concedendo una visione ironicamente moderna rispetto al reclutamento del titolo definito attraverso la crocifissione consensuale del grande “giudice collettivo”.
Sean Baker è il maestro della simpatia criptica. In Anora l’istinto naturale dell’indipendente senza scrivania ma con la promozione del mese, svaligiando il cassetto dell’ignorante, del perverso e dell’istruttore del manierismo.
Anora, distribuito da Neon, vincitore della Palma d’Oro alla 77ma edizione del Festival di Cannes, è in sala dal 7 novembre 2024.