Appunti di un venditore di donne: recensione del film tratto dal libro di Giorgio Faletti
La Milano degli anni di piombo è lo sfondo dell'adattamento cinematografico di uno degli ultimi romanzi del compianto Giorgio Faletti.
Adattare un libro di Giorgio Faletti è sempre un processo lungo e intricato, fatto di fasi di confronto diretto con la scrittura di uno dei maestri incontrastati del thriller italiano contemporaneo, ma anche di adattamento visuale con l’atmosfera che permea tutte le vicende dello scrittore e artista. Uno degli ultimi romanzi del compianto Faletti ha ricevuto da poco una sua trasposizione cinematografica di notevole spessore.
Appunti di un venditore di donne è un film di Fabio Resinaro in uscita in prima visione assoluta su Sky Cinema 1 il 25 giugno alle 21.15 e poi disponibile in streaming sulla piattaforma Now TV.
Il cast del film è di tutto rispetto, vantando tra gli interpreti attori molto conosciuti e apprezzati come Mario Sgueglia, Miriam Dalmazio, Francesco Montanari e Michele Placido.
Una storia dal sapore degli anni ’70
La vicenda segue l’ambientazione descritta dal romanzo di Faletti, che mostra la Milano degli anni ’70, una città contraddistinta dalle sue ombre di violenza, malavita e spaccio. In questo quadro si interseca la vita di Bravo (Mario Sgueglia), un imprenditore del settore della prostituzione. Il suo vissuto è molto più intricata di quello che vuole mostrare: tra intrighi sentimentali e economici, sullo sfondo degli anni di piombo si muovono figure fantasmatiche che saranno fondamentali per la definizione di un senso comune tra la realtà filmica e quella fattuale.
Appunti di un venditore di donne è caratterizzato da una regia concitata, che si denota soprattutto dalla scelta di determinati movimenti di macchina: inizialmente lenti e meditati, si fanno piano piano frenetici con il cambiare del ritmo narrativo. La macchina a mano permette di immergersi epidermicamente nel tessuto filmico, rendendo la composizione delle immagini sporche e volutamente accelerate, per rendere la veridicità della materia visuale. L’aderenza dell’obiettivo ai personaggi rende la macchina da presa incollata al loro peregrinare, seguendoli quasi in modo zavattiniano per le oscure strade di Milano.
La narrazione è molto efficace, denotando un’efficacia diegetica del regista Resinaro, che ha utilizzato, come affermato da lui stesso, un punto di vista d’epoca per la costruzione delle inquadrature e del tessuto rappresentazionale di Appunti di un venditore di donne. Applicando il linguaggio filmico e tecnologico ad una visione concettuale degli autori degli anni ’70 è pienamente riuscito nell’intento di creare un decoupage cinematografico in grado di restituire l’atmosfera e un crudo scorcio sulla violenza di un periodo storico che ha caratterizzato gli ultimi decenni del secolo scorso in Italia.
Appunti di un venditore di donne: un equilibrio grafico e narrativo
L’alone di mistero intreccia il livello grafico, cromatico e quello narrativo in un vortice che coinvolge lo spettatore e lo lascia incollato allo schermo. La maggior parte delle scene sono ambientate di notte, dunque la scelta dei colori e della fotografia rispecchia la voglia di restituire non solo un’immagine definita e nitida, ma anche una simbologia intrinseca all’immagine attraverso la definizione di un quadro prospettico e cromatico che va da colori molto caldi a saturi e freddi, per mostrare una composizione dell’inquadratura semplice ma al contempo efficace negli scorci che intende restituire.
La storia poi si mostra come un giallo psicologico nel giallo narrativo: ad un certo punto quest’ultimo prende il sopravvento sui traumi del protagonista, intrecciando le diverse dinamiche diegetiche e rendendo complicata la comprensione del testo filmico, per poi dispiegarsi in un’efficace scelta regista basata su dati politici e ideologici reali e realistici.
Una nota di merito va, oltre che alla regia e alla fotografia, anche e soprattutto alla recitazione, davvero efficace nella sua semplicità di gesti ed espressioni, restituendo una veridicità attoriale che mostra come anche un’interpretazione meditata e minimale possa avere uno spessore emozionale così alto.