Assassinio a Venezia: recensione del film di Kenneth Branagh
Terzo capitolo diretto dal regista premio Oscar sul detective Hercule Poirot, nato dalla penna della regina del giallo Agatha Christie.
Kenneth Branagh torna a vestire i panni dell’investigatore Hercule Poirot nel suo terzo film tratto dai romanzi di Agatha Christie: Assassinio a Venezia, liberamente basato su Poirot e la strage degli innocenti. I protagonisti (e sospettati) sono Kyle Allen, Camille Cottin, Jamie Dornan, Tina Fey, Jude Hill, Ali Khan, Emma Laird, Kelly Reilly, Riccardo Scamarcio e Michelle Yeoh. Dal 14 settembre al cinema con 20th Century Studios.
Secondo dopoguerra, Venezia. Hercule Poirot è ormai in pensione e in esilio volontario nella città italiana, lo spettro dei casi passati, i traumi della guerra lo tormentano ancora, e non vuole più saperne di omicidi. Alla vigilia di Ognissanti però viene convinto a partecipare a una seduta spiritica in un palazzo “infestato” per smascherare i trucchetti di una famigerata medium. Quando però uno dei partecipanti alla serata viene ucciso Poirot si ritrova catapultato nel passato e costretto a indagare di nuovo, facendo luce su indicibili ombre e misteri.
Assassinio a Venezia – I fantasmi dell’anima
Una misteriosa e inquietante Venezia fa da sfondo al terzo capitolo su Poirot diretto e interpretato dal premio Oscar Kenneth Branagh, dopo Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo, che non ne fa la classica cartolina che spesso vediamo soprattutto nelle produzioni straniere. “A Venezia tutte le case sono infestate o maledette”, afferma Vitale Portfoglio, guardia del corpo di Poirot (interpretato da Riccardo Scamarcio), mentre si dirigono verso la casa di Rowena Drake (Kelly Reilly, la Beth Dutton di Yellowstone), cantante lirica sconvolta da una grande perdita. Venezia con i suoi canali, con i palazzi decadenti, le leggende, il passato oscuro, in un dopoguerra che ha ancora addosso il ricordo della morte e della distruzione, è una vera coprotagonista del film, capace di creare una suggestiva atmosfera horror.
La nuova avventura del meticoloso e tormentato Poirot, abbandonati i fasti di Assassinio sul Nilo, si svolge tutta in una spaventosa notte tra rovine e palazzi fatiscenti, mentre fuori imperversa un violento temporale, tra storie agghiaccianti, maschere spaventose, fantasmi e bambini ai quali è stata rubata l’infanzia, come gli orfanelli che festeggiano Halloween nel palazzo di Rowena prima della seduta spiritica della medium Joyce Reynolds (il premio Oscar Michelle Yeoh). È una storia di fantasmi, non solo quelli protagonisti di leggende raccontate per spaventare i bambini (e i grandi), ma anche quelli che tutti si portano dietro. Come Poirot, ossessionato dai ricordi delle guerre e dagli orrori visti durante la sua carriera, come il personaggio del dottor Leslie Ferrier (Jamie Dornan), che soffre di stress post traumatico, o come il colpevole, costretto a fare i conti con i propri demoni per sempre.
Il fascino del male
“Le storie spaventose rendono la vita meno spaventosa”, afferma Ariadne Oliver (Tina Fey), amica di Poirot e autrice di best seller gialli, a caccia di un soggetto interessante per il suo prossimo libro. La scrittrice è un personaggio costante nei romanzi su Poirot, e in Assassinio a Venezia riesce ad aggiungere leggerezza e umorismo capaci di spezzare la tensione nei momenti più intensi. Nella frase che pronuncia c’è tutto il senso dell’attrazione verso storie di crimini e di morte, il senso stesso del suo lavoro e del film, l’ultimo di una lunga serie dedicata ad Agatha Christie: interessarci al male, a storie spaventose che pensiamo lontane da noi per esorcizzare le nostre paure più profonde.
Una messa in scena impeccabile al servizio di un cast di prim’ordine che ancora una volta Kenneth Branagh dimostra di saper dirigere ottimamente in una storia ricca di colpi di scena, avvincente, e che non risparmia momenti commoventi. Poirot riesce come pochi a scandagliare l’animo umano, le miserie che non risparmiano nessuno, neanche lui, che qui troviamo meno propenso all’ironia, quella la lascia alla sua amica Ariadne Oliver, più oscuro come le atmosfere che accompagnano questa storia basata su Poirot e la strage degli innocenti, prendendosi molte libertà, a partire dalla location, senza però sacrificare l’essenza del romanzo. Un adattamento ancora una volta ben riuscito quello che fa Kenneth Branagh di un’altra opera della regina del giallo Agatha Christie, una cura nei dettagli, proprio come il “suo” Poirot, in una caccia all’assassino a lume di candela, nell’oscurità del “classico” palazzo infestato, fuori la pioggia battente e impetuosa quasi a manifestar gli animi dei protagonisti, tra thriller e horror, grazie alla fotografia di Haris Zambarloukos (lo stesso del bianco e nero di Belfast) e l’inquietante colonna sonora firmata dalla compositrice Hildur Guðnadóttir (premio Oscar per Joker).
Assassinio a Venezia: valutazione e conclusione
Il crimine non dorme mai e non smette di appassionare, se poi a raccontarcelo è ancora il metodico detective Hercule Poirot il divertimento è assicurato, senza dimenticare la morale che c’è in ogni sua avventura, e gli epiloghi che oltre a una scia di morte lasciano dentro profonde riflessioni sull’animo umano, su noi stessi.